di Paolo Pagliaro
Adesso possiamo dirlo, il problema non era Virginia Raggi. I cinghiali in città hanno smesso da tempo di essere un’emergenza esclusivamente romana. Anzi - a dire il vero - quest’esclusiva Roma non l’ha mai avuta. Già nel 2011 ci si poteva imbattere in un cinghiale nelle strade di Genova o Trieste. Dieci anni dopo il fenomeno veniva segnalato in un centinaio di città. Uno studio condotto ora da ISPRA - Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale - registra 863 diverse segnalazioni, che mostrano un netto aumento dei cinghiali urbani nel corso degli ultimi dieci anni. Le dimensioni dei centri abitati frequentati vanno da paesi con circa mille abitanti a metropoli come appunto Roma. Ma va detto che prima di essere sorpresi a grufolare davanti ai nostri cassonetti, i cinghiali erano abitanti abituali di città come Berlino e Barcellona.
Il cinghiale ha grandi capacità di adattamento, onnivoro e in grado di vivere nei contesti più disparati è un animale intelligente e sociale. Secondo l’Ispra in Italia ce ne sono almeno un milione e mezzo, numero in continua crescita nonostante i cacciatori. In città il cinghiale è anche un problema di pubblica incolumità: può causate incidenti stradali , rovesciare cassonetti, distruggere un giardino, caricare le persone se si sente minacciato o in trappola. Oggi su “Scienza in Rete” si discute del problema ipotizzando alcune soluzioni: la prima è di rendere le città meno attrattive e di restituire i cinghiali al loro habitat smettendola di trattarli come se fosse cani e gatti, offrendo loro del cibo, cercando di toccarli, avvicinandoli per fare foto. L’Ispra manda a dire che occorre lasciare selvatici i selvatici, e aiutarli a mantenere le distanze.