Agenzia Giornalistica
direttore Paolo Pagliaro

A Mantova e Roma tre appuntamenti per scoprire Rubens

Mostre
Le grandi mostre in programma in Italia e quelle che hanno l'Italia, attraverso i suoi grandi artisti, come protagonista nel mondo. Lo "Speciale mostre" è un viaggio tra capolavori, opere d'avanguardia e sperimentali, pittura e scultura, memoria e identità, storia e filosofia, un tributo all'arte e ai suoi protagonisti e un modo per scoprire quanto di buono fanno le istituzioni nazionali e locali per il nostro patrimonio culturale e di creatività.

In arrivo a Mantova e Roma tre eventi espositivi dedicati al grande Rubens, artista fiammingo tanto amato dalle corti europee. Nel periodo che va dal 7 ottobre al 18 febbraio 2024, Fondazione Palazzo Te e Palazzo Ducale, entrambi a Mantova, e Galleria Borghese di Roma si uniscono in un ambizioso progetto che rende omaggio a Rubens, il pittore che così profondamente trasse ispirazione dalla cultura classica, lasciando un segno profondo e indelebile nelle corti italiane ed europee. “Rubens! La nascita di una pittura europea” è infatti l’iniziativa che raccoglie i tre eventi espositivi organizzati dalle tre istituzioni per celebrare il maestro di origini fiamminghe che con la sua opera divenne protagonista e archetipo assoluto del barocco: tre mostre che si inseriscono in una più ampia operazione culturale dedicata ai rapporti tra la cultura italiana e l’Europa vista attraverso gli occhi di Rubens. Dal 7 ottobre al 7 gennaio 2024, Palazzo Te dedica all’artista “Rubens a Palazzo Te. Pittura, trasformazione e libertà”, una mostra di ricerca che si concentra in particolare sul rapporto tra il pittore fiammingo e la cultura mitologica che incontra in Italia. A cura di Raffaella Morselli, l’esposizione ha l’obiettivo di creare una rispondenza tra opere e motivi decorativi e iconografici del Palazzo: un percorso paradigmatico che dimostra quanto le suggestioni rinascimentali elaborate da Rubens negli anni mantovani e italiani siano continuate, evolvendosi, nella pittura della sua maturità, fino a trasmettersi nell’eredità intellettuale e artistica lasciata ai suoi allievi. Le opere della mostra sono state scelte, dunque, in funzione del dialogo che riallacciano con i miti e dell’interpretazione che ne fece Giulio Romano nelle varie sale, fattori che contribuirono a generare nel pittore di Anversa una sintonia mai interrotta con il Rinascimento e il Mito. Nello stesso periodo (7 ottobre - 7 gennaio 2024), Palazzo Ducale dedica a Rubens il focus espositivo “Rubens. La Pala della Santissima Trinità”, incentrato su una delle più imponenti imprese portate a compimento dall’artista: il ciclo delle tre enormi tele per la Chiesa della Santissima Trinità, una delle quali è ancora oggi esposta a Palazzo Ducale e costituisce una tappa fondamentale nel percorso conoscitivo di questo grande artista. Rubens consolida il suo legame con Mantova quando, nel 1600, giunge da giovane promettente pittore alla corte di una delle più importanti signorie italiane: i Gonzaga. Se ne andrà circa dieci anni dopo, trentenne, con la fama di indiscusso maestro. Il progetto espositivo presenta un nuovo allestimento museografico e illuminotecnico dell’intero Appartamento Ducale, voluto da Vincenzo I e realizzato da Antonio Maria Viani: qui sono esposte opere della collezione permanente dal tardo Cinquecento al Seicento inoltrato. Punto focale del percorso è la Sala degli Arcieri, dove è esposta la Pala la cui vicenda viene raccontata da un’innovativa ricostruzione tridimensionale della chiesa della Santissima Trinità, oggi non più accessibile al pubblico. Dal 14 novembre al 18 febbraio 2024, sarà la volta della mostra alla Galleria Borghese di Roma: “Il tocco di Pigmalione. Rubens e la scultura a Roma”, a cura di Francesca Cappelletti e Lucia Simonato, indaga come le influenze del suo viaggio in Italia, compiuto nel primo decennio del XVII secolo, prendano un nuovo decisivo vigore negli anni successivi al suo ritorno in patria, anche grazie ai soggiorni italiani di suoi allievi fiamminghi. Il progetto sottolinea il contributo straordinario dato dall’artista, alle soglie del Barocco, a una nuova concezione di antico, di naturale e di imitazione, mettendo a fuoco la novità dirompente del suo stile nel primo decennio a Roma e come lo studio dei modelli potesse essere inteso come ulteriore slancio verso un nuovo mondo di immagini. L’eccezionale sede della Galleria Borghese offre inoltre l’opportunità inedita di vedere i grandi gruppi berniniani, la statuaria antica, le altre sculture moderne, spesso opera di artisti stranieri, in relazione diretta con i quadri e i disegni di Rubens, cogliendo quell’energia con cui l’artista investì i capolavori dell’antichità. “Rubens! La nascita di una pittura europea” è un’iniziativa culturale realizzata con il Patrocinio del Ministero della Cultura, in collaborazione con il Comune di Mantova e alcune delle più prestigiose istituzioni museali italiane e internazionali. Inoltre, accanto ai progetti espositivi, prevede incontri di approfondimento, conferenze, eventi e la realizzazione di pubblicazioni scientifiche dedicate al grande artista. (gci)

INTESA SP: ALLE GALLERIE D’ITALIA DI NAPOLI LE OPERE DI MARIO SCHIFANO

Intesa Sanpaolo apre al pubblico, dallo scorso 2 giugno fino al 29 ottobre, alle Gallerie d’Italia a Napoli, la mostra “Mario Schifano: il nuovo immaginario. 1960-1990”, dedicata a uno dei più importanti artisti italiani della scena nazionale e internazionale del XX Secolo, a cura di Luca Massimo Barbero. L’esposizione presenta oltre 50 lavori della produzione dell’artista dagli anni Sessanta agli anni Novanta, provenienti dalla Collezione di Intesa Sanpaolo, da importanti istituzioni culturali come il Museo del Novecento di Milano e la Galleria Internazionale d'Arte Moderna Cà Pesaro di Venezia, oltre che da gallerie d’arte e collezioni private nazionali ed internazionali, e si avvarrà della collaborazione dell’Archivio Mario Schifano. Mario Schifano inizia la sua carriera tra la fine degli anni Cinquanta e i primi anni Sessanta. La sua ricerca è inizialmente caratterizzata da una pittura monocroma, densa, con evidenti riferimenti al suo lavoro di restauratore di opere antiche nel museo d'arte etrusca e archeologica, dove il padre lo aveva indirizzato. È la densità dei neri dei vasi antichi che ispira il giovane artista per alcune delle sue più significative pitture di questo periodo nelle quali, fin da subito, affiorano l’interesse per l’inquadratura, lo schermo, il particolare. Il percorso espositivo della mostra parte proprio da queste prime opere monocrome rarissime, alcune delle quali provenienti dalla Collezione Luigi e Peppino Agrati, oggi parte del patrimonio artistico del Gruppo Intesa Sanpaolo e per la prima volta riunite in questa importante occasione. L’opera “Grande pittura” del 1963 introduce il tema delle insegne, rappresentate in mostra da pitture iconiche dedicate alla Esso, alla Coca Cola ed ai segnali urbani che caratterizzano la ricerca di Schifano nei primi anni Sessanta. La mostra procede affrontando i temi centrali in modo sintetico, ma antologico, e costruendo, sala per sala, momenti di approfondimento sulla sua produzione. Il pubblico può confrontarsi con dipinti dedicati ai grandi paesaggi italiani come “Ultimo autunno” (1964), opera fondamentale della Collezione Intesa Sanpaolo e, successivamente, con un piccolo capolavoro come “Futurismo rivisitato”, sempre conservato nella Collezione di Intesa Sanpaolo e dedicato ai maestri di quel movimento come Giacomo Balla, Gino Severini e Carlo Carrà. A conclusione di questa prima sezione vengono presentate ai visitatori alcune grandi opere come “Compagni Compagni” e “Tableau peint pour raconter l’inquietude amoureuse de Susi” che aprono alla sezione dedicata interamente ai Paesaggi TV. Per la prima volta sono esposte al pubblico una serie di opere degli anni Settanta denominate appunto Paesaggi TV: creazioni che, rivedendo la pittura attraverso l’utilizzo della macchina fotografica e l’emulsione del colore sulla tela, ripropongono fatti di cronaca, arte e pubblicità. L’allestimento evoca una sorta di quadreria da cui emergono una serie di immagini catturate dall’artista direttamente dal tubo catodico, come se lo spazio fosse invaso da schermi televisivi da cui emergono immagini fantasmatiche che evocano i suoi maestri: Giorgio De Chirico, Leonardo Da Vinci e Pablo Picasso. Il Salone Toledo, al piano terra, apre con un’opera fondante come “Festa Cinese”, di oltre sette metri, per poi riunire in modo scenografico gli ultimi tre decenni della produzione artistica di Mario Schifano che vanno dagli anni Settanta agli anni Novanta del Novecento. Tra le opere di grande formato il pubblico può ammirare lavori emblematici come “Gaston a cavallo” del 1986, due importanti opere “Gigli d’acqua” e “Acerbo” e tre grandi teleri contemporanei nei quali Mario Schifano rilegge la sua passione per lo schermo, per i media e per la contemporaneità. Questi impegnativi lavori ben illustrano la felicità creativa di Mario Schifano anche nella sua fase matura. Il catalogo della mostra è realizzato da Edizioni Gallerie d’Italia - Skira. Il museo di Napoli, insieme a quelli di Milano, Torino e Vicenza, è parte del progetto museale Gallerie d’Italia di Intesa Sanpaolo, guidato da Michele Coppola, executive director Arte, Cultura e Beni Storici della Banca. Giovanni Bazoli, presidente emerito di Intesa Sanpaolo, dichiara: “Siamo lieti di festeggiare il primo anno di attività delle nuove Gallerie d’Italia a Napoli rendendo omaggio a Mario Schifano, grande interprete dell’arte italiana e internazionale del secondo Novecento. Accanto a prestigiosi prestiti, la mostra presenta un significativo nucleo di opere di proprietà di Intesa Sanpaolo, tra cui alcuni capolavori della Collezione Luigi e Peppino Agrati. L’esuberante vitalità dell’arte di Schifano trova piena valorizzazione nei monumentali spazi del museo di via Toledo, che si conferma luogo di importanti progetti espositivi, capaci di contribuire alla vivacità culturale di una delle città più amate e visitate al mondo”. (gci)

A ROMA LA SCULTURA IPERREALISTA INTERNAZIONALE

Per la prima volta in Italia una mostra dedicata alla grande scultura iperrealista internazionale, raccontata attraverso i più importanti artisti contemporanei: dallo scorso 26 maggio fino all’8 ottobre, Palazzo Bonaparte di Roma ospiterà infatti un’esposizione dedicata alla scultura iperrealista, con 43 mega-installazioni dei più grandi artisti contemporanei. Si tratta di “Sembra vivo! Sculture iperrealiste dei più grandi artisti contemporanei”, ideata dall’Institut fur Kulturaustausch, curata da Maximilian Letze in collaborazione con Nicolas Ballario e prodotta e organizzata da Arthemisia, che ancora una volta, dopo il grande successo delle mostre dedicate a Jago e a Leandro Erlich, propone progetti nuovi e visionari d’arte contemporanea in Italia. La mostra vede come sponsor Generali Valore Cultura, special partner Ricola, mobility partner Atac e Frecciarossa Treno Ufficiale, media partner Urban Vision e partner Mercato Centrale Roma. Il catalogo è edito da Skira. Tra i 29 artisti esposti, spiccano alcuni tra i più importanti protagonisti internazionali dell’arte: da Maurizio Cattelan (presente con opere iconiche quali i piccioni dell’installazione “Ghosts” o la famosa banana, meglio detta “Comedian”) a Ron Mueck, che espone anche una gigantesca testa di uomo “Dark Place”, fino a George Segal, Carole Feuerman, Duane Hanson e molti altri ancora. Una vasta selezione di opere, provenienti da collezioni di tutto il mondo, che rivela il carattere internazionale del movimento iperrealista che, dagli anni ‘70 in poi, si è costantemente evoluto adottando tecniche sempre nuove e variegate di modellazione, fusione e pittura della materia, per raggiungere livelli sempre più alti nella rappresentazione realistica della figura umana. Le sculture iperrealistiche emulano le forme, i contorni e le texture del corpo umano o sue singole parti, creando una strabiliante illusione visiva e un’estrema verosimiglianza. “Sembra vivo!” è una mostra “supervisiva” che, tra arte e filosofia, vuole stimolare una riflessione sul significato dell’essenza del visibile attraverso opere e figure anonime a grandezza naturale, che riproducono in modo quasi maniacale la realtà, con grande attenzione per i dettagli più infinitesimali che creano un impatto quasi surreale, in una rappresentatività che supera il Realismo e travalica il senso del vero. (gci)

“MELMA”: A FIRENZE LE OPERE DI NICO VASCELLARI

Dopo le grandi mostre di Fabre, Penone, Gormley e Mattiacci, il Forte Belvedere di Firenze torna ad essere interamente occupato dal lavoro di un unico artista con un progetto espositivo inedito pensato per tutti i suoi spazi, tra i bastioni che si affacciano su Firenze e l’interno della Palazzina rinascimentale. Dal 24 giugno all’8 ottobre, infatti, ospiterà “Melma”, mostra di Nico Vascellari a cura di Sergio Risaliti, direttore del Museo Novecento, promossa dal Comune di Firenze e organizzata da MUS.E, prima tappa di un grande progetto dell’artista per la città di Firenze. L’esposizione include una selezione di opere inedite, concepite appositamente per questa occasione e realizzate con media diversi, come video, sculture, collage, installazioni e suono. All’esterno del Forte, sui bastioni, saranno installate nove opere scultoree fuse in alluminio oltre a due video presentati all’interno delle “cannoniere”, mentre le sale interne saranno occupate da un percorso espositivo con oltre trenta opere che, giocando su registri molto diversi tra loro, offriranno una panoramica ampia del lavoro di Vascellari concentrandosi sulla relazione tra uomo e natura, tra esistenza e trascendenza. “Melma” si dispiegherà a ottobre in diversi interventi in alcuni dei luoghi più prestigiosi del patrimonio storico-artistico della città. Piazza della Signoria, Palazzo Vecchio e il Museo Novecento ospiteranno una serie di opere, tra cui una nuova installazione per l’Arengario, una performance site specific ideata dall’artista per il Salone dei Cinquecento e una serie di lavori nella sede delle ex-Leopoldine, tenendo conto del peculiare rapporto tra Rinascimento e contemporaneità, tra lo spazio pubblico della piazza e il luogo politico per eccellenza rappresentato dal Salone dei Cinquecento in Palazzo Vecchio. In piazza della Signoria, dopo gli interventi di Koons, Fabre, Fischer e Vezzoli degli anni passati, l’arte contemporanea torna a essere protagonista. “Fioretti” è l’installazione site-specific pensata da Nico Vascellari per l’Arengario di Palazzo Vecchio, un’azione poetica e delicata allo stesso tempo, ispirata tanto alle immagini rinascimentali, come quelle del prato fiorito del Botticelli, quanto ai versi di Poliziano e di Pasolini. Il titolo dell’opera è da intendersi nella triplice accezione del termine fioretto come arma, atto di rinuncia e piccolo fiore. L’installazione sarà inaugurata il 3 ottobre. Nella stessa giornata, Vascellari darà vita ad “Alessio”, una performance pensata per il Salone dei Cinquecento che riflette sulle convenzioni e i codici della comunicazione non verbale. Infine, al Museo Novecento, sarà presentata una selezione di video realizzati dall’artista negli ultimi anni. Nico Vascellari (1976, Vittorio Veneto) porta avanti una ricerca che affronta, sin dagli esordi, pratiche diverse, dalla performance alla scultura, dall’installazione al disegno, dal video all’esplorazione del suono. Attraverso un approccio e uno sguardo antropologico, le sue opere analizzano la relazione tra uomo e natura, intrecciando la dimensione personale a quella collettiva. Riferimenti al mondo arcaico, ai rituali e al folklore si mescolano all’estetica underground divenendo la cifra stilistica di un linguaggio estetico ben riconoscibile. Nel 2005 ha fondato a Vittorio Veneto (Treviso) Codalunga, un progetto in continua evoluzione nato nello studio dell’artista, che si è diffuso in Italia e all’estero, ospitando mostre, performance e progetti sperimentali. Hanno preso parte al progetto artisti come Charlemagne Palestine, Jimmy Durham, Enzo Cucchi, William Basinski, Black Dice, Arto Lindsay, Prurient, Ghedalia Tazartes, John Duncan, Banks Violette, Ari Marcopoulos, Mat Brinkman e Diego Perrone. (gci)

“NATURALIS HISTORIA”: A COMO GLI SCATTI DI MARIO DE BIASI TRA NATURA E PLINIO IL VECCHIO

Tra natura e Plinio il Vecchio: la mostra fotografica “Mario De Biasi - Naturalis Historia”, in programma al Broletto di Como dallo scorso 2 giugno fino al 23 luglio e curata da Eugenio Bitetti e Massimiliano Mondelli, rintraccia il legame di carattere, inclinazione e disposizione verso il mondo che avvicina Plinio il Vecchio e Mario De Biasi, e lo fa attraverso l’opera di quest’ultimo, vissuto a duemila anni di distanza dal primo. Organizzata da Accademia Pliniana con il contributo di Fondazione Cariplo e Fondazione Alessandro Volta, in collaborazione con l’Archivio De Biasi e Galleria 70 di Milano, patrocinata dal Comune di Como e dal Comitato per le Celebrazioni del Bimillenario Pliniano, la mostra presenta 74 fotografie in bianco e nero, tutte in edizione vintage e realizzate tra gli anni ’50 e i primi anni ’80. L’esposizione è fra gli eventi più rilevanti delle Celebrazioni pliniane del 2023-2024 e si svolge in occasione dei 100 anni dalla nascita del grande fotografo bellunese. La descrizione del mondo in foto per mezzo di geometrie minute e ritmiche proporzioni vale quella tentata con la parola scritta, duemila anni fa, da Plinio il Vecchio. Queste sorprendenti e al tempo stesso naturalissime “correspondances” saranno il tema centrale della mostra. L’esposizione si concentra sulla natura, intesa come campo d’indagine privilegiato per la comprensione e la conoscenza del mondo: foto di strutture naturali, fossero esse piante, minerali o animali, raccolte per sé o per lavoro nel corso dei mille viaggi attorno al mondo da fotoreporter, o ancora geometrie riposte nelle nervature di una foglia come nella successione delle onde dell’oceano o nei fiumi di lava durante l’eruzione dell’Etna, a duemila anni da quella del Vesuvio di Plinio. Il Comitato Nazionale per le Celebrazioni del Bimillenario della nascita di Plinio il Vecchio, al quale partecipano alcune fra le maggiori autorità culturali italiane, è stato istituito con decreto ministeriale n. 87 del 20 febbraio 2023 dal Ministero della Cultura della Repubblica italiana con il compito di programmare, promuovere e curare lo svolgimento delle singole manifestazioni. Le Celebrazioni pliniane 2023-2024, che prevedono un ricchissimo programma di iniziative, sono sostenute dalle più rilevanti associazioni culturali della Città e del territorio, fra cui il Teatro Sociale di Como con AsLiCo e la Società Palchettisti, Villa Carlotta, Parolario, il Museo della Seta e l’Associazione Villa del Grumello. Nato nel 1923 a Sois, vicino Belluno, Mario De Biasi fu per moltissimi anni legato al territorio comasco per la salda e longeva amicizia con Bruno Munari, che aveva a Cardina il proprio studio-abitazione. De Biasi iniziò a fotografare nel 1945 grazie al ritrovamento fortuito di un manuale di fotografia e altro materiale fotografico tra le macerie di Norimberga, dove era stato deportato. Ritornato in Italia, tenne la sua prima mostra personale nel 1948 e nel 1953 entrò a far parte della redazione di Epoca, periodico per il quale realizzò, in più di trent’anni, centinaia di copertine e innumerevoli reportage da tutto il mondo. Fittissima la sua carriera espositiva, di cui vanno almeno menzionate la partecipazione alla rassegna “Gli Universalisti” alla Photokina di Colonia nel 1972, quella alla mostra del 1994 “The Italian Metamorphosis, 1943-1968” al Solomon Guggenheim Museum di New York (per il cui manifesto fu scelta la sua ora celeberrima fotografia “Gli italiani si voltano”) e la grande retrospettiva all’Arengario di Milano nel 2000. Vincitore dell’Erich Salomon Preis a Colonia nel 1964, Premio Saint Vincent per il giornalismo nel 1982, premio alla carriera al Festival di Arles del 1994 e Ambrogino d’Oro nel 2006, è presente nel volume “The Faces of Photography: Encounters with 50 Master Photographers of the 20th Century”. Nel 2003 è stato insignito del titolo di “Maestro della Fotografia Italiana” dalla FIAF (Federazione Italiana Associazioni Fotografiche), che gli ha dedicato un volume monografico nella collana “Grandi Autori”. Nel 2011, con la mostra “Changing Japan. 1950 - 1980”, coprodotta dalla Galleria 70, è stato il primo artista straniero a esporre al Photo Salon del Japan Camera Industry Institute di Tokyo. Nel 2013, durante il Photoshow di Milano, ha ricevuto il Premio AIF 2013 (Associazione Italiana Foto and Digital Imaging) alla Carriera. Mario De Biasi è morto a Milano nel 2013. (gci)

NELLA FOTO. Pieter Paul Rubens, Achille scoperto tra le figlie di Licomede, olio su tavola, 1630, 107,5x145,50 cm, Museo Nacional del Prado, inv. P002455 © Photographic Archive. Museo Nacional del Prado, Madrid

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