Ottant’anni fa, si concludeva la battaglia più sanguinosa della storia, una carneficina che segnò il definitivo “giro di boa” della seconda guerra mondiale, e l’inizio della disfatta delle truppe di Hitler. Quello scontro colossale si svolse sulle rive del Volga, ed ebbe per centro la città che al tempo si chiamava Stalingrado, l’attuale Volgograd che oggi, di fatto, sarà per un giorno la capitale di una Russia che nell’anniversario di quella vittoria cerca un’ulteriore spinta per affrontare un’altra carneficina, ovvero quella del conflitto in Ucraina. Ovviamente, oggi a Volgograd sarà presente anche il presidente Vladimir Putin, che parteciperà anche al concerto serale in onore dei circa due milioni di caduti della battaglia. Il leader del Cremlino, del resto, non ha esitato a tracciare un parallelo tra la resistenza contro Hitler e l'offensiva in Ucraina. “Dimenticare le lezioni della storia porta al ripetersi di terribili tragedie. Ne sono prova i crimini contro i civili, la pulizia etnica e le azioni punitive organizzate dai neonazisti in Ucraina”, ha dichiarato venerdì scorso, in occasione della giornata internazionale delle vittime dell'Olocausto. “È contro questo male che i nostri soldati stanno combattendo con coraggio”, ha aggiunto, provocando le durissime reazioni di larga parte della comunità internazionale.
Adesso, però, la messa in scena, senza risparmio di risorse, per l’ottantesimo di Stalingrado, segna senza possibilità di errore “una svolta nella comunicazione sull'operazione speciale, che appare, sempre di più, come una vera e propria guerra”, per citare le parole di Emilia Koustova, ricercatrice di civiltà russa all'Università di Strasburgo, intervistata da France Info. Va sottolineato che il riferimento a Stalingrado era ancora poco presente all'inizio della guerra in Ucraina ma “Si palesa soprattutto in estate e a settembre”, ovvero in corrispondenza “al periodo in cui l'esercito russo viene messo in difficoltà”, continua la studiosa. Come una cassetta degli attrezzi, dunque, la storia può essere evocata per usi diversi. Mentre “l'assedio di Leningrado rappresenta l'immensa sofferenza della popolazione, la battaglia di Stalingrado oggi evoca l'idea della perseveranza, dell'eroismo e del sacrificio di sé dell'esercito, contro ogni previsione”. Queste immagini rimandano quindi al “sacrificio, ma con la speranza della vittoria”.
Purtroppo, appare chiaro che “il ricordo di questa battaglia prepara l'opinione pubblica a una guerra difficile e a lungo termine”. Soprattutto, a una guerra che si sta dimostrando costosissima a livello di vite umane per la Russia. Stime occidentali parlano di oltre centomila caduti tra i militari del Cremlino, ed è chiaro che una “battaglia” che Putin dovrà vincere sarà anche quella del ritorno delle salme in patria. Un problema che per l’inquilino del Cremlino è destinato ad amplificarsi qualora dovessero essere realistiche le previsioni del ministro della difesa ucraino, Oleksii Reznikov, secondo il quale la Russia starebbe pianificando una grande offensiva in concomitanza con il primo anniversario dell’invasione, il 24 febbraio. Reznikov ha avvertito che la Russia farà appello a un grande contingente di truppe mobilitate, che potrebbe portare in prima linea una fino a mezzo milione di uomini. “Non dobbiamo sottovalutare il nostro nemico”, ha detto Reznikov. “Ufficialmente i russi hanno richiamato 300mila uomini, ma quando vediamo le truppe alle frontiere, secondo le nostre valutazioni sono molti di più”. (2 FEB - deg)
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