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direttore Paolo Pagliaro

Parma: Massimo Bartolini archeologo da vinile

Mostre
Le grandi mostre in programma in Italia e quelle che hanno l'Italia, attraverso i suoi grandi artisti, come protagonista nel mondo. Lo "Speciale mostre" è un viaggio tra capolavori, opere d'avanguardia e sperimentali, pittura e scultura, memoria e identità, storia e filosofia, un tributo all'arte e ai suoi protagonisti e un modo per scoprire quanto di buono fanno le istituzioni nazionali e locali per il nostro patrimonio culturale e di creatività.

Parma: Massimo Bartolini archeologo da vinile

Il Centro Studi e Archivio della Comunicazione (Csac) dell’Università di Parma riapre gli spazi rinnovati e restaurati dell'Abbazia di Valserena – in cui conserva a partire dal 1968 oltre 12 milioni di documenti - con “Through time: integrità e trasformazione dell’opera”, un programma di mostre e residenze d’artista realizzato in occasione di Parma Capitale Italiana della Cultura 2020. Il primo capitolo vede protagonista Massimo Bartolini con il progetto “On Identikit” (fino al 22 marzo) negli spazi della grande Chiesa dell’Abbazia. L’artista toscano dialoga con le opere di due grandi maestri come Luigi Ghirri e Luciano Fabro. Nella fase preliminare del progetto, Bartolini si è concentrato sulla ricerca di tutti i dischi in vinile fotografati da Ghirri nella serie “Identikit” (1979), dove l’artista emiliano restituiva in maniera veritiera e implacabile un ritratto di se stesso attraverso quello della propria libreria. I titoli dei vinili, spesso erosi dall’uso e quasi illeggibili sulla spina dei 33 giri, hanno istigato a Bartolini una “curiosità da archeologo”, per poter sfilare finalmente i dischi dalla bidimensionalità dello scatto fotografico e ascoltarli in compagnia dell’opera Lo Spirato di Luciano Fabro (1972), allestita in una delle cappelle nobiliari della Chiesa, Dal 4 aprile al 30 maggio toccherà a Luca Vitone con Il Canone e dal 5 settembre al 17 ottobre ad Eva Marisaldi.

ROMA: I MERCATI DI TRAIANO “SUSSURRANO”

Iginio De Luca presenta ai Mercati di Traiano di Roma il primo degli atelier artistici di “Live Museum Live Change”, progetto di Pav, in collaborazione con la sovrintendenza capitolina ai Beni culturali. Con il suo “Le voci di dentro” l’artista è stato invitato ad abitare per una settimana il sito archeologico per realizzare un’installazione site specific. Microfoni altamente sensibili, cuffie, amplificatori, casse audio e mixer sono gli strumenti tecnici che accologono in modo capillare e fedele tutte le sfumature acustiche prodotte dai contatti. I suoni generati, montati e organizzati come un flusso naturale di eventi, abitano lo spazio, creando un’installazione suggestiva e coinvolgente. Custode di reperti archeologici, i Mercati diventano lo studio di registrazione dell’artista, la casa dei suoni che reagisce al silenzio stratificato del tempo che da secoli ne arreda le mura. Lo sfregamento epidermico e caldo delle mani con le superfici aspre, levigate e corrose del sito archeologico, è il pretesto tattile per creare un archivio sonoro che identifica acusticamente ogni blocco di marmo, catalogando in modo sensoriale e immateriale la presenza storica. Un dialogo surreale tra pietre parlanti che reclamano ancora la vita. Uno scontro frontale tra l’esistenza dell’artista e la natura millenaria del contesto pubblico e politico dei Mercati, fatta di uffici amministrativi, di “voci” come pratiche schedate di una burocrazia antica che sedimenta documenti, vite archiviate, timbrate e firmate.

ROMA: MOHOLY-NAGY E LA RIVOLUZIONE BAUHAUS

La mostra “La rivoluzione della visione. Verso il Bauhaus. Moholy-Nagy e i suoi contemporanei ungheresi”, fino al 15 marzo alla Galleria d’Arte Moderna di Roma, promossa da Roma Capitale e dalla Accademia d’Ungheri, è dedicata all'arte di László Moholy-Nagy, artista d'origine ungherese e figura chiave del movimento Bauhaus nel mondo, in occasione delle celebrazioni per i 125 anni dalla sua nascita e in contemporanea con le grandi manifestazioni internazionali per i cento anni dello stesso Bauhaus, nato a Weimar nel 1919. In mostra, in esclusiva per l’Italia, una selezione di dipinti, fotografie e grafiche originali a cui si aggiungono tre film dell'artista, opere che attraversano la produzione di Moholy-Nagy nell’arco di tempo che va dagli anni Dieci agli anni Quaranta del Novecento, fra Espressionismo e Bauhaus, Un percorso fra l’Ungheria e la Germania dove, nel 1923, incontra Walter Gropius il quale, profondamente colpito dalle sue opere, lo invita a collaborare al Bauhaus di Weimar. Sarà, questo, il periodo più significativo della sua attività e l’inizio di quel personale “segno grafico”, svolto in pittura così come nella fotografia e nel video, che sarà anche l’origine della sua fama. L’esposizione è arricchita da un’importante sezione di dipinti e fotografie di artisti dell'Avanguardia ungherese, sempre fra Espressionismo e Bauhaus, per la maggior parte mai presentati prima in Italia e provenienti dal Museo Déri di Debrecen (collezione Antal-Lusztig) e dal Museo della Fotografia Ungherese di Kecskemét. Presenti opere di RóbertBerény, EdeBohacsek, SándorBortnyik, Lajos Kassák, ÖdönMárffy, JánosMattisTeutsch, JózsefNemesLampérth, Lajos Tihanyi, BélaUitz. Tutti artisti che, fra l’Ungheria e la Germania, hanno definito la cultura visiva dell’Europa centrale fra anni Venti e Quaranta.

ROMA: TRE ARTISTI PER UN “NUOVO REALISMO”

“La realtà è ciò che non scompare quando smetti di crederci”, citazione contenuta nel saggio “Come costruire un universo che non cada a pezzi dopo due giorni” di Philip K. Dick, è il sottotitolo della sesta tappa di “Conversation Piece”, ciclo di mostre che la Fondazione Memmo di Roma dedica ad artisti italiani e stranieri temporaneamente presenti a Roma. In esposizione, fino al 22 marzo, opere di Philippe Rahm (architetto, borsista presso l’Accademia di Francia - Villa Medici nel 1999/2000), Corinna Gosmaro (artista, CRT Italian Fellowship in Visual Arts presso l’Accademia Americana di Roma) e Rolf Sachs (artista e designer svizzero, che ha da poco stabilito il proprio studio a Roma). Rahm, noto per le sue innovative teorie sull’architettura, in linea con i principi della termodinamica, presenta Climatic Apparel, due capi d’abbigliamento in grado di reagire alle condizioni atmosferiche ed allestiti in un set che riproduce la variazione di luce stagionale. Corinna Gosmaro presenta l’installazione “Aria calda” con dipinti realizzati su filtri per l’aria e sculture prodotte con dei corrimani in ottone. L’artista sfrutta le caratteristiche fisiche dei filtri (porosità, trasparenza, leggerezza, ma anche le notevoli dimensioni) per restituire immagini liriche mentre le sculture in ottone creano architetture ascensionali con cui il pubblico può interagire. Spiazzante e non privo d’ironia l’intervento dello svizzero Rolf Sachs che presenta opere realizzate a partire da oggetti di uso quotidiano o elementi naturali, trasformati e riassemblati. All’ingresso Sachs ha collocato inoltre dei container colorati, identici a quelli utilizzati per la raccolta differenziata; ognuno contraddistinto da un’etichetta legata a uno stato d’animo negativo, invitando così il pubblico, nel momento in cui getterà un rifiuto, a liberarsi metaforicamente di quei pensieri.

ROMA: I DISEGNI POLITICI DI CARLO LEVI

Il Casino dei Principi di Villa Torlonia, a Roma, ospita la mostra “Carlo Levi e l’Arte della politica. Disegni e opere pittoriche”, nata su iniziativa del Centro Carlo Levi di Matera e in associazione con la Fondazione Carlo Levi. L’esposizione, che presenta fino al 22 marzo 58 disegni politici e 46 opere pittoriche, promossa da Roma Capitale, scaturisce dalla presa d’atto che nella multiforme ricostruzione delle diverse modalità di espressione artistica della poliedrica personalità di Carlo Levi (dalla letteratura alla poesia, dalla pittura al disegno), operata dalla storiografia artistica letteraria e politica negli oltre quattro decenni che sono trascorsi dalla sua morte, mancava un tassello: quello della riflessione sistematica sulla sua ‘grafica politica’, che si è per gran parte realizzata a cavallo degli anni 1947-1948, sulle pagine del quotidiano “L’Italia Socialista”. I disegni politici in mostra raccontano, in forma artistica sintetica e ironica, la stagione politica di formazione dell’Italia repubblicana e registrano il passaggio cruciale che porterà, dal 1949, alcuni protagonisti di quella stagione (Olivetti in primis) all’impegno nella “politica del fare”. Una seconda sezione della mostra verte su un nucleo di 46 opere pittoriche dell’artista dal 1932 al 1973.

LA SPEZIA: IL SUONO DEI PIANETI

Con la mostra “Michelangelo Penso, Dimensioni infinite”, fino al 22 marzo al Centro Arte Moderna e Contemporanea di La Spezia, l'artista veneziano che realizza sculture utilizzando materiale di origine industriale presenta la installazione site specific Cronòtopo che ricrea i suoni del sistema solare, registrati dalla Nasa per la prima volta nel 2012, che rappresenta gli otto pianeti – attraverso pannelli in gomma antiolio nera - ed è composta da campane di vetro, che rilevando la massa e la temperatura corporea dello spettatore, emettono suoni e vibrazioni sempre differenti e sculture in ottone appese alle pareti che consistono in una traduzione grafica e tridimensionale delle frequenze dei pianeti. Presentate anche le installazioni Pelagibacter e Roseobacter, ispirate allo studio scientifico di batteri marini fondamentali per la stabilizzazione della temperature del nostro pianeta e scoperti tra fine 900 e inizio 2000. Pelagibacter è il batterio più diffuso nelle acque dolci e salate del nostro pianeta, in grado di generare plancton, fondamentale per la salute delle nostro acque, ricicla carbonio organico ma soprattutto determina la formazione delle nuvole. L’installazione, realizzata servendosi di gomma antiolio industriale, punta a rappresentare i regolatori del ciclo climatico del pianeta. Roseobacter è realizzata con cinghie di poliestere violacee e carbonio e punta a riprodurre su diversa scala i batteri in grado di limitare l’inquinamento delle acque marine. Infine la installazione I Carnets rimanda al ricordo dei bisnonni che lavoravano nel settore tipografico e l’artista, servendosi di taccuini Moleskine, realizza strutture ispirate all’universo scientifico.

MILANO: I MONOCROMI DI MARIO SCHIFANO

La galleria Gió Marconi di Milano presenta, fino al 20 marzo, la mostra “Mario Schifano. Qualcos’altro” dedicata ad un nucleo di monocromi compresi tra il 1960 e il 1962. In anticipo rispetto ad altri protagonisti della scena romana, Schifano intende con questi smalti su carta non solo azzerare la superficie del quadro, anche come risposta all’informale, ma proporre un nuovo modo di vedere e di fare pittura. Il primo a capire che la superficie dei monocromi è semplicemente uno schermo sarà Maurizio Calvesi che così scrive nel catalogo della mostra alla Galleria Odyssia del 1963: “Erano quadri originalissimi: verniciati con una sola tinta o due, a coprire l’intero rettangolo della superficie o due rettangoli accostati... Un numero o delle lettere (ma solo talvolta) isolati o marcati simmetricamente; qualche gobba della carta, qualche scolatura: il movimento della pittura era tutto lì”. Comune denominatore di un’intera generazione di artisti da Lucio Fontana a Enrico Castellani, da Piero Manzoni a Yves Klein, il monocromo non è una novità tra la fine degli anni Cinquanta e l’inizio dei Sessanta e Schifano ne è perfettamente consapevole. “Pensavo che dipingere significasse partire da qualcosa di assolutamente primario”, raccontò l’artista, “i primi quadri soltanto gialli con dentro niente, immagini vuote, non volevano dir nulla. Andavano di là, o di qua, di qualsiasi intenzione culturale. Volevano essere loro stessi”. Azzeramento del gesto e del senso, dunque, un semplice pretesto per fare una pittura che riparta da zero.

MILANO: OMAGGIO AD ADRIANA BISI FABBRI

Il Museo del Novecento di Milano presenta la mostra “L’intelligenza non ha sesso” che, fino all’8 marzo, si concentra sulla rilettura dell’attività artistica e delle vicende biografiche di Adriana Bisi Fabbri (1881 –1918) e del marito Giannetto Bisi (1881 –1919) . Pittrice e caricaturista, Adriana Bisi Fabbri emerge come una figura autonoma del complesso scenario artistico a lei contemporaneo. Autodidatta, incuriosita da ogni tecnica e sperimentazione con cui entrava in contatto, la volontà ferrea di essere considerata un’artista a tutto tondo la guida attraverso un’epoca e un contesto in cui molti riconoscimenti e percorsi formativi erano preclusi alle donne. Frutto di un’intensa attività di ricerca che ha visto come protagonista il Fondo Bisi Crotti, di proprietà del Museo del Novecento, sono selezionate oltre duecento opere tra dipinti, disegni, grafiche e materiale documentario costruiscono uno scorcio sulla vita intellettuale di inizio secolo. Arte, giornalismo e avanguardie accompagnano il visitatore in un viaggio che da Ferrara passa per Bergamo e Milano, incontrando personaggi del calibro di Umberto Boccioni, Cesare Laurenti, Ugo Valeri, Eugenio Bajoni ed entrando in contatto con i gruppi d’avanguardia di Torino, Firenze, Venezia e Roma.

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