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direttore Paolo Pagliaro

Lassù 16 albe
e 16 tramonti

di Paolo Pagliaro

(2 novembre 2020) Come luminosità fa a gara con Giove e Venere. Per vederla a occhio nudo occorre che lei sia illuminata dal Sole e che da noi sia buio, poco dopo il tramonto e poco prima dell'alba. E’ la Stazione Spaziale Internazionale, la più grande opera ingegneristica mai realizzata dall’uomo dopo le Piramidi,  che oggi compie 20 anni.
Ci sono numerose ragioni per emozionarsi ancora, come quel 2 novembre del 2000 quando un  equipaggio composto da un astronauta americano e due ingegneri di volo russi prese possesso del satellite, che è grande come un campo di calcio, vola a 27 mila chilometri l’ora e non ha bisogno di propellente perché la forza che lo spinge verso l’infinto è bilanciata dalla gravità che lo tiene ancorato alla terra.
La  prima ragione per festeggiare il compleanno è che la Stazione Spaziale è il simbolo di ciò che di buono gli uomini possono combinare quando decidono di collaborare. Al progetto partecipano le agenzie spaziali di Stati Uniti, Russia, Europa, Giappone e Canada, per un totale di 14 diverse nazioni. Nel gigantesco laboratorio, primo avamposto umano nello spazio, si sono susseguiti 241 astronauti di 19 paesi, tra loro anche cinque italiani.  E’ italiana anche un parte decisiva della tecnologia  Sulla Stazione Spaziale si conducono esperimenti impossibili sulla Terra in diversi campi, dalla fisica alla chimica, dalla biologia alla medicina all’astronomia. In 24 ore si vivono 16 albe e 16 tramonti, e quando si rientra alla base, magari dopo mesi, dicono che il sentimento prevalente sia la nostalgia.  

 

 

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