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La guerra di Putin
e il no delle donne

di Raffaella Gherardi

Il conflitto è una follia oltre ogni limite, con le donne al potere non sarebbe scoppiato”: così suona il titolo sotto il quale “La Stampa” ha riassunto qualche giorno fa il testo di una intervista al Presidente della Corte Costituzionale Giuliano Amato. È evidente come alle lettrici tutte non possa che aver suscitato un impulso di immediata e spontanea adesione un titolo che le rendeva possibili, immaginarie artefici di una politica “altra” rispetto a quella di una drammatica guerra in corso le cui responsabilità venivano identificate in testa ad individui di sesso maschile.  Per la verità anche relativamente a questi ultimi responsabilità ben diverse appaiono in capo a Putin e Zelensky, maschi sì entrambi, ma rispettivamente l’ uno iniziatore della invasione a suon di missili e carri armati di uno Stato sovrano, l’altro Premier democraticamente eletto di un Paese che dà prova di una eroica resistenza a difesa della propria integrità territoriale e anche della sua stessa esistenza come popolo contro le mire espansionistiche di un tiranno e della sua politica di potenza.

Certo fiumi e fiumi di inchiostro sono stati versati a proposito della dimensione prettamente maschile della guerra, delle sue valenze di forza e violenza, degli individui maschi che, più o meno nei panni di eroi, nel segno del Dio Marte, ne assumono anche la rappresentazione simbolica e, per contro, la visione prettamente femminile della pace, dell’amore, della vita rappresentata dalle donne nel segno della Dea Venere. Tralasciando ogni approfondimento in tal senso, non è nemmeno mia intenzione prendere in esame i lineamenti del serio dibattito fin dai tempi della Rivoluzione francese, all’interno del pensiero politico delle donne, sui temi della uguaglianza e al tempo stesso della differenza con gli individui di sesso maschile.
 Mi interessa invece porre l’accento   semplicemente dal punto di vista dei lineamenti del dibattito attuale in casa nostra sulla guerra in Ucraina, su quanto le donne anche quando sono ai vertici delle istituzioni in Europa e in paesi europei, ricevano un trattamento assolutamente secondario rispetto agli uomini. Anche senza chiamare in causa certi toni a dir poco offensivi, usati per esempio da alcuni esponenti illustri della intellighenzia pacifista-oltranzista (quelli che vengono contesi dai salotti televisivi) nei confronti di Ursula von der Leyen, Presidente della Commissione europea, per dire che lei “poverina” proprio non sarebbe all’altezza (secondo lor signori)  del suo compito e che “giustamente” Putin nemmeno la degna di un cenno, un grande silenzio cala in generale sull’importante ruolo che alcune donne, oltre a von der Leyen stessa, stanno effettivamente svolgendo nella politica attuale e proprio in questi drammatici tempi della guerra di Putin.
 In sintonia con la Presidente della Commissione, Roberta Metsola, Presidente del Parlamento europeo, ha come lei dato prova, a mio avviso, di effettiva leadership europeista e democratica rivendicando pienamente e con coraggio da quale parte la UE sia chiamata schierarsi in base ai suoi valori fondativi e nella prospettiva di un’accelerazione di scelte istituzionali indirizzate a rafforzarne l’unità. Sono questi elementi non degni di considerazione da parte dei pacifisti oltranzisti che forse avrebbero voluto vedere entrambe telefonare a Putin? Lo faceva già e lo fa tuttora Macron, si potrebbe facilmente rispondere loro, fra l’altro anche nella sua qualità di Presidente di turno della UE… senza riportarne, purtroppo, grandi successi per quanto riguarda possibilità di mediazione, almeno finora… 

Silenzio poi (non tornerebbero i conti nella facile equazione donne = “pace senza se e senza ma”) su figure come le Premier di Svezia e Finlandia, Magdalena Andersson e Sanna Marin, pronte a lasciarsi alle spalle la neutralità storica dei loro Paesi per bussare alle porte della Nato e chiederne l’adesione, proprio a seguito della guerra di aggressione ingaggiata da Putin, con la benedizione del Patriarca ortodosso di Mosca Kirill, contro l’Ucraina e l’intero decadente Occidente.  E la importante Ministra degli esteri tedesca Annalena Baerbock come fa a conciliare il suo ambientalismo con il sostegno convinto all’invio di armi all’Ucraina da parte del suo paese?
Forse alla opinione pubblica italiana interesserebbe davvero poter conoscere più da vicino queste figure di democratiche leader donna, appartenenti a schieramenti politici e a paesi diversi e che dimostrano grande fermezza NON genericamente “contro la guerra senza se e senza ma”, ma contro la guerra di Putin, una guerra di aggressione che straccia ogni regola del diritto internazionale. Sono donne che si oppongono con coraggio anche a quella che appare la “pace di Putin”, una pace che finora egli ha delineato semplicemente nei termini della resa dell’Ucraina alle sue mire imperiali. 

(da mentepolitica.it

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