Agenzia Giornalistica
direttore Paolo Pagliaro

IL NOSTRO REPORTAGE
AL CONFINE DI PALANCA

di Simone Santi

DOVE GLI UCRAINI TORNANO A CASA

Palanca è il confine tra la pace e la guerra. La frontiera sudorientale della Moldavia è una propaggine del conflitto, circondata com'è a est e a sud dalla Crimea e a nord dalla Transinistria, l'altra repubblica autoproclamatasi indipendente e apertamente filo-russa. Da qui, in macchina o a piedi a seconda delle possibilità, fuggono da settimane gli ucraini provenienti da Odessa, Kherson, Mykolaiv, in cerca di riparo dai bombardamenti. Un flusso che però, negli ultimi giorni, se non si è invertito si è sicuramente pareggiato: per le centinaia di persone che attraversano il varco da est verso ovest, almeno altrettanti iniziano a farlo in senso opposto. Gli ucraini, soprattutto quelli di Odessa, un'ora di macchina da qui se tutto va bene, tornano a casa. Alcuni per poco tempo ("andiamo a recuperare vestiti, documenti, quando siamo fuggiti di corsa abbiamo lasciato tutto" spiega una famiglia composta da madre, due bambini, perfino il gatto di casa, mentre attende paziente i controlli nella lunga coda di automobili); altri definitivamente, un po' per ottimismo, un po' per necessità: "I russi non stanno avanzando, la situazione è migliore ora - dice un uomo, uscito dall'Ucraina nei primissimi giorni dell'invasione, quando ancora non c'era per gli uomini l'obbligo di rimanere in patria - E poi sto finendo i soldi, ho bisogno di tornare a lavorare". Le notizie che giungono da chi è rimasto a casa - e dai pochi reporter sul posto - dicono che i russi non sfondano: certo raggiungere Odessa da est, per chi è ancora bloccato a Mykolaiv, dove infuriano i combattimenti, o a Kherson (la prima città caduta in mano ai russi, che però ora stanno perdendo terreno), non è molto semplice: normalmente Odessa-Mykolaiv si percorre in poco più di due ore, al momento - ci spiegano al telefono i tassisti sul posto - "ne servono 12 perché la strada ufficiale è pericolosa, bisogna usare strade alternative". Ma da Odessa in poi, dove il clima è teso ma non si combatte, fino alla Moldavia il tragitto è più semplice, e così il viavai ambo i sensi è ancora intenso. I controlli alla frontiera sono laschi, almeno per gli ucraini: sia in entrata che in uscita, uno sguardo veloce al passaporto e si è dentro, o fuori, a seconda della direzione. Poi, per chi è piedi, ci sono i pulmini: di là, la popolazione si è organizzata per gli spostamenti da e per Odessa; di qua, a poche centinaia di metri c'è già il primo hub di accoglienza per i profughi, gestito dall'Unhcr, dall'Unicef: un tè o un caffè caldo, qualche indumento di ricambio, un primo screening medico per chi ne ha bisogno e poi in genere si parte subito. Ci sono anche gli italiani di Intersos: "Noi forniamo assistenza medica a chi non non può essere curato dal servizio sanitario moldavo - spiega Daniela - e sono la maggioranza, perché per accedervi bisogna fare richiesta di protezione ma in pochi vogliono restare qui". Chi ha parenti o amici in Europa, infatti, chiede di essere caricato sui pullman che portano direttamente in Romania, a Iasi, 20 km dalla Moldavia, messi a disposizione dal governo romeno; oppure oltre, soprattutto in Germania, la meta più richiesta.

L'ITALIA E' LONTANA, LA SOLIDARIETA' NO

L'Italia, dal confine sudorientale tra Moldavia e Ucraina da dove lasciano le zone di guerra gli abitanti della Crimea, è lontana, troppo lontana per chi nonostante tutto non ha ancora perso la speranza che la guerra duri ancora per poco, specie dopo le recenti dichiarazioni di Vladimir Putin di voler cambiare strategia e concentrarsi essenzialmente sul Donbass, e di poter quindi ritornare presto nelle proprie case lasciate troppo in fretta: un pullman con 50 persone è partito due giorni fa dalla Romania diretto da noi, ma per riempirlo c'è voluto qualche giorno. Da Palanca invece il transito è continuo. Ma se l'Italia è lontana, la presenza italiana si fa sentire lo stesso in Moldavia. Fuori da Chisinau è sorto un campo da 500 posti grazie al materiale donato dalla Provincie di Trento e Alto Adige; in città, nelle strutture del Moldexpo, accanto alla bella zona del lago Parc-Aventura (una manna dal cielo per i minori in fuga) l'Ufficio per i Rifugiati delle Nazioni Unite ha approntato un altro ricovero per famiglie.  Aurelia, moldava, di Unhcr, spiega che "al momento abbiamo circa 500 persone, la capienza massima è di mille, ma il flusso dall'inizio della guerra è ampio". È lei ad accompagnare i volontari italiani di Baobab Experience e Jnrc, giunti fin qui per portare sostegno umanitario, in un magazzino di abbigliamento in città, e a scegliere con loro in prima persona tutto ciò che è più necessario per rivestire i tanti bambini del centro. Altre donazioni vanno a un gruppo di volontari locali, individuati grazie a Marco, un italiano che vive da 30 anni a Chisinau dopo aver spostato una donna moldava: latte, biscotti, tè. E tanto zucchero: il governo moldavo fornisce gratuitamente generi alimentari, ma lo zucchero è considerato un bene non essenziale. Quasi una beffa in una situazione già così tanto amara. (29 mar)

(© 9Colonne - citare la fonte)