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JONES RACCONTA "LEO CASTELLI, L'ITALIANO CHE INVENTO' L'ARTE IN AMERICA"

JONES RACCONTA

Roma, 29 nov - Un dandy, un grande gallerista, ma soprattutto un uomo. Questo era Leo Castelli, il mercante d'arte, d'origine triestina, che ha scoperto e valorizzato negli Stati Uniti gli espressionisti astratti dell'Action Painting, pittori del calibro di Jackson Pollock e Willem De Kooning, i neodadaisti Robert Rauschenberg e Jasper Johns, i protagonisti della pop-art Frank Stella e Cy Twombly. A lui il critico Alan Jones ha dedicato il libro “Leo Castelli: l’italiano che inventò l’arte in America”, presentato oggi a Roma presso la Galleria d’Arte Moderna. Presenti lo stesso autore, il ministro dei Beni culturali Francesco Rutelli, il critico d’arte Achille Bonito Oliva, Maria Vittoria Marini Clarelli, soprintendente alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea e Joseph Kosuth, artista statunitense dell'arte concettuale, che per ben 30 anni lavorò a fianco dello stesso mecenate. “Tanti sono i galleristi nel mondo, ma mai nessuno è stato così grande”. Questo, per Alan Jones era Castelli, un uomo che fece della propria galleria, al 420 di West Broadway “un luogo accogliente, che con tutti i suoi impegni passava il tempo a dare consiglio ai giovani artisti, e che non si preoccupava delle spese e al primo posto metteva sempre l’arte”. Il volume, pubblicato dalla casa editrice Castelvecchi, ripercorre la sua storia ed insieme anche il percorso artistico dei grandi espressionisti astratti dell'Action Painting, “una vera ricostruzione ambientale – secondo Maria Vittoria Marini Clarelli – appassionante come un romanzo e specchio dell’arte contemporanea”. “Castelli fu un dandy – ha sostenuto il critico d’arte Achille Bonito Oliva - che è riuscito ad inventare l’America per l’arte contemporanea, giocando su uno stile irripetibile. Lui fece da ponte per l’arte europea in America e per l’arte d’oltreoceano in Europa”. “La sua grande qualità – ribadisce Oliva - era la trasparenza che ne ha fatto di un uomo dal passato nomade un grande gallerista”. Il “re Mida dell’arte” ha saputo intuire le potenzialità creative e innovative di un gruppo di giovani artisti, imponendoli ai più importanti estimatori d'arte e, secondo quanto ha riportato alla mente Joseph Kosuth, è stato uno dei pochi galleristi a “rappresentare l’artista nel mondo, grazie al rispetto per chi creava che non per le cose create”. “Il suo grande pregio – ricorda ancora Kosuth - è stato quello di dare fiducia ai suoi adepti e di lasciare massima libertà”. (Cep)

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