Agenzia Giornalistica
direttore Paolo Pagliaro

Dimmi Tiresia
al Basilica di Roma

Teatro
Dai palchi più prestigiosi agli spettacoli di provincia, lo "Speciale teatro" presenta ogni settimana le novità in cartellone in giro per l'Italia. Tra classici della commedia e della tragedia, opere, One man show, cabaret e "prime", le rappresentazioni teatrali vengono anticipate attraverso una descrizione sintetica dello spettacolo, della sua scenografia e dei suoi autori e interpreti, oltre a un piccolo vademecum con le date e gli orari.

Dimmi Tiresia <br> al Basilica di Roma

“DIMMI TIRESIA” AL BASILICA DI ROMA

Sarà in scena al Teatro Basilica di Roma dall’11 al 16 di febbraio – nella sezione danza - Dimmi Tiresia scritto e diretto da Luisa Stagni, coreografia Luca Piomponi, con Lucrezia Serafini, Luca Piomponi e Luisa Stagni. Supervisione artistica Aurelio Gatti. Il vecchio Tiresia ci narra dei miti dai quali nasce il suo bizzarro, tragico destino; di quando fu donna e di quando fu uomo, e dell’incontro con gli dei e dell’eterna, ingiusta, punizione: sette generazioni da viver sulla terra e la Veggenza a lui concessa dagli dei, è un grande peso, una insostenibile condizione umana, un conflitto reso eterno. Destino e punizione: vedere e sapere ciò che accadrà e non desiderarlo; Lui, il cieco, non può evitare di “vedere” l’umano destino. Quel sapere sconforta e opprime il suo impotente essere. Il suo dire, le sue parole prendono corpo, come fiammelle danzanti, evocate dal suo narrare, esse son coro, son donna e giovane uomo, son desiderio e son il kronos destinato a fermarsi. Sono passato e futuro, son madre e figlio, son voce del refrattario veggente, alter ego ribelle. Tiresia attraversa numerosi stati, passa da un piano di conoscenza a un altro.: la notte scende sui suoi occhi perché folgorati da una visione insopportabile, in cui oltrepassa il limite rigidamente fissato per l’essere umano… Le sue capacità profetiche non sono una compensazione per la perdita subita, ma il superamento di una conoscenza empirica a favore di un “modo altro” di sapere le cose e di comprendere la realtà, conoscere lo spazio-tempo. Una grande suggestione per una ricerca sull’elaborazione cognitiva dello spazio. Infatti, in assenza della vista, i due sistemi percettivi, udito e tatto, prendono in carico la conoscenza dello spazio, utilizzando strategie differenti, perché udito e tatto dipendono dalla successione sequenziale, mentre la visione ha il dominio della simultaneità. Ricerca possibile anche grazie al contributo di Luisa Stagni, drammaturga e interprete non vedente.

 

 

 

“NEANCHE IL TEMPO DI PIACERSI” AL COMETA  

Sarà in scena al Teatro Della Cometa di Roma dal 19 febbraio al 1° marzo “Neanche il tempo di piacersi” di Marco Falaguasta, Alessandro Mancini, Tiziana Foschi. Protagonista è Marco Falaguasta, per la regia di Tiziana Foschi. “Noi che siamo stati ragazzi spensierati e felici negli anni 80, gli anni del boom economico del quale non sapevamo niente ma ne respiravamo l'ottimismo e la positività, siamo diventati genitori in questi tempi pieni di incertezze, instabilità ma anche di progresso e connettività – si legge nella nota di presentazione dello spettacolo - Cosa ci portiamo dietro di quegli anni, quanto è rimasto in noi di quello sguardo positivo con il quale aspettavamo il futuro? Come le nuove tecnologie e procedure che i nostri figli utilizzano con disinvoltura, si sono inserite e hanno condizionato le nostre abitudini e il nostro modo di vivere la quotidianità? Quante volte ci siamo scoperti a pensare che eravamo meglio noi, con le nostre telefonate dal fisso o dalla cabina telefonica (quando cercavamo un po' d'intimità ed eravamo riusciti a trovare i gettoni necessari), le feste il sabato pomeriggio a casa con i genitori che controllavano che tutto filasse liscio, le nostre interminabili partite al subbuteo, gli occhialetti dell'intrepido, i giornaletti e le videocassette porno riposte nei nascondigli più improbabili. Noi che per comprare parlavamo con il commesso e non con il corriere. Però, magari, un secondo dopo, ci scopriamo a usare le app per noleggiare la macchinetta del car sharing o a rinnegare la moca per farci il caffè più rapidamente con la cialda. È complicato essere obiettivi con i nostri figli che giocano on line, che ci superano quanto a velocità di esecuzione e capacità di avvalersi della tecnologia per interagire, prenotare alberghi, cene, cinema, teatri ... noi che, tutto sommato, siamo un po' permalosi quando ci sentiamo dire dai ragazzi che non siamo abbastanza "social" perché pubblichiamo male, troppo, troppo poco con hashtag sbagliati. Noi che cominciamo a diventare sbagliati. Si, proprio così. È complicato ammettere che le nostre abitudini, soprattutto di pensiero, stanno diventando vecchie. È complicato accettare che dobbiamo essere noi ad avanzare verso loro e non pretendere che siano loro a tornare indietro verso noi. Quando ci dicono che questi erano gli stessi discorsi che facevano i nostri padri e prima ancora i nostri nonni, non ci stiamo. Non è possibile che anche noi siamo rimasti vittima dello stesso meccanismo. Noi, i ragazzi degli anni 80, con quel sorriso sempre stampato sul viso, vestiti in quella maniera così colorata, con i capelli cotonati, le spalline alle giacche e il giubbotto di pelle alla Fonzie, noi non ci saremmo dovuti cadere! Noi, no. E invece eccoci qui a commentare e lamentarci di una burocrazia sempre più arrogante e antagonista e di una società che consuma tutto talmente tanto velocemente che quello che avevamo comprato ieri è già vecchio, da buttare e da sostituire. Insomma a fare pensieri da cinquantenni, ma com'è possibile, che proprio noi ... siamo diventati cinquantenni. Eppure, se ci fermiamo un attimo e facciamo i conti, tutto torna. Allora tanto vale ridere di noi, cosi, forse, si rimane un po' più giovani”.

 

 

 

“VITA DA CANI – L’ULTIMA SCOMMESSA” ALLO SPAZIO DI ROMA

Debutta in prima nazionale assoluta al Teatro Lo Spazio di Roma, dal 18 febbraio al 1 marzo, Vita da Cani- L’Ultima Scommessa, spettacolo scritto da Simone Pulcini e Italo Amerighi , con la regia di Ariele Vincenti. Uno spaccato di vita e vite, una fotografia sulla problematica della ludopatia, affrontata con uno stile diretto e talvolta ironico, attraverso una risata amara che porta a riflettere. Protagonisti sono sei amici, tutti diversi ma con una cosa in comune: il Gioco Compulsivo. Il punto d’incontro delle loro vite è la Sala scommesse dove ognuno si cimenta nella sua specialità: calcio, slot machines, gratta e vinci, ippica e corse di cani virtuali, la nuova frontiera del gioco d’azzardo. La Sala diventa è un luogo di sfogo, di confronto. Un posto dove non si è gli ultimi della lista perché il tuo vicino è sempre messo peggio di te. Un posto dove la “Svolta” sembra continuamente dietro l’angolo. Se è vero che in carcere nessuno è colpevole, in sala nessuno è ludopatico, hanno tutti il controllo della situazione, o almeno credono finché qualcuno non viene a battere cassa e tutti sono obbligati ad una doccia fredda di realtà. In Sala il Tempo sembra sempre immobile, ora invece l’orologio comincia a ticchettare velocemente e di Tempo ce n’è davvero poco se non per un’ultima scommessa. Stefano Ambrogi, Italo Amerighi, Patrizia Ciabatta, Daniele Locci, Matteo Milani, Luca Paniconi e Simone Pulcini danno corpo e voce, in scena, a questo gruppo di amici “dipendenti” dal vizio del gioco, si aggirano tra i pericoli e il fascino della dea fortuna, si incontrano, si scontrano, tutti alla ricerca di un qualcosa in più, di una vittoria che ha il sapore della sconfitta.

 

 

 

 

 

AL SAN BABILA CORRADO TEDESCHI E LA COSCIENZA DI ZENO    

 

Dal 14 febbraio al 1 marzo, in prima nazionale al Teatro San Babila di Milano, Corrado Tedeschi sarà Zeno, protagonista de "La coscienza di Zeno", tratto dal grande classico di Italo Svevo. Ad accompagnarlo sulla scena Claudio Moneta, Roberta Petrozzi e Camilla Tedeschi e le musiche dal vivo si Gianluca Sambataro, per la regia di Marco Rampoldi. Zeno Cosini, sotto la giuda dell'emblematico Dottor S., ripercorre analiticamente i momenti principali della sua esistenza. Ciò che nel romanzo è affidato alla scrittura di un diario, sul palcoscenico acquista l’evidenza di una rievocazione concreta, gli spettatori sono invitati ad assistere a una sorta di seduta psicoterapeutica aperta al pubblico. Con le armi dell'ironia e del sarcasmo, Corrado/Zeno affonda le mani nella vita di ‘un uomo che inciampa continuamente nella vita’ per cercare di trovare l'origine della sua inettitudine e del suo costante senso di inadeguatezza, dal difficile rapporto col padre alle complesse relazioni con l’universo femminile, a causa delle quali Zeno si trova da una parte ad avere come moglie una donna per cui non prova nessuna attrazione, dall'altra a inseguire costantemente passioni chimeriche e fugaci, per parlare poi degli antagonisti che finiscono per diventare amici, fino all’ossessivo obiettivo del liberarsi dal vizio del fumo. Dopo il grande successo de "L’uomo dal fiore in bocca", debuttato al Teatro Franco Parenti oltre vent'anni fa ma in replica per oltre quindici anni, Corrado Tedeschi torna a Pirandello, ancora con la regia di Marco Rampoldi. “Se "L'uomo dal fiore in bocca" consentiva a Corrado di sfruttare appieno le proprie qualità attorali e di affabulatore in una ‘lezione semiseria su temi pirandelliani’, ora finalmente prende vita questo secondo progetto, accarezzato proprio durante le numerose recite di quel nostro ‘piccolo grande spettacolo’. Le intenzioni sono dunque le stesse: vogliamo costruire uno spettacolo che arrivi al pubblico con lo stesso impatto, lo stesso fascino, lo stesso successo”. Così dicono Corrado Tedeschi e Marco Rampoldi prima del debutto.

 

FABRIZIO GIFUNI LEGGE GIORGIO CAPRONI AL VASCELLO DI ROMA   

Dal 17 al 23 febbraio al Teatro Vascello di Roma “Fatalità della rima. Fabrizio Gifuni legge Giorgio Caproni” (ideazione e drammaturgia di Fabrizio Gifuni). L’attore ci accompagna da anni in un sorprendente viaggio nel multiforme corpo della lingua italiana. Le “officine di lavoro sempre aperte” di Gadda e Pasolini, ma anche il mondo di Pavese o la “carne che si rifà verbo” nella dirompente forza della lingua di Testori. Senza mai dimenticare Dante. A questo spartito appassionato e vitale non poteva mancare la musica leggera e profondissima di Giorgio Caproni. Un’incursione nella selva acuta dei suoi pensieri, nella fatalità della rima, nelle segrete gallerie dell’anima di uno dei più grandi poeti del ‘900 italiano.

(© 9Colonne - citare la fonte)