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Federico Rampini
tra Oriente e Occidente

Libri
Ogni settimana uno scaffale diverso, ogni settimana sarà come entrare in una libreria virtuale per sfogliare un volume di cui si è sentito parlare o che incuriosisce. Lo "Speciale libri" illustra le novità delle principali case editrici nazionali e degli autori più amati, senza perdere di vista scrittori emergenti e realtà indipendenti. I generi spaziano dai saggi ai romanzi, dalle inchieste giornalistiche, alla storia e alle biografie.

Federico Rampini <br> tra Oriente e Occidente

IL RAPPORTO TRA ORIENTE E OCCIDENTE VISTO DA RAMPINI

Un nomade globale, che vive tra Asia e America, sonda le radici culturali del binomio Oriente-Occidente. Accompagnandoci in un viaggio nella storia indispensabile per capire l’oggi con tutte le sue contraddizioni. E anche per interpretare le diverse risposte di fronte all’emergenza coronavirus. “Oriente e Occidente. Massa e individuo” è il titolo dell’ultimo saggio di Federico Rampini edito da Einaudi. È dai tempi di Alessandro Magno che l’incontro-scontro fra Est e Ovest ispira la nostra visione del mondo. “Noi” siamo concentrati sui valori e sui diritti del singolo, “loro” abitano un universo comunitario. Il dispotismo orientale, teorizzato da Marx e da altri pensatori dell’Ottocento, lo ritroviamo al multiplo nelle sue reincarnazioni contemporanee, da Erdogan a Xi Jinping. C’è poi il “loro” spiritualismo contro il “nostro” materialismo: un mito che si complica sempre più nella modernità. Siamo passati attraverso le fasi dell’emulazione, talvolta dell’omologazione, del rifiuto, della rincorsa e del sorpasso, della riscoperta delle radici. È probabile che un punto di equilibrio non lo troveremo mai. Ora che la pandemia ci ha abbattuti entrambi, resta da scoprire chi si risolleverà per primo, quale modello risulterà vincitore. “Oriente, Occidente: quale vi fa sognare? Quale vi ispira inquietudine?” è la domanda a cui Rampini sollecita il lettore. Rampini, corrispondente della Repubblica da New York, ha esordito come giornalista nel 1979 scrivendo per Rinascita. Già vicedirettore del Sole 24 Ore e capo della redazione milanese della Repubblica, editorialista, inviato e corrispondente a Parigi, Bruxelles, San Francisco, ha insegnato alle università di Berkeley, Shanghai, e alla Sda Bocconi. È membro del Council on Foreign Relations, think tank americano di relazioni internazionali. Ha pubblicato più di venti saggi di successo, molti tradotti in altre lingue come i best seller Il secolo cinese (Mondadori 2005) e L'impero di Cindia (Mondadori 2006). Tra i suoi libri più recenti, ricordiamo Le linee rosse (Mondadori 2017), Quando inizia la nostra storia (Mondadori 2018), L'oceano di mezzo (Laterza 2019) e La seconda guerra fredda (Mondadori 2019). Ha prodotto e interpretato quattro spettacoli teatrali, da ultimo Trump Blues con suo figlio Jacopo. Ha realizzato un ciclo televisivo a puntate per Rai Storia, Geostorie.

 

LEZIONI DI FANTASTICA, STORIA DI GIANNI RODARI

Alzi la mano chi, nella sua vita, da bambino o da adulto, non ha mai avuto tra le mani un libro di Gianni Rodari. “Filastrocche in cielo e in terra”, “Favole al telefono” e “Il libro degli errori” fanno parte dei ricordi e dell’immaginario di moltissimi di noi e non soltanto in Italia, visto che Rodari è uno degli scrittori più tradotti in tutto il mondo, oggetto di culto in Russia come in Brasile. Ma Gianni Rodari non ha ‘soltanto’ inventato favole e filastrocche, ha fatto molto di più: ha inventato un nuovo modo di guardare il mondo e l’ha fatto rivolgendosi ai bambini e, usando gli strumenti della lingua, della parola e del gioco, ha portato l’elemento fantastico nel cuore della crescita democratica dell’Italia repubblicana. “Lezioni di Fantastica. Storia di Gianni Rodari” di Vanessa Roghi (Laterza)  ricostruisce la vita di questo grande intellettuale a partire dai grandi ‘insiemi’ che l’hanno riempita – la politica, il giornalismo, la passione educativa, la scrittura e la letteratura –con l’ambizione di raccontare un Gianni Rodari tutto intero, di sottrarlo allo stereotipo dello scrittore ‘facile’. Un uomo il cui gioco di invenzioni e parole, come ha scritto lui stesso, “pur restando un gioco, può coinvolgere il mondo”. Vanessa Roghi, storica, è autrice di documentari per La Grande Storia di Rai Tre. Per Laterza ha pubblicato “La lettera sovversiva. Da don Milani a De Mauro, il potere delle parole” (2017) e “Piccola città. Una storia comune di eroina” (2018).

 

“LONTANO LONTANO” DI GIANNI DI GREGORIO

Dopo anni di cinema Gianni Di Gregorio arriva finalmente alla letteratura con “Lontano lontano” (Sellerio), tre novelle che confermano il suo talento e sorprendono per la naturalezza, come se dietro il regista da sempre si fosse celato lo scrittore. Sono storie di famiglie indolenti e camminate solitarie, di italiani medi che pensano soprattutto a se stessi, personaggi e situazioni che mai cadono nello stereotipo, tratteggiati in una lingua ricca e originale, in apparenza senza tempo e che invece affonda nella contemporaneità, nei suoi problemi, nei suoi paradossi. Il professore e il Vichingo, vecchi amici di Trastevere, decidono di andare “lontano lontano” (“I pensionati in Italia se ne vanno tutti, che non lo sai?”). Raccogliendo informazioni, incontrano Attilio, coetaneo, mezzo robivecchi mezzo antiquario con baracca a Porta Portese. Anche a lui l’idea piace, non per nulla definisce se stesso “un cittadino del mondo”. I preparativi per la partenza sono movimentati: ogni esistenza, per quanto appartata, presenta mille legami da lacerare, fatti, luoghi, persone. Nel corso dei quali gli avventurosi si accorgono di cose che, nel tran tran dell’insoddisfazione quotidiana, non riuscivano a notare. A ben guardare, quel quotidiano tanto male non è. Si è cementata un’amicizia divertente, la città splendida in fondo è anche benevola, càpitano incontri che promettono un futuro. Il problema è come fare a tornare indietro sulle decisioni senza perdere la faccia. Da questo racconto il film, regia dello stesso Di Gregorio, “Lontano lontano”. “Aiòn” è la prima storia del trittico. Il titolo è una parola del greco antico di spessore filosofico: Aiòn è il figlio di Crono, il Tempo, e sta per l’”attimo” fuggevole che frantuma il presente, il “tempo eterno”, la “durata”. “Aiòn è un bambino che gioca” è un frammento di Eraclito. Nel racconto di Di Gregorio il protagonista è un cinquantenne figlio di mamma che ha vissuto tutta la vita come se il suo tempo fosse l’eterno, senz’altro impegno che di occuparsi in modo pressante della madre. Cosa rimane? Il secondo racconto, “Incantesimo”, parla di un equilibrio che sembra passeggero che più non si può. In un paesino tranquillo alle porte di Roma vive una madre, sora Maria, con i due figli grandi (le sorelle se ne sono andate da tempo), Virgilio ed Emilio. Famiglia benestante, i figli hanno la loro sicurezza economica, la madre è una vera autorità morale per tutto il paese, un riferimento di saggezza. Tutti si aspettano che Virgilio ed Emilio, che dormono nella stessa camera come fanciulli, si facciano una propria vita. Sora Maria fa molto per evitarlo. Ma quell’equilibrio è un incantesimo che non si può spezzare senza che il mondo crolli. Di Gregorio ci parla di situazioni strane e verosimili, pescate dall’infinito repertorio della vita osservata. E coglie della forma racconto la vera funzione: trarre un significato, un destino, una beffa da una vicenda che succede. Di Gregorio (Roma, 1949) è regista e sceneggiatore. Tra i film da lui diretti “Pranzo di ferragosto” (2008, Premio Venezia opera prima, David di Donatello come miglior regista esordiente), “Gianni e le donne” (2011), “Buoni a nulla” (2014). Del 2020 è “Lontano lontano”.

ITALIANI IN GUERRA. SENTIMENTI E IMMAGINI DAL 1940 AL 1943

“State tranquilli, non sarà poi una cosa lunga. E anzi prevedo che sarà più una scaramuccia che una guerra totale” si legge in una lettera di un militare da Bolzano, datata 12 giugno 1940. Parole rubate dall’informatore, lettere intercettate, relazioni degli organi di polizia che registrano lo “stato d’animo della popolazione”. Rimettendo ordine in questo enorme brusio di voci, Pietro Cavallo in “Italiani in guerra. Sentimenti e immagini dal 1940 al 1943” (Il Mulino) è riuscito a ricostruire, quasi giorno per giorno, come la pensavano gli italiani sulla guerra: come vedevano i nemici, come giudicarono la campagna di Grecia, poi l’intervento russo e americano, come reagirono alle avvisaglie della sconfitta e ai bombardamenti delle città. E insieme, come ne sentivano parlare dalla propaganda, o dal cinema, come ne ridevano o cantavano. È, naturalmente, una parabola discendente, che disegna la progressiva perdita di credibilità del fascismo e lo scollamento della comunità nazionale fino alla crisi del 25 luglio e dell’8 settembre. Cavallo insegna Storia contemporanea all’Università di Salerno, dove è anche responsabile scientifico del Laboratorio di storia e media audiovisivi e animatore di “Filmidea”, incontri annuali su storia, cinema, musica e televisione, giunti alla XVI edizione. Tra i suoi numerosi libri: “Viva l’Italia. Storia, cinema e identità nazionale (1932-1962)” (2010) e “La Storia sul grande schermo” (2019), pubblicati da Liguori.

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