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Il direttore dell’IIC di Kiev tra ostacoli e nuovi progetti

Il direttore dell’IIC di Kiev tra ostacoli e nuovi progetti

Edoardo Crisafulli, Direttore dell’Istituto Italiano di Cultura a Kiev, racconta a 9colonne come può, con una guerra in corso, svolgere il suo lavoro.

Direttore, lei è tornato in Ucraina?
“L’Istituto italiano ha ovviamente chiuso temporaneamente all’inizio delle ostilità, all’inizio della guerra criminale scatenata da Putin. C’è stato poi un intenso lavoro del Ministero degli Esteri per riaprire in sicurezza e due settimane fa, circa la metà di luglio, sono tornato a Kiev. Rimane la giurisdizione dell’Istituto precedente al conflitto ma, chiaramente, non nelle zone coinvolte dai combattimenti, come a Mariupol dove non arriviamo. A Kiev e nelle altre città, quelle più occidentali del Paese, soprattutto la Galizia, sta ripartendo la nostra attività culturale anche abbastanza intensa. Certo, un po’ estemporanea, con programmazioni che si fanno e si disfano a seconda delle circostanze e del procedere della guerra. Oggi gli uffici sono temporaneamente a Leopoli, una delle capitali culturali del Paese”.

La comunità italiana, maggiormente composta da imprenditori, è tornata attiva?
"La presenza degli imprenditori italiani in Ucraina è importante e in molti stanno rientrando anche a Kiev. Non appena saremo a regime con l’ufficio commerciale, e sempre sotto la supervisione dell’ambasciatore Pier Francesco Zazo, che ha svolto un ruolo fondamentale nel riaprire l’Istituto italiano di Cultura, ci riconnetteremo con i membri della comunità italiana, che è una grande risorsa. Per noi è fondamentale riavviare i fili di collaborazione interrotti soprattutto con gli italiani artisti che sono una risorsa insostituibile. Cito, uno per tutti, Paolo Coi, vissuto per sei anni in Ucraina, andato via all’inizio della guerra ed ora tornato: con lui abbiamo riavviato delle attività. C’è un rapporto sinergico con i rappresentanti più qualificati della comunità italiana".

La cultura è uno strumento di pace, quale espressione culturale è quella che aiuta meglio in questo frangente?
"Vado controcorrente rispetto alla linea scelta da molti oggi. C’è infatti una grande parte degli operatori culturali che guarda con interesse alle nuove tecnologie e che sceglie le nuove metodologie di comunicazione, segno dei tempi nuovi. Secondo me è giusto ma credo vada mantenuto e seguito anche qualche settore tradizionale, in particolare il libro italiano e la traduzione del libro italiano. Gli ucraini sono grandi lettori. L’ucraino medio legge e legge molto più dell’italiano, vanno quasi tutti all’università. In questo senso va un progetto su cui stiamo lavorando e che verrà inaugurato presto. Vogliamo dar vita ad una nuova collana “Amici della società aperta e liberale” con la traduzione di autori italiani. Chi frequenta l’ Istituto Italiano di Cultura spesso ci chiede libri italiani. Noi ne abbiamo in abbondanza: penso a Norberto Bobbio, a Luciano Pellicani, grande sociologo scomparso di recente, che sono autori le cui opere possono aiutare anche la transizione, a livello culturale e intellettuale, verso una società aperta, verso un modello liberal democratico. Poi naturalmente lavoreremo anche su altri settori, come “La teoria del restauro” di Brandi che, per esempio, non è tradotta in ucraino. Questo è un Paese per alcuni aspetti bizzarro, essendo bilingue ci sono molte traduzioni in russo ma la lingua nazionale è l’ucraino. Proporre autori italiani in ucraino avrebbe un impatto enorme, potrebbe contribuire a creare un legame particolare tra i due paesi. Le future generazioni potranno leggere e conoscere meglio l’Italia".

Tanti progetti sul piatto.
"Sì. Vorrei lavorare al manuale su Dante di Enrico Malato, che in Italia ha avuto un buon successo. Al libro sui diritti Lgbt scritto da Franco Buffoni o anche al mitico Artusi. Ma vorrei tradurre in ucraino anche autori meno conosciuti come Sciascia o Pasolini, la cui opera non è completamente tradotta".

Per i giovani, avete programmi specifici?
"Stiamo costruendo un pool di traduttori di alto livello, composto da giovani letterari bravissimi a cui faremo riferimento per la traduzione di autori italiani e anche per la letteratura dedicata all’infanzia. Daremo vita ad una nuova collaborazione con l’università La Sapienza di Roma, in particolare con la professoressa Oxana Pachlovska, ucrainista bilingue con la quale abbiamo già tradotto “Storia dell’idea d’Europa” di Chabod. E poi, voglio citare un progetto realizzato dal Maeci, dalla Dgsp, molto intelligente e di grande successo: Geronimo Stilton, realizzato nelle lingue europee e che ora sarà tradotto in ucraino. Geronimo Stilton che attraverso le eccellenze e i musei racconta il nostro Paese in lingua ucraina è una bella testimonianza della nostra presenza culturale in Ucraina".

Cosa lascerà questa guerra, oltre agli orrori che già vediamo, alle nuove generazioni?
"C’è un rischio sul quale l’ambasciatore Zazo mi mette sempre in guardia: la demonizzazione della lingua e cultura russa. Il nostro sarà un compito molto delicato di ricucitura, perché dovremo far capire ai nostri alleati strategici e amici ucraini che non devono scivolare nella demonizzazione della cultura russa: in questo momento è comprensibile ma, presto, devono capire che il bilinguismo, il multiculturalismo sono una risorsa. I russi e gli ucraini sono due popoli che hanno una storia intrecciata e ci sono componenti della società russa, soffocate e represse, che sono totalmente contro questa guerra. Dovremo far capire che avere una lingua in più consentirà all’Ucraina di svolgere un importante ruolo di ponte tra la Russia euroasiatica e la parte più occidentale dell’Ucraina con l’Europa occidentale. Questa sarà la sfida da vincere". (Sab – 5 ago)

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