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direttore Paolo Pagliaro

La poverta' vista
dai grandi
della letteratura

Libri
Ogni settimana uno scaffale diverso, ogni settimana sarà come entrare in una libreria virtuale per sfogliare un volume di cui si è sentito parlare o che incuriosisce. Lo "Speciale libri" illustra le novità delle principali case editrici nazionali e degli autori più amati, senza perdere di vista scrittori emergenti e realtà indipendenti. I generi spaziano dai saggi ai romanzi, dalle inchieste giornalistiche, alla storia e alle biografie.

La poverta' vista <br> dai grandi <br> della letteratura

LA POVERTA’ VISTA DAI GRANDI DELLA LETTERATURA  

È chiaro che, di fronte a un allarme come quello lanciato dal Fondo monetario internazionale sul fatto che oltre 100 milioni di persone siano a rischio povertà per l’emergenza Coronavirus, risulti ancora più di grande attualità il saggio pubblicato dalla Salerno editrice, a cura di Silvia Zoppi Garampi ( ordinario di Letteratura italiana all’Università degli Studi Suor Orsola Benincasa di Napoli) che raccoglie gli Atti del sesto Colloquio internazionale di Letteratura italiana, tenutosi a Napoli nel maggio di cinque anni fa. La “povertà” è appunto il tema del libro, un tema che rappresenta il primo obiettivo dei 17 fissati dalle Nazioni Unite nell’Agenda 2030 per lo Sviluppo sostenibile. Gli Atti contenuti in questo volume fanno parte di un progetto di ricerca sulla storia delle parole nella nostra tradizione letteraria, avviato nel 2004 presso l’Università degli Studi Suor Orsola Benincasa di Napoli. Nei Colloqui si pone al centro dell’attenzione un lemma significativo trascelto nell’ampio corpus della letteratura italiana. I cinque precedenti appuntamenti furono dedicati a illusione, ordine, silenzio, unità, fortuna. “Il metodo d’indagine è lo stesso adottato nelle precedenti ricerche – spiega la curatrice nella presentazione - risalire all’uso e alle accezioni del vocabolo dal mondo antico fino a noi, privilegiando lo scandaglio della tradizione letteraria italiana e il suo dialogo con discipline e forme d’arte diverse (dal diritto alla sociologia, dalla mu sica al cinema), non solo europee”. Il volume restituisce così, attraverso la voce di venti studiosi, l’inedita, originale narrazione della parola povertà e dei contesti che l’hanno nominata: dalle Beatitudini evangeliche a san Francesco, da Petrarca a Leon Battista Alberti, da Machiavelli a Tasso fino al Lazarillo de Tormes e a Giulio Cesare Croce, i cui “personaggi sono calati tra fine Cinquecento e primo Seicento nel periodo di massima depressione economica dell’Europa”. Fernand Braudel, come nel proprio intervento ricorda Andrea Battistini, nella sua opera capitale sull’età di Filippo II, descrive quei decenni come quelli che preparano “la proletarizzazione, la pauperizzazione di notevoli masse di uomini miseri e sventurati, tormentati dal bisogno del pane quotidiano”. E ancora il lemma povertà è analizzato in Pagano, Leopardi, Verdi, Pascoli, Verga; un termine che poi nel Novecento si impone nella poesia, nella narrativa e nel cinema: dai crepuscolari a Capitini a Luzi, Betocchi, Turoldo, Scotellaro, Pasolini, Zavattini, da Bilenchi a Madieri e ancora nella testimonianza religiosa, come mostra il saggio sul teologo Arturo Paoli, e nella riflessione filosofica e giuridica. Dalle oltre quattrocento pagine del libro – tutte riviste e aggiornate dai rispettivi autori nel 2019 – emerge la ricchezza di interpretazioni di una parola che ci attraversa, che per aspetti diversi ha sollecitato le diverse forme dell’arte e sta misurando la storia della nostra civiltà. Silvia Zoppi Garampi sottolinea che “nell’arco di secoli di vita del nostro idioma, il dibattito su questo tema sia stato minoritario e di fatto sia rimasto un argomento poco presente alle culture dominanti. Nel secolo scorso, con la nascita dell’Italia repubblicana si manifesta il dovere costituzionale di adottare misure volte alla riduzione e alla eliminazione della povertà, doveri che hanno trovato nell’ultimo decennio riscontro nell’Unione europea: la letteratura e l’arte in generale, come di solito avviene, hanno anticipato le urgenze dei disagiati o degli indigenti. Se il benessere nei paesi evoluti è decisamente aumentato, ancora oggi appaiono deboli e inadeguati gli strumenti delle democrazie occidentali per combattere la povertà, nonostante essa si stia manifestando a livello globale una priorità assoluta”.

 

HITLER IN ITALIA, DAL WALHALLA A PONTEVECCHIO

Franco Cardini e Roberto Mancini raccontano “Hitler in Italia. Dal Walhalla a Pontevecchio”, in un saggio pubblicato dal Mulino Il 3 maggio 1938 Hitler con il suo numeroso seguito arrivava in Italia in visita di Stato. In sette giorni il Führer avrebbe visitato Roma, Napoli e Firenze. Nel dispiegare grandi apparati cerimoniali preparati con cura, il regime fascista volle accoglierlo proponendogli tre “quinte di scenario”: il glorioso passato della nazione che aveva in Roma le radici del suo destino; il mare che essa aveva solcato e dominato e che sarebbe stato ancora suo; l’arte e la cultura che avevano affascinato schiere di viaggiatori venuti da Oltralpe. La visita di Hitler, che seguiva quella fatta pochi mesi prima da Mussolini in Germania, si inseriva in un quadro di politica internazionale quanto mai complesso e il duce, nonostante i discorsi ufficiali, esitava ancora dinanzi alla prospettiva di un’alleanza col Reich. Di lì a poco però, con il “Manifesto della razza”, il regime imboccò una strada irreversibile e fatale. Franco Cardini, professore emerito di Storia medievale, per il Mulino ha tra l’altro pubblicato “Gerusalemme” (2012), “Istanbul” (2014), “Andare per le Gerusalemme d’Italia” (2015), “Samarcanda” (2016), “La via della seta” (con A. Vanoli, 2017), “Andalusia” (2018), “Il grande racconto delle crociate” (con A. Musarra, 2019) e “Quell’antica festa crudele” (nuova ed. 2020). Roberto Mancini insegna Storia contemporanea nell’Università di Middlebury a Firenze. Tra i suoi libri: “Infedeli. Esperienze e forme del nemico nell’Europa moderna” (Nerbini, 2013) e “Il martire necessario. Guerra e sacrificio nell’Italia contemporanea” (Pacini, 2015).

 

PAOLO MORANDO CI PORTA NEI DANCING DAYS

Dopo il ’68, dopo il ’77 delle P38, dopo il sequestro Moro, l’Italia è stanca delle piazze e sazia di politica. Tutto sta per cambiare e una singolare campagna giornalistica apre le danze della ‘fuga nel privato’. Sentimenti e canzonette, nuove religioni e boom della moda: inizia la stagione del Riflusso che porterà agli anni ’80. Paolo Morando racconta tutto questo in “Dancing Days. 1978-1979. I due anni che hanno cambiato l’Italia”, saggio pubblicato da Laterza. Morando, giornalista, vive e lavora a Trento dove è vicecaporedattore del “Trentino”. Ha contribuito al volume collettaneo “Uscire dalla Seconda Repubblica. Una scuola democratica per superare il trentennio di crisi della politica” (a cura di Mario Castagna, Carocci 2010). Per Laterza è autore di “ʼ80. L’inizio della barbarie” (2016, finalista al Premio Estense) e “Prima di Piazza Fontana. La prova generale” (2019, Premio Fiuggi Storia, sezione Anniversari).

 

 

 

 

 

 

L'AMORE IN CASO DI EMERGENZA DI DANIELA KRIEN

Cinque donne alla ricerca dell’impossibile: amare, essere forti, rimanere fedeli a se stesse. Tutto questo è “L'amore in caso di emergenza” di Daniela Krien, romanzo in uscita per Corbaccio. Si chiamano Paula, Brida, Judith, Malika e Jorinde. Si conoscono perché a un certo punto della vita i loro destini si sono incrociati. Sono cresciute a Lipsia, nella Germania dell’Est e, dopo la caduta del Muro e l’esplosione di libertà che ne è seguita, vogliono tutto, ottengono molto, eppure si sentono ancora limitate dal loro essere donne. Bisogna sapersi accontentare? Essere single è una vera scelta? E come si vive l’amore in tempi come questi? Paula conosce il suo futuro compagno in una calda sera estiva. È sposata, ma il matrimonio non ha retto al dolore per la morte di una figlia. Judith è un medico affermato, una donna colta e sicura di sé che nei rapporti con gli uomini sembra aspirare a meri incontri occasionali, anche se il suo atteggiamento ironico e disincantato maschera un’aspirazione quasi romantica verso ‘il vero amore’. Brida è una scrittrice e una donna che vuole tutto senza compromessi: vivere pienamente la sua famiglia, il marito e le figlie ed essere al tempo stesso libera di assecondare il suo bisogno interiore di scrivere. Malika è stata abbandonata dal compagno. Da ragazza era una violinista di grande talento, ma il sogno di una brillante carriera musicale sembra essersi ormai infranto insieme a quello di avere dei figli e una famiglia. Improvvisamente, però, la sorella minore di Malika, Jorinde, una donna di successo a cui la vita, a quanto pare, ha regalato tutto, fa a Malika un’offerta inconsueta… Con una scrittura elegante e nervosa, composta da frasi brevi e precise, l’autrice delinea i sentimenti, le titubanze, le debolezze e le contraddizioni dei suoi personaggi evidenziando la normalità di storie quotidiane, quelle delle donne moderne per le quali la maternità non è un obbligo. Donne libere e disinibite ma fragili nella loro dipendenza (o indipendenza) dall’amore: Daniela Krien ne segue il flusso dei sentimenti contrastanti e offre a ognuna di loro una luce in fondo al tunnel.

(© 9Colonne - citare la fonte)