di Paolo Pagliaro
In Italia si è insediato per la prima volta un governo pacifista, se per pace si intende quella fiscale. In realtà non c’è nessuna guerra in corso, ma questo è un dettaglio trascurabile per chi pensa che riscuotere le imposte equivalga a mettere le mani nelle tasche della gente.
Nei giorni scorsi i giornali hanno pazientmente elencato tutte le sanatorie fiscali presenti nella legge di bilancio. C’è voluto molto spazio perché la legge ne prevede ben dodici. Si va dalla sanatoria sulle criptovalute non dichiarate nella denuncia dei redditi, al cosiddetto "Salva-calcio", che consente ai club di spalamare in sessanta comode rate e senza sovrapprezzo gli 800 milioni di imposte non pagate .
C’è la rottamazione delle cartelle sotto i mille euro e la cancellazione di sanzioni e interessi per chi promette di onorare i suoi debiti col fisco, sempre ovviamente a rate. Ci sono incentivi a rinunciare alle controversie e premi per i cosiddetti ravvedimenti. E molto altro ancora.
Ci si immagina quella che il professore di diritto tributario Tommaso Di Tanno ha definito una vera e propria epifania, con un finale abbraccio fra i funzionari del fisco e masse di cittadini che, per sfortunata coincidenza, si sono scoperti, nel corso del tempo, debitori di un qualche tributo o di una qualche contravvenzione.
In questo clima di generale riappacificazione manca solo un piccolo riconoscimento per chi le tasse le ha sempre pagate regolarmente, e in particolare a quel 13% di italiani che, dichiarando più di 35 mila euro l’anno, con la loro Irpef finanziano gli ospedali, le scuole e gli altri servizi che lo Stato garantisce a tutti.