Agenzia Giornalistica
direttore Paolo Pagliaro

Non sarà la propaganda a risolvere i problemi

di Paolo Pombeni

Il primo maggio è stata una ulteriore occasione per polemiche di maniera: c’era da aspettarselo, ma non è un bel vedere. Giorgia Meloni ha convocato un Consiglio dei ministri in quella data per mostrare che i politici lavorano e si occupano dei lavoratori. Le opposizioni hanno invocato l’offesa alla data sacra e la premier si è impelagata nello scontro di battute su chi lavora il giorno della festa a dispetto di tutte le sacralizzazioni. Sceneggiate che distraggono dai contenuti di quanto sta succedendo.

Punto primo: il governo di destra-centro vuol dimostrare che è intenzionato ad occuparsi dell’emergenza lavoro. Non è strano, visto che una parte non piccola dei suoi elettori proviene dai ceti operai e impiegatizi a basso reddito, ma non combacia con l’immagine di una destra che è contro la classe operaia, per cui la sinistra si butta a dire che è tutta propaganda perché in realtà le misure del governo allargano la sfera della precarietà.

Punto secondo: il governo convoca i sindacati la sera prima di varare i provvedimenti e questo viene presentato come un atto di arroganza perché alle rappresentanze del mondo del lavoro ci si limita a comunicare qualcosa di già deciso.

Punto terzo: una analisi un po’ ravvicinata della “filosofia” degli interventi non sembra interessare quasi a nessuno.

Ma vediamo di scavare un po’ in questi terreni, visto che a noi non interessa correre a sventolare qualcuna delle bandierine che vengono distribuite. Il primo punto è interessante, perché indubbiamente si colloca a cavallo fra un tradizionale appello al populismo e un ipotetico passo verso un blocco conservatore di tipo classico. Qualcuno ricorderà che i conservatori sono riusciti ad imporsi, emblematico caso la storia politica inglese (prima della Brexit), quando hanno saputo inglobare una componente di sensibilità sociale e questa oggi passa per una battaglia per l’incremento dei redditi disponibili per le classi meno fortunate. Come sa chiunque si sia occupato di queste cose, si tratta non solo di fare una cosa “giusta” verso i lavoratori, ma anche di rendere disponibili risorse che poi verranno spese e che così favoriranno l’economia, inclusi i guadagni dei “padroni”. Ovvio che si possono annunciare e progettare misure che sono solo fumo negli occhi, ma si tratterebbe di bugie con le gambe corte. La sinistra dovrebbe ricordare quando fra gli anni Cinquanta e gli anni Sessanta per negare che ci fosse un progresso economico generalizzato si inventò la teoria della “bolla neocapitalista” che sarebbe scoppiata e non le andò affatto bene.

Veniamo alla questione della convocazione in extremis delle sigle sindacali. Questa mossa contiene due messaggi. Il primo è che l’attuale governo non intende appiattirsi sulla passata logica della “concertazione” con le grandi sigle (tirandosi dietro un bel po’ di concessioni anche a quelle minori), perché non vuol fare questo “regalo” alla sinistra, vista la posizione della CGIL di Landini che si tira dietro la UIL (la CISL si è sganciata da questa ottica). Con ciò però non chiude la porta al confronto, perché, come è stato fatto notare nell’incontro, si tratta di interventi che dovranno passare per un iter parlamentare e dunque ci saranno mesi per negoziare interventi e modifiche. Lo si è sempre fatto, vista anche l’attuale situazione con la riduzione del numero dei parlamentari sarà ancora più opportuno farlo.
Dunque si può ancora negoziare, ma il governo non intende concedere poteri assoluti di veto ai sindacati, che fra il resto non è che abbiano più questa presa granitica sul complesso della classe lavoratrice.

E veniamo così alla questione della “filosofia” che sembra animare la strategia della parte più avvertita del governo. Si tratta di contenere un certo clima di sfiducia verso il nostro futuro in un momento in cui l’economia non va male, anche se non si può dire che non ci siano corposi problemi. Questo porta allo scontro con quelle opposizioni che rimangono invece ancorate alla retorica catastrofista, per cui la destra al potere porta il paese alla rovina, non ne azzecca una, e avanti di questo passo. Ciò impedisce che si entri nel merito delle questioni, il che invece potrebbe davvero mettere in difficoltà l’attuale maggioranza.

Si prenda la questione del reddito di cittadinanza. Il governo lo ha modificato in modo più che contorto per compiacere la sua retorica della lotta a chi voleva starsene sul divano anziché lavorare, ma è una scelta di cattiva ideologia. La soluzione scelta non aiuta né il sostegno alla povertà, né le politiche attive del lavoro, ma non lo ha mai fatto neppure la norma grillina sostenuta a suo tempo prima della Lega e poi dal PD. Un confronto nel merito dovrebbe partire da un onesto riconoscimento che quel che fecero i governi Conte fu un pasticcio, dopo di che si potrà esaminare criticamente le manchevolezze della nuova proposta.

Lo stesso vale per le polemiche sulla “precarizzazione”. In un momento in cui c’è necessità di attivare occasioni di lavoro bisognerebbe avere fiducia che attraverso sistemi di impiego più flessibili si creano comunque delle opportunità per fare un minimo di curriculum e anche in alcuni settori per segnalarsi ai datori di lavoro per le assunzioni a tempo indeterminato. Che ci siano dei rischi se si opera in quest’ottica non va negato, a patto che realisticamente ci si ricordi dei rischi già presenti in un mercato del lavoro che ha trovato molti modi per sfruttare quel precariato che si ritiene di avere vietato.

Sarebbe dunque tempo di superare le polemiche sulle sceneggiate e di affrontare con coraggio il confronto sui temi. I più scafati osservatori ci spiegano che le sceneggiate vengono fatte per guadagnarsi un po’ di audience, mentre poi nel retropalco della politica si negozia e ci si confronta più di quello che si creda. Ci permettiamo di obiettare che il mix di queste due componenti da pessimi risultati: incita il radicalismo delle minoranze e sposta i negoziati del retropalco a scambi di favori spesso poco commendevoli.

(da mentepolitica.it)

(© 9Colonne - citare la fonte)