di Paolo Pagliaro
Nucleare è una parola riabilitata, dopo la decisione europea di inserirla nel glossario delle fonti utili alla transizione ecologica. Già presente – sia pure con sfumature diverse - nel programma dei partiti di centrodestra che hanno vinto le elezioni, da oggi l’opzione nucleare torna a essere un tassello della politica energetica italiana. Ansaldo Energia, Ansaldo Nucleare, il colosso francese Edf e la sua controllata italiana Edison hanno infatti annunciato di voler collaborare allo sviluppo del nuovo nucleare in Europa, verificando le potenzialità di applicazione in Italia. Edf è il primo produttore di energia nucleare al mondo; Ansaldo, controllata dallo Stato tramite Cassa depositi e prestiti, sviluppa componenti e servizi per l’industria nucleare; Edison è l’azienda energetica più antica d’Europa. Nella nota in cui illustrano l’accordo, le aziende sostengono che l'energia nucleare è una delle fonti di generazione con le minori emissioni di CO2, assicura un ridotto consumo di suolo rispetto alla potenza elettrica installata e consente la programmazione ottimale della produzione. Gli impianti a cui si pensa sono i piccoli reattori modulari che richiedono investimenti contenuti e possono essere utilizzati per produrre energia elettrica e termica. L’annuncio odierno solleverà molte polemiche. Più passa il tempo che ci separa dal referendum del 1987, da Cernobyl, Fukushima e gli altri disastri del recente passato, più la tentazione nucleare sembra però farsi ir¬resistibile. L’invasione dell’Ucraina ha accelerato la ricerca di fonti di approvvigionamento diverse dal gas e dal petrolio che importiamo. E ha spalancato la porta all’opzione nucleare, di cui ora si discutono gli aspetti tecnici ed economici, ma che non è più un tabu politico.
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