Agenzia Giornalistica
direttore Paolo Pagliaro

A Desenzano Del Garda (BS) la Pop Art di Roy Lichtenstein

Mostre
Le grandi mostre in programma in Italia e quelle che hanno l'Italia, attraverso i suoi grandi artisti, come protagonista nel mondo. Lo "Speciale mostre" è un viaggio tra capolavori, opere d'avanguardia e sperimentali, pittura e scultura, memoria e identità, storia e filosofia, un tributo all'arte e ai suoi protagonisti e un modo per scoprire quanto di buono fanno le istituzioni nazionali e locali per il nostro patrimonio culturale e di creatività.

La Città di Desenzano del Garda (BS) celebra Roy Lichtenstein, uno dei più importanti artisti americani della Pop Art internazionale, in occasione del centenario della sua nascita. Organizzata dall'Assessorato alla Cultura, prodotta da MV Eventi e curata da Matteo Vanzan, la mostra “Roy Lichtenstein: the Sixties and the history of international Pop art” sarà ospitata nel Castello del paese dallo scorso 29 aprile fino al 16 luglio e presenterà 60 opere di Roy Lichtenstein e di alcuni dei principali protagonisti del rinnovamento artistico degli anni Sessanta. In mostra saranno presenti alcuni dei suoi lavori più conosciuti come "Crack!" (Nella foto) del 1963 usato come manifesto pubblicitario per annunciare la mostra di Lichtenstein alla Leo Castelli Gallery, "As I open fire" del 1967, "Drowing Girl" del 1987 edito dal MoMA di New York e tratto dal racconto "Run for Love!" della DC Comic, oltre ai suoi celebri omaggi a Pablo Picasso e Carlo Carrà con "The red horsemen" del 1975. Di grande importanza sarà anche l'aspetto emozionale dell'esposizione, il cui obiettivo sarà quello di trasportare il visitatore all'interno di un'epoca intramontabile attraverso la proiezione di film, documentari e una ricca colonna sonora fatta di brani di Beatles, Rolling Stones, Jimi Hendrix, The Who, Janis Joplin e molti altri ancora. Roy Lichtenstein, uno dei più importanti artisti della Pop Art americana, è stato protagonista indiscusso, assieme ad Andy Warhol, del ritorno alla figurazione negli anni Sessanta dopo la stagione Informale. Le sue opere, ormai entrate nel mito, si rifanno ad un immaginario collettivo fatto di fumetti, pubblicità, personaggi della Walt Disney e piloti dell'aeronautica militare, rispondendo alla necessità di spersonalizzare l'opera d'arte dai suoi più intimi significati non essendo, come dichiarò lui stesso, “interessato a divulgare tematiche che insegnino qualcosa alla gente, o che cerchino, in qualche modo, di migliorare la società”. “La cultura Pop - afferma l'assessore alla Cultura Pietro Avanzi - torna a riempire coi suoi colori e i suoi valori le mura del nostro castello Medievale andando a valorizzarlo ancora una volta: le opere di Roy Lichtenstein rappresentano un salto nel passato degli anni Sessanta che ci proietta all’interno della storia internazionale della Pop Art. Sono convinto che anche stavolta il pubblico risponderà alla grande nei quasi tre mesi di esposizione della mostra: non a caso abbiamo scelto un’artista globale e conosciuto in tutto il mondo, visto che stiamo entrando nel pieno della stagione turistica con tante persone provenienti da tutta Europa. Ringrazio il prezioso contributo di Matteo Vanzan, curatore e organizzatore della mostra, senza il quale tutto questo non sarebbe stato possibile”. “Il percorso espositivo - spiega il curatore Matteo Vanzan - è strutturato per offrire una panoramica sull'opera di Lichtenstein e della sua celebre tecnica pittorica che, in linea con le ricerche warholiane, mira ad associare la creazione artistica ad un vero e proprio prodotto industriale partendo però sempre dal disegno, di cui abbiamo un esemplare esposto in mostra. La tecnica dei punti Ben Day, il cui nome deriva dall'illustratore e stampatore del XIX secolo Benjamin Henry Day che li ha introdotti per la prima volta, ha portato Lichtenstein ad una riconoscibilità immediata all'interno del sistema dell'arte contemporanea facendolo diventare uno degli artisti più amati del secondo Novecento”. “A completamento dell'esposizione - conclude Vanzan - abbiamo voluto rendere omaggio ad alcune delle personalità più importanti dell'arte degli anni Sessanta come il vincitore del Gran Premio della Biennale di Venezia del 1964 Robert Rauschenberg, Andy Warhol, l'inglese Joe Tilson, Jim Dine oltre ad una parentesi dovuta sia al Nouveau Réalisme con Arman, Yves Klein e Mimmo Rotella”. (gci)

A ROMA LA PRIMA ESPOSIZIONE IN ITALIA DEDICATA A PEGGY KLEIBER

Alla scoperta degli scatti di Peggy Kleiber: “Peggy Kleiber. Tutti i giorni della vita (fotografie 1959-1992)” è il titolo della prima mostra in Italia della fotografa, curata da Arianna Catania e Lorenzo Pallini, esposta al Museo di Roma in Trastevere dallo scorso 19 maggio fino al 15 ottobre. L’esposizione è promossa da Roma Capitale, Assessorato alla Cultura - Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali e realizzata dalle associazioni culturali Marmorata169 e On Image, con la collaborazione dell’associazione Les photographies de Peggy Kleiber e servizi museali di Zètema Progetto Cultura. Due valigie, mai aperte, contenenti 15.000 fotografie scattate tra la fine degli anni ‘50 e gli anni ’90: nasce da questo incredibile ritrovamento la mostra. La scoperta arriva dopo la sua morte, nel 2015 e, in seguito, la famiglia decide di valorizzare e rendere pubblico questo importante patrimonio rimasto a lungo nascosto. Sono 150 le fotografie esposte, con una selezione di stampe vintage originali dell’autrice, alcuni album di famiglia e un video che ripercorre la riscoperta dell’archivio attraverso materiali inediti e filmati Super8 di famiglia. La mostra si compone di due sezioni: una dedicata alla famiglia e l’altra dedicata ai viaggi in Italia, in particolare a Roma a partire dai primi anni ‘60. Nella prima sezione ci sono le fotografie che Peggy ha realizzato nel corso di molti anni alla sua famiglia, durante celebrazioni, matrimoni, nascite. Nello scorrere del tempo va così costruendosi in maniera spontanea, pezzo per pezzo, un racconto intimo e denso di emozioni. Nella seconda sezione, dedicata ai viaggi compiuti in tutta Europa, spicca per intensità la grande attenzione dedicata all’Italia. Peggy Kleiber riesce ad avvicinare gli strati sociali anche più marginali, lasciandosi incantare da luoghi ignoti. A Roma la sua è una “flanerie” non solo letteraria e artistica, ma anche politica e culturale: un viaggio che la porta dal centro storico (percorso in lungo e in largo negli angoli meno turistici e in orari spesso insoliti) alle periferie più estreme della città e ai margini delle borgate, proprio negli anni in cui scrittori come Pasolini ne scoprivano le storie. Tuttavia, la sua curiosità non si ferma qui e Peggy Kleiber da Roma prosegue alla scoperta dell’Italia nascosta: in particolare Umbria e Toscana, innamorandosi dei tesori dell’arte, ma anche la Sicilia, dove stringe legami che dureranno per gli anni a seguire. Qui rincontra Danilo Dolci, già conosciuto in Svizzera, ritraendolo in alcune preziose e inedite fotografie durante gli “scioperi al contrario” e al contempo soffermandosi sui volti dei bambini di Partinico. Nelle sue immagini in bianco e nero, riesce a mettere tra sé e il soggetto uno spazio vitale, che racconta 40 anni di storia del mondo in rapida trasformazione. Nata il 25 giugno 1940 a Moutier, Peggy Kleiber cresce in un ambiente ricco di stimoli culturali, con tanti fratelli e sorelle. Ama la letteratura e la musica, e incontra la passione per la fotografia nel 1961 ad Amburgo, frequentando la scuola Hambuger Fotoschule. Questa esperienza segna un punto di svolta nella sua vita: da quel momento, la sua Leica M3 la seguirà in ogni momento, nei riti di famiglia e nelle ricorrenze, così come nei viaggi all’estero, alla scoperta del mondo. Dall’inizio degli anni ‘60 viaggia in tutta Europa (Parigi, Praga, Amsterdam, Leningrado, solo per citare alcune destinazioni), dedicando una grande attenzione all’Italia, in particolare Roma e la Sicilia. Per Peggy Kleiber la macchina fotografica è un modo per nascondere e rivelare, anche se stessa: lo fa attraverso lo splendido ciclo delle foto di famiglia, racchiuse nel libro autoprodotto “Rue Neuve 44 Cronaca della vita familiare 1963-1983” e donato ai suoi parenti nel 2006. Dalla fine degli anni '70 in poi si dedica con passione all’insegnamento, senza abbandonare la fotografia, che diventa un modo per ripensare a distanza di tempo all’intreccio dei rapporti di una vita. Peggy scompare prematuramente nel 2015. (gci)

“LUMINOUS TERRAIN”: AD ARZIGNANO (VI) LA COLLETTIVA DELLA GALLERIA ATIPOGRAFIA

Atipografia giunge alla sua sesta esposizione e presenta "Luminous Terrain", mostra collettiva delle giovani artiste Yulia Iosilzon (Israele, 1992), Grace Mattingly (Chicago, USA, 1991) e Guendalina Cerruti (Milano, 1992). Dal 27 maggio al 27 luglio, negli spazi della galleria ad Arzignano (VI), l'esposizione affianca le opere delle tre artiste, trovando un minimo comune denominatore, sia estetico che concettuale, nel mondo fiabesco e fantastico, presente nelle poetiche di Iosilzon, Mattingly e Cerruti. Le opere presentate dialogano tra loro nello spazio della galleria, attraverso alcune tematiche trattate che le artiste condividono e che affrontano ciascuna con il proprio linguaggio: immagini legate al mondo delle fiabe, il fantastico, l'incanto, l'infanzia, l'invenzione di storie e quindi la finzione. Allo stesso momento, la mostra vuole allargare lo sguardo dell’osservatore portando la narrazione oltre l’aspetto puramente fiabesco rappresentato nelle opere, conferendo alle singole ricerche individuali delle artiste un respiro interpretativo e visionario più ampio. Le installazioni di Guendalina Cerruti rappresentano monologhi interiori, microuniversi carichi di sentimento e sarcasmo, situati tra realtà, rappresentazione e immaginazione. La soggettività dell’artista e la cultura popolare si fondono, restituendo una narrazione profondamente personale, espressa attraverso un'estetica enigmatica, in cui i soggetti esprimono un malessere esistenziale e sociale, prodotto della società contemporanea legata al consumismo e a stili di vita glamour. I dipinti di Grace Mattingly sono luminosi e giocosi, popolati da figure femminili e di genere neutro che si mescolano ad animali e creature in un universo fantastico. Le opere emanano calore e intimità attraverso una palette luminosa, che attira l'attenzione, in scala naturale. L’artista riflette sui temi del genere e della sessualità, del gioco e dell'improvvisazione, della fantasia e dell'inconscio. Yulia Iosilzon si ispira alle illustrazioni per bambini, alla moda e al teatro per proporre narrazioni frammentarie in opere di grandi dimensioni. La leggibilità iniziale del suo lavoro è messa in discussione dall'uso persistente di tecniche che interrompono l'immagine, rompendo le precedenti impressioni che si hanno dell’opera nella sua pienezza visiva. L'artista, per la creazione dei suoi scenari, utilizza scene di vita quotidiana per poi ricorrere al burlesco, al grottesco, all'ironia e all'umorismo. La mostra è accompagnata da un catalogo e da un testo curatoriale di Irene Sofia Comi. (gci)

A MILANO GLI SCATTI DI 16 FOTOGRAFI PER SENSIBILIZZARE SULLA SICCITA’

A Milano un’occasione per riflettere sull’importanza delle risorse idriche attraverso l’arte fotografica: l’Istituto Italiano di Fotografia presenta la mostra fotografica “Acqua più preziosa del diamante”, dal 6 al 30 giugno presso la Centrale dell’Acqua, progetto fotografico curato dal fotografo e docente di IIF Erminio Annunzi. L’esposizione, la cui inaugurazione è prevista il 5 giugno alle ore 17.30, racconta attraverso lo sguardo di 16 fotografi lo sfruttamento del suolo e dell’ambiente oltre alle condizioni di siccità che hanno colpito il territorio italiano nell’estate 2022. Inoltre, vuole far emergere le numerose conseguenze che l’azione dell’uomo provoca sul pianeta, dalla deforestazione allo scioglimento dei ghiacciai, ma anche la devastazione causata dagli incendi boschivi e gli effetti che la mancanza di piogge ha determinato sulle attività economiche e sociali presenti lungo le rive del fiume Po. I fotografi partecipanti sono: Carlo Francesco Amoroso, Fabio Berasi, Alice Castelli, Lucia Cesa, Annalisa Cinco, Andrea Marco Consonni, Miriana Corabi, Aaron Di Marino, Silvia Lago, Sandro Lasco, Luigi Lombardi, Giuseppe Martella, Massimiliano Meroni, Roberto Pasquali, Sandra Perilli ed Helmut Schwanke. L’invito è quello di ripensare l’attuale utilizzo delle risorse naturali e limitare l’impatto delle attività umane rendendole sostenibili per il pianeta. Attraverso linguaggi espressivi differenti, i fotografi dell’Istituto Italiano di Fotografia narrano il malessere della natura e dell’ambiente. Alcuni studenti propongono immagini documentarie dei terreni e della vegetazione arsi dal fuoco, oltre ai campi inariditi dalla carenza d’acqua, oppure mostrano l’impietoso confronto tra la secca del Ticino e le piene degli anni precedenti. In altri casi, attraverso un approccio minimalista e contemporaneo, gli scatti ritraggono l’alveo del fiume Po trasformato dalla siccità in un ambiente inospitale, che ricorda la superficie lunare secca e polverosa oppure raccontano le rive dei fiumi in cui la vegetazione spontanea cresce tra i ciottoli come un flebile segno di speranza. La collaborazione con MM SpA e la Centrale dell’Acqua di Milano rende la proposta espositiva ancora più attuale e la arricchisce creando un dialogo con un’importante istituzione cittadina dedita alla sensibilizzazione sui temi dell’acqua, sulla sua corretta gestione e sulle buone pratiche per salvaguardarla. In occasione della mostra viene presentata, inoltre, una pubblicazione fotografica con testo di Erminio Annunzi che descrive i diversi progetti esposti. (gci)

“RISARCIMENTO”: AGLI UFFIZI LE OPERE PER IL TRENTENNALE DELLA STRAGE DEI GEORGOFILI

“Risarcimento. Per non dimenticare”. Con questo titolo, nel trentennale della strage di via dei Georgofili, gli Uffizi riportano simbolicamente in scena la stessa mostra che all'epoca vide decine di artisti internazionali donare le proprie opere per risarcire il museo dai danni, attraverso 62 delle opere grafiche che vennero donate. L’esposizione all'epoca fu fortemente voluta dall’allora direttrice della Galleria, Anna Maria Petrioli Tofani, che anche oggi, insieme a Chiara Toti, ne cura il riallestimento: "Risarcimento" sarà così di nuovo visibile dallo scorso 22 maggio fino al 18 giugno in sale appositamente inaugurate al piano terra del museo, accompagnata da un catalogo online che ne illustrerà e approfondirà i contenuti. Nella notte tra il 26 e il 27 maggio 1993, un attentato mafioso sconvolse il cuore di Firenze, uccidendo cinque persone e causando agli Uffizi gravissimi danni alla struttura e a centinaia di opere. Nel luglio dello stesso anno, il collezionista Giuliano Gori, su suggerimento dell’allora direttrice del museo Anna Maria Petrioli Tofani, dette vita a un’ambiziosa campagna di donazioni di opere d’arte contemporanea, per risarcire simbolicamente il museo delle perdite subite. Gori creò dunque un Comitato per gli Uffizi nel quale entrarono esperti del settore e personalità di spicco della cultura: Jean Christophe Amman, Luciano Berio, Leo Castelli, Germano Celant, Maria Corral, Ida Giannelli, Thomas Krennz, Rita Levi Montalcini, Mario Luzi, Ida Panicelli, Elda Pecci. Furono interpellati tra i più importanti artisti del momento e in 59 risposero all’appello. Furono 81, in totale, le opere donate: Kengiro Azuma, Piero Dorazio, Menashe Kadishman, Dani Karavan, Alex Katz, Luigi Mainolfi, Vettor Pisani, Alan Sonfist, Ales Vesely inviarono più disegni ciascuno. La raccolta incluse anche tre importanti lavori di Joseph Beyus, Donald Judd ed Henry Moore, regalate al museo dai collezionisti Buby Durini e Lucrezia De Domizio Durini di Bolognano, Giuseppe Panza di Biumo e dallo stesso Gori. Questo nucleo di opere, giunto agli Uffizi tra il dicembre 1993 e il dicembre 1994, andò a comporre un ventaglio eterogeneo e rappresentativo nel panorama contemporaneo. Alcuni artisti attinsero dalla loro produzione le "carte" che più potevano risuonare emotivamente con il drammatico evento, altri lavorarono appositamente per l’occasione, come nel caso di Robert Kushner, la cui opera si ispirò proprio al capolavoro di Sebastiano del Piombo, "La morte di Adone", rimasto gravemente danneggiato nell’esplosione. Nel febbraio 1995 gli Uffizi organizzarono dunque una grande mostra per presentare la nuova collezione. Si scelse significativamente di allestirla nella Sala delle Reali Poste, restaurata proprio dopo l’attentato attraverso una raccolta fondi promossa da una sottoscrizione dei lettori de La Repubblica. Furono 62 le opere selezionate per farne parte, una per ciascun artista: accompagnava l’esposizione un importante catalogo edito grazie alla generosità della casa editrice Olschki e curato, come la mostra stessa, da Stefania Gori. Il direttore delle Gallerie degli Uffizi Eike Schmidt dichiara: “Le indagini hanno rivelato la guerra dichiarata in quegli anni dalla mafia allo Stato, colpendone un simbolo come gli Uffizi e uccidendo persone: anche a loro, alla famiglia Nencioni distrutta, al giovane studente Capolicchio e a tutti coloro che rimasero feriti, è dedicata questa mostra. E agli Uffizi, che pur continuando a mostrare i segni di quel disastroso attacco, seppero risollevarsi grazie al sostegno di tanti attori nelle Istituzioni e tra i cittadini. La direttrice di allora, Annamaria Petrioli Tofani, ebbe l’animo non solo di dirigere i lavori di ripristino ma anche di pensare al futuro, potendo contare su un collezionista e cittadino di eccezionale sensibilità come Giuliano Gori. Ricordare e ricostruire, in uno slancio di resistenza e speranza che, come in ogni guerra, è la vera arma della vittoria: e con l’arte, memento e segno tangibile che la civiltà non si cancella con le bombe”. (gci)

(© 9Colonne - citare la fonte)