Tokyo, 18 nov – Nell’Oceano Pacifico del Sud è scattata la
caccia alle balene, che durerà sino al termine di aprile. Prima a salpare, dal
porto di Shimonoseki, la “Nisshin Maru” una baleniera della capacità di circa
8.000 tonnellate, che ha già puntato la prua verso l'Antartide. Almeno altre
tre navi sono pronte a seguirla. Nel mirino dei pescatori, anche le humpbacks, una
specie di balena protetta e molto sensibile. Ogni cetaceo pesa in media di 30
tonnellate e la sua peculiarità consiste nel possedere due grandi alette. Ad
oggi, però, di humpbacks se ne contano circa 2.500 esemplari. Cifra piuttosto
esigua. Per questo, la caccia a questo gruppo di balenottere è stata bandita.
Il motivo? Il peggior nemico di questa specie si trova a riva ed è identificabile
nell’uomo. Le megattere, come molte altre specie marine, migrano in cerca di
acque più calde seguendo le coste. Le loro rotte, dunque, sono facilmente
individuabili: proprio per questo costituiscono una comoda e facile preda. Non
a caso, durante le battute di pesca, sono le prime ad essere uccise. Molti
ambientalisti, consapevoli di questo pericolo, sono pronti a manifestare la
loro protesta, giungendo addirittura a tracciare un enorme scritta “save”
(salviamole) sulle battigie giapponesi. Un tentativo di sensibilizzazione che
non si è tradotto in quanto sperato. La flotta, infatti, ha istruzioni precise:
può sopprimere fino a 1000 balene, comprese 50 humpbacks. Una decisione che ha
scatenato violenti contrasti anche perché la cattura a fini commerciali è stata
bandita dal 1986 anche in Giappone. Tuttavia, fatta le legge, trovata la
scappatoia: il governo del Sol Levante, infatti, consente la caccia in nome
della ricerca scientifica. E scoppiano le polemiche. Junichi Sato, portavoce di
Greenpeace, condanna senza appello “il piano humpback”. “Questa specie è stata
a rischio estinzione qualche decennio fa –spiega- e rimane estremamente
sensibile. A mio avviso la morte di così tante balenottere può avere risvolti
estremamente dannosi”. Una tesi non condivisa dai funzionari locali. Tokyo
ribatte e si aggrappa alla storia. “La caccia alla balena è un’antica
tradizione giapponese –dice Hideki Moronuki, portavoce dei pescatori locale che
respinge con forza le tesi ambientaliste – e, fra l’altro, la popolazione di humpbacks
è a livelli sostenibili. Inoltre –ha poi aggiunto- la cattura di queste balene consente
ai biologi marini di studiarne i loro organi interni e approfondirne la
conoscenza. In ogni caso, il programma prevede la cattura di appena cinquanta
esemplari, una quota esigua, che non stravolgerà di certo l’ecosistema”. Gli
ambientalisti, però, credono che dietro la scienza si nascondano scopi
commerciali mirati a trarre profitto dagli introiti derivanti dalla carne di
balena, una pietanza che in Giappone è molto apprezzata. Un’ipotesi seccamente
negata dai funzionari locali. Tuttavia gli ecologisti non mollano. Sono
convinti che la ricerca scientifica sia solo un pretesto per tenere in vita l'industria
baleniera. Greenpeace, in particolare, è pronta ad attivarsi: l’associazione
ambientalista, in questo senso, ha già in serbo una campagna che prevede
diversi militanti a bordo di una nave, incaricati, a loro volta, di restare
sulle tracce della flotta giapponese. Caccia ai cacciatori, dunque.
(Pep/Lam)