Tra gli appuntamenti più attesi dell'Estate Tizianesca, dallo scorso 30 luglio fino al 10 settembre la raffinata mostra "Tiziano, Valentin Lefèvre e il paesaggio" sarà allestita nella suggestiva Casa Natale di Tiziano a Pieve di Cadore (BL). Realizzata dalla Magnifica Comunità di Cadore in collaborazione con la Fondazione Centro Studi Tiziano e Cadore, la mostra è infatti un’altra imperdibile occasione, dopo quelle promosse negli scorsi anni, per scoprire opere e contenuti diversi dello straordinario patrimonio di stampe tizianesche conservato a Pieve di Cadore e di alcune recenti acquisizioni nelle raccolte della Fondazione Centro Studi Tiziano e Cadore. L’esposizione esprime la forte, continuativa e rinnovata sinergia tra le varie istituzioni impegnate, nel suo territorio d’origine, allo studio e alla promozione del lavoro di Tiziano, grazie anche all’impegno della Magnifica Comunità del Cadore e alla costante attività della Fondazione e del suo comitato scientifico presieduto da Stefania Mason a cui, in questo caso, si deve l’ideazione della tematica dell’esposizione, il paesaggio, oggi più che mai attuale. La relazione tra i paesaggi raffigurati nelle stampe e il territorio cadorino, con echi e rimandi alle montagne Patrimonio UNESCO, crea un dialogo affascinante tra l'arte e la natura circostante, invitando i visitatori a un'esperienza unica di scoperta e riflessione. La mostra consente anche di mettere a fuoco due aspetti spesso trascurati dell’arte di Tiziano, ovvero la grafica e la raffigurazione appunto del paesaggio, grazie anche al coinvolgimento come curatore dello studioso tedesco Peter Lüdemann, che torna ad occuparsi del grande Vecellio dopo la pubblicazione dell’opera "Tiziano. Le botteghe e la grafica". Inoltre, rivela al pubblico il talentuoso artista fiammingo del Seicento, Valentin Lefèvre, indagato con attenzione dagli studiosi solo negli ultimi anni. Valentin Lefèvre, pittore e incisore fiammingo nato a Bruxelles nel 1637, sarà attivo a Venezia dalla metà del Seicento fino alla sua scomparsa, nel 1677. Due personalità diversissime e dalle carriere divergenti, eppure se i dipinti di Lefèvre mostrano una chiara affinità con Paolo Veronese è nelle incisioni, come appare nelle venti stampe esposte che il fiammingo mostra un profondo rapporto con le opere di Tiziano. La distanza tra l'incisore belga e il Maestro si dissolve nello specifico quando si focalizza l'attenzione sull'idea e sulla resa del paesaggio, che se pure non centrale per Tiziano, certamente ha rivestito un’importanza decisiva quale cornice delle sue storie sacre e profane, dei suoi dipinti devozionali e delle sue più rare opere allegoriche in tutte le fasi della sua carriera. (gci)
A SERAVEZZA E LEVIGLIANI (LU) LE OPERE DI FILADELFO SIMI
“Filadelfo Simi. Parigi, Firenze e la Versilia. Il viaggio della vita” è il titolo della mostra che la Città di Seravezza (LU), la Fondazione Terre Medicee, e la Comunità di Levigliani (LU) dedicano al grande maestro dell’800 italiano nel centenario dalla morte (Simi nasce a Levigliani l’11 febbraio 1849 e muore a Firenze il 5 gennaio 1923). La rassegna, visitabile dallo scorso 31 luglio fino al 22 ottobre, si compone di oltre cinquanta opere allestite in tre sedi: le Scuderie Granducali e Palazzo Rossetti a Seravezza e Palazzo Simi a Levigliani, intende presentare il pittore stazzemese sotto una nuova luce. A cinquantacinque anni dalla Mostra Fiorentina di Palazzo Strozzi, curata da Pietro Annigoni e a trentotto da quella al Mediceo di Seravezza, curata da Giampaolo Daddi, la mostra attuale vuole apportare nuove conoscenze sul Simi, in particolare sul suo periodo francese, sui suoi legami con il mondo del marmo e della scultura e sui suoi periodi di soggiorno in Versilia, anche alla luce dell’analisi di quanto contenuto in termini di immagini e documenti, nell’Archivio Simi. Il riconoscimento delle sue straordinarie capacità pittoriche e grafiche, Simi, lo ricevette già in vita con numerosi premi e incarichi prestigiosi. Mentre i suoi insegnamenti furono di riferimento per molti artisti, nazionali e internazionali. Lo Studio fiorentino di Via dei Tintori, che la figlia Nera ereditò, è stato attivo fino al 1987: qui si insegnava il metodo Jerome, che Filadelfo Simi aveva appreso negli anni del suo soggiorno parigino. Nella produzione di Filadelfo il tema degli affetti e della vita familiare ha sempre avuto un importante risalto. L’omaggio che rese ai genitori con la stesura del famoso dittico, presente in mostra, trova eco negli innumerevoli ritratti della moglie dei figli, nonché nelle opere dell’ultimo periodo, dove le scene di vita familiare quotidiana diventano un tema ricorrente. (gci)
“LUCE E OMBRA”: A MILANO GLI SCATTI DI STEFANO BABIC
In apertura della settimana della moda milanese, Other Size Gallery presenta la mostra personale “Stefano Babic. Luce e Ombra”, a cura di Claudio Composti. Dal 19 settembre al 17 novembre, attraverso un nucleo di quattordici scatti di grande formato, la galleria milanese punta l’attenzione su uno dei grandi fotografi di moda italiani. Nelle sue sale trovano spazio un selezionato ma significativo corpus di ritratti in bianco e nero dei primi anni ‘80 fino alla fine degli anni ’90 - i suoi scatti più noti - e foto più recenti frutto della sua ricerca nella fotografia artistica. Babic scolpisce con la luce immagini di grande effetto visivo ed eleganza. Profili di donne rapite in un gesto, in un sorriso, ritratti di top model che sembrano più giocare con la vita che posare. Immagini che rivelano la sua idea di fotografia, cinematografica e dinamica, lontana dal solo sfoggio di un abito. Una fotografia dinamica e mai posata, quella di Babic, che trae le mosse da tecniche cinematografiche apprese nei primi anni del suo percorso professionale quando ritraeva attrici e attori di fama internazionale. Passando per la pubblicità, Babic approda al mondo della moda per il quale produrrà alcune delle foto più iconiche degli anni '80, per le maison più prestigiose. A partire dal sodalizio con Moschino, di cui ha firmato le campagne pubblicitarie più significative che hanno reso il marchio riconoscibile in tutto il mondo, una lunga serie di incontri importanti ha segnato la sua carriera, come Capucci, Gianfranco Ferrè, Dolce & Gabbana. Con il suo sguardo ha contribuito a creare nell’immaginario collettivo l‘idea di “glamour” immortalando eleganza, vanità e sensualità. Stefano Babic (Roma, 1948) è un grande fotografo protagonista della moda anni ’80. Ha creato in quegli anni l’immagine iconica e senza tempo di Moschino, contribuendo così al successo del lancio del brand nel mondo. Le sue fotografie sono state pubblicate su numerose riviste del settore, tra le quali Vogue Italia, L’Uomo Vogue, Vogue Gioiello, Vogue Pelle, Vanity, Amica, IO Donna e Style/ Corriere della Sera. Nel 2018 Babic ha inaugurato la mostra “L’io Di_Viso Metamorfosi del contemporaneo” presso il Casello Daziario di Milano, una serie di ritratti dal titolo dell’opera omonima del filosofo e psichiatra scozzese Ronald Laing (L’Io diviso – Einaudi 1959) testo importante sul fenomeno della schizofrenia. Nel 2022, quattro sue opere sono state trasformate in NFT ed esposte durante la 59esima Biennale di Venezia al Decentral Art Pavillion, dove ha avuto luogo la prima grande mostra dedicata agli NFTs. Dopo essere stato per dieci anni docente all’Accademia di Brera, collabora oggi con l'Istituto Europeo di Design (IED) a Milano e si dedica a progetti personali di Fine Art. (gci)
L’AFRICA ESPOSTA AI MUSEI REALI DI TORINO
Il 27 ottobre apre nelle Sale Chiablese dei Musei Reali di Torino la mostra “Africa. Le collezioni dimenticate”, a cura di Elena De Filippis, Enrica Pagella e Cecilia Pennacini, realizzata dai Musei Reali con la Direzione regionale Musei del Piemonte e il Museo di Antropologia ed Etnografia dell’Università di Torino (MAET), la collaborazione di CoopCulture e il supporto della Fondazione Santagata per l’Economia della Cultura per il programma di attività collaterali. “Africa. Le collezioni dimenticate” presenta, fino al 25 febbraio 2024, oltre 150 oggetti tra statue, utensili, amuleti, gioielli, armi, scudi, tamburi e fotografie provenienti dalle collezioni sabaude e dal MAET di Torino, con prestiti da Palazzo Madama - Museo Civico d’Arte Antica di Torino e dal Museo delle Civiltà di Roma. Il percorso è suddiviso in cinque sezioni, organizzate intorno alle personalità torinesi presenti in Africa nella seconda metà dell’Ottocento, le cui raccolte sono confluite nelle collezioni pubbliche. Tra il 2022 e il 2023 i Musei Reali e la Direzione regionale Musei hanno condotto interventi di recupero e restauro delle collezioni africane presenti nei depositi dell’Armeria Reale e nelle raccolte dei Castelli di Aglié e di Racconigi, e hanno sostenuto progetti di ricerca sugli album fotografici conservati alla Biblioteca Reale di Torino e nelle due residenze sabaude: centinaia di opere, sottratte all’oblio, sono state catalogate e restaurate. Nel corso del progetto è emersa la necessità di confrontarsi con esperti di storia africana e con le comunità di origine per costruire un dialogo, un ponte interculturale e una chiave di accesso alla realtà contemporanea dei nuovi cittadini, provenienti in particolare dal corno d'Africa. Da questa riflessione è scaturita la collaborazione con il MAET e con l'artista concettuale Bekele Mekonnen Nigussu, docente all’Università di Addis Abeba, il quale, grazie alla mediazione di Lucrezia Cippitelli, è stato ospite ai Musei Reali per una residenza di ricerca, finalizzata alla creazione di un’opera site-specific per la mostra. La mostra è resa possibile grazie a un finanziamento della legge 77/2006 che sostiene progetti dei siti italiani posti sotto la tutela dell'UNESCO, come il sito delle Residenze sabaude, e a un contributo dei Musei Reali di Torino. Un programma di disseminazione accompagna la narrazione scientifica ed etica del percorso attraverso una serie di eventi, che intrecciano approfondimenti istituzionali e cultura visiva, performance musicali e artistiche. Il Public Programme, sviluppato dalla Direzione regionale Musei con i Musei Reali, l’Università di Torino e il supporto della Fondazione Santagata per l’Economia della Cultura, è teso a coinvolgere le istituzioni del territorio e i nuovi spazi culturali che operano con intenti sociali: attività per ragionare sulla storia delle relazioni tra l’Italia e l’Africa a partire dal patrimonio comune, aprire il dibattito su questioni che riguardano la decostruzione delle narrazioni coloniali, nuove cittadinanze, l’emergenza di storie e produzioni culturali ibride. Il programma, che includerà laboratori presso le scuole di Agliè e Racconigi, sarà ospitato al Circolo dei Lettori, ai Musei Reali, a Palazzo Madama, al Museo d’Arte Orientale, al Castello di Racconigi, al Castello di Agliè, a Palazzo Carignano, nella Casa di quartiere San Salvario, all’Archivio Nazionale Cinematografico della Resistenza e coinvolgerà anche l’Associazione Donne Africa Subsahariana e II Generazione e il Centro Interculturale della Città di Torino. (gci)
A PERUGIA L’ESPOSIZIONE PER RICORDARE SANDRO PENNA
Una mostra alla scoperta di Sandro Penna (1906-1977), uno dei poeti più sensibili e profondi dell’intero Novecento italiano: l’esposizione, dal titolo “Un mare tutto fresco di colore. Sandro Penna e le arti figurative”, presenterà 150 opere di autori quali Pablo Picasso, Jean Cocteau, Filippo De Pisis, Mario Mafai, Tano Festa, Mario Schifano, Franco Angeli e altri a Perugia, nella Galleria Nazionale dell'Umbria, dal 6 ottobre al 14 gennaio 2024. La mostra, a cura di Roberto Deidier, Tommaso Mozzati e Carla Scagliosi, indaga il rapporto di Penna con il mondo dell’arte, mettendo a fuoco i gusti e le tendenze diffusi sulla scena culturale fra gli anni Quaranta e gli anni Settanta, della quale il poeta fu un assoluto protagonista, al pari di Pier Paolo Pasolini, Alberto Moravia ed Elsa Morante, suoi amici e colleghi. La rassegna, per la prima volta, offrirà al visitatore l’occasione di ammirare un vasto nucleo, recentemente identificato, di opere provenienti dalla casa del poeta, in via Mole de’ Fiorentini a Roma dove, oltre a intrattenersi con pittori, scultori, galleristi e letterati, Penna svolgeva la sua attività di mercante d’arte. Il percorso si completa con un’accurata scelta di autografi, diari e lettere, indispensabile, assieme alle prime edizioni e ai materiali audiovisivi, per far luce sulle passioni dello scrittore, attraverso il colto dialogo fra immagine e parola scritta. Proprio questo dialogo ha suggerito alla letteratura critica un parallelo fra la sua opera letteraria e il mestiere di pittore, commentando la sintonia intima, cifrata, intessuta dai suoi versi con le espressioni plastiche coeve. In particolare, il critico letterario Cesare Garboli fu il primo a sottolineare quanto Penna solesse trattare le proprie poesie “come fossero dei quadri”. E altri, da Luciano Anceschi a Carlo Levi, da Dario Bellezza a Elio Pecora, hanno intravisto nella sua lirica gli echi più svariati, da Matisse a Watteau, da Scipione a Rosai, passando naturalmente per il Perugino e i suoi paesaggi chiari ed evocativi, pieni d’aria e d’azzurro. (gci)
NELLA FOTO. Valentin Lefèvre (Bruxelles, 1637 ca. – Venezia, 1677) da Domenico Campagnola (Venezia, 1500 ca. – Padova, 1564)
Paesaggio con edifici rustici e lavandaie
Acquaforte su carta bianca, 271 × 390 mm Pieve di Cadore, Fondazione Centro Studi Tiziano e Cadore
Iscrizioni: in basso, a circa un terzo di larghezza dal margine sinistro «TITIANO I. – J. Van Campen Formis Venetÿs», a destra «V. lefebre del. et sculp.»
Bibliografia: Morassi 1954, p. 185; Chiari 1982, cat. 108, p. 116; Ruggeri 2001, cat. I. 26, p. 218