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Mafia e logge massoniche
la politica batta un colpo

Mafia e logge massoniche <br> la politica batta un colpo

di Piero Innocenti

I “mandamenti” di Cosa nostra controllati da Matteo Messina Denaro, arrestato il 16 gennaio scorso a Palermo dopo una trentennale latitanza, ricadono nelle province con il più alto tasso di logge massoniche riconosciute: 10 a Trapani, 11 ad Agrigento e 2 proprio a Campobello di Mazara dove viveva tranquillamente il boss mafioso che, secondo le indagini in corso, ha goduto anche della protezione di massoni (un collaboratore di giustizia massone, anni fa, parlò di una loggia coperta costituita proprio da Matteo Messina Denaro che si chiamava “La Sicilia”). Va detto che le logge massoniche ufficiali sono tutelate dalla Costituzione (art.18) quali forme libere di associazioni, mentre il secondo comma dello stesso articolo proibisce le associazioni segrete e quelle che perseguono, anche indirettamente, scopi politici mediante organizzazioni di carattere militare.
Con la legge n.17 del 25 gennaio 1982 ( nota come legge “Spadolini-Anselmi”), introdotta sull’onda dello scandalo collegato alla scoperta della loggia “Propaganda 2” (P2), si è affrontato il problema della definizione di associazione segreta costituzionalmente vietata, facendovi rientrare esclusivamente quelle associazioni che - mantenendo la segretezza, congiuntamente sulle finalità e attività sociali, ovvero sui componenti - svolgessero attività dirette ad interferire sull’esercizio delle funzioni di organi costituzionali, di amministrazioni pubbliche, di enti pubblici anche economici, nonché di servizi pubblici essenziali di interesse nazionale.
Tale norma si è rivelata inadeguata, priva di efficacia e non ha trovato alcuno spazio di applicazione sia sul piano penale che su quello della prevenzione, sebbene l’incidenza delle attività di organizzazioni segrete sul regolare svolgimento della vita civile e le interferenze con le organizzazioni criminali mafiose siano state frequenti.
E’ particolarmente tenue, in particolare, la sanzione edittale prevista dall’art. 2 della legge in questione (reclusione da 1 a 5 anni per chi promuove, dirige o svolge attività di proselitismo in favore dell’associazione e fino a 2 anni per i partecipi) e, soprattutto, tale da non consentire, per esempio, le intercettazioni telefoniche rendendo, così, particolarmente difficili le indagini.
Tutti aspetti che sono stati ben sottolineati dalle due ultime Commissioni Parlamentari antimafia, senza peraltro che ottenessero risultati le proposte avanzate ( tra queste il disegno di legge n.364 del 24 aprile 2018) e le raccomandazioni di riforma della legge Spadolini-Anselmi per individuare una nuova e più ampia nozione di associazione segreta. Sono rimasti infruttuosi anche alcuni timidi tentativi di prosciugare i cosiddetti salotti della “borghesia mafiosa”. Ma per tale obiettivo è necessaria l’introduzione di una disciplina, a livello nazionale, che preveda limitazioni stringenti per tutti quelli che svolgono delicate funzioni pubbliche (magistrati, operatori delle forze di polizia e, più in generale, per coloro che svolgono pubbliche funzioni di particolare rilievo) con il divieto di prendere parte, a qualunque titolo, ad associazioni che comportano un vincolo di obbedienza, nonché in associazioni fondate su giuramenti o vincoli di appartenenza, considerata l’incompatibilità di tali vincoli con gli obblighi di soggezione solo alla Nazione che hanno dette persone.
Non va dimenticato, peraltro, quel principio di “fedeltà rafforzata” richiesto a quei cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche; in questo caso occorre non solo che la Costituzione e le leggi debbano essere osservate (un dovere per tutti i cittadini) ma anche che a queste funzioni si adempia “con disciplina e onore”. Il Parlamento o il Governo, dunque, dovrebbero adottare, con urgenza, come ha ribadito la Commissione Parlamentare antimafia nella sua relazione finale del settembre 2022, “..soluzioni (..) che consentano un effettivo controllo del corretto svolgimento delle pubbliche funzioni atteso che colui che aspira o che ricopre un incarico pubblico ha un dovere indefettibile di trasparenza nei confronti della collettività”. Credo, tuttavia, con il pessimismo che ormai mi accompagna da alcuni anni, che anche questa sollecitazione della Commissione antimafia resterà inascoltata.

(© 9Colonne - citare la fonte)