di Paolo Pagliaro
Secondo la definizione che ne dà l’Unesco, il giornalismo investigativo è quel mestiere “che si prefigge di svelare informazioni che sono sia deliberatamente nascoste da qualcuno in posizione di potere, sia accidentalmente oscurate da una massa caotica di fatti e circostanze”. In Italia uno dei campioni di questo tipo di giornalismo è Fabrizio Gatti, che ha lavorato per il Giornale di Montanelli poi per il Corriere e ora è in forza all’Espresso. Sono state tradotte in molte lingue le sue inchieste da infiltrato lungo le rotte dei trafficanti di esseri umani, e hanno fatto scalpore quelle sul caporalato nell'agricoltura, o sulla corruzione negli appalti pubblici. Ora Gatti si cimenta con il più grande e il più inquietante dei misteri. l’origine della pandemia di coronavirus.
Il libro-inchiesta si intitola “L’infinito errore” ed è pubblicato dalla Nave di Teseo. Ripercorre il viaggio compiuto dal virus: dalle grotte infestate di pipistrelli ai laboratori cinesi dove i nuovi agenti patogeni sono stati studiati in collaborazione con centri di ricerca americani, australiani e francesi, fino alle nostre città, ai nostri ospedali, alle nostre vite e alle nostre vittime. Gatti è impietoso nelle sue accuse alla Cina, all’Organizzazione mondiale della sanità e ai governi occidentali, compreso quello italiano.
Ma c’è un altro motivo per cui il libro va segnalato ed è il fatto che Google lo ha messo all’indice, rifiutandosi di ospitarne la promozione. Intervistato da MicroMega (bentornato!), Fabrizio Gatti osserva che, nell’analisi dei contenuti, gli algoritmi dell’americana Google sono in strettissima sintonia non con la Costituzione delle democrazie occidentali, ma con la sensibilità del Partito comunista cinese.