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Xi cerca la via per l’eternità più a Taiwan che a Kiev

Xi cerca la via per l’eternità più a Taiwan che a Kiev

di Michele Mezza

La net war in corso in Ucraina è stata una scuola quadri importante per il partito comunista cinese, che ha compreso come al momento sia ancora consistente la distanza che lo separa dal primato statunitense in materia di tecnologie. Xi Ji Ping nella sua relazione- tutto sommato stringata nei suoi 105 minuti, esattamente la metà di cinque anni fa - segno che gli attriti da smussare sono minori oggi - è riuscito ad esorcizzare completamente il conflitto che divampa in Europa, non nominando in alcuna forma il suo, sempre più freddamente, alleato del Kremlino. Segno che nella gerarchia relazionale il nodo dei rapporti con Washington prevale largamente sui vicino russo. Ma anche il riflesso di un certo imbarazzo per aver constatato come soprattutto nei modelli organizzativi e socialmente distribuiti, le soluzioni digitali adottate dalle forze ucraine, con l’assistenza della Nato, stiano prevalendo sul modello verticale di Mosca.
Infatti Xi Ji Ping ha insistito molto nell’ambizione di “innovare l’innovazione “, come dice nel suo saggio L’Arco dell’Impero (Leg Editore), il generale cinese Quiao Liang. Innovare l’innovazione significa dare un cuore, un’identità a tecnologie che condizionano i modelli gdi gestione e di governance, oltre che di combattimento. La Cina sa bene che proprio la capacità di bilanciare sviluppo e controllo è stata fino cad ora fondamentale a reggere il modello di socialismo di mercato. Il partito è riuscito a governare fino ad oggi il processo di sviluppo economico del paese, con l’inevitabile spinta centrifuga di forze che inevitabilmente arricchendosi reclamano autonomia e ambizione individuali e persino riconoscimento politico. Certo sempre nel codice cinese che separa l’influenza decisionale dalla rappresentanza istituzionale.
Questo snodo - la differenza fra la possibilità di contare a livello territoriale , persino di influenzare le decisioni nazionali , e invece la rinuncia a farsi rappresentare autonomamente al vertice del paese- che mise in crisi il tentativo di modernizzazione dell’URSS di Gorbaciov, nella città proibita è stato reso possibile proprio da quella versione di sviluppo tecnologico che ha fatto coincidere il successo e l’emancipazione individuale o aziendale con il massimo di controllo e dominio da parte del partito.
Ora i vertici cinesi sanno bene che la tecnologia , a differenza degli apparati industriali del secolo scorso, è una base liquida avrebbe detto Baumann, un flusso e non un’infrastruttura che muta ogni momento riconfigurando equilibri e primati. Per questo Xi deve costantemente appunto innovare l’innovazione, dimostrando al mondo, lo ha detto esplicitamente nella sua relazione “un altro modo per raggiungere lo sviluppo “.
Ma per fare questo deve contare su capacità e risorse che al momento gli mancano, come ad esempio la filiera dei produzione dei micro chip ad elevate prestazioni che invece sono realizzati, in grande quantità proprio a Taiwan. In questa logica la rivendicazione del ricongiungimento dell’isola alla madre patria, oltre che ribadire un tema storico della Repubblica Popolare Cinese, diventa anche la possibilità di dotarsi di apparati tecnologici pregiati. Una necessità che al momento spinge la leadership cinese a considerare ancora necessaria la collaborazione con l’occidente, proprio per mantenere alta la propria competizione tecnologica sia in chiave esterna che , soprattutto, interna. Dunque la guerra in Ucraina diventa un accidente da risolvere, e comunque non aggravare. Oltre che una scuola da osservare per misurare appunto il divario da colìmare.

(© 9Colonne - citare la fonte)