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Giorgio Mobili: un 'ponte' di poesie tra Italia e Usa

Giorgio Mobili: un 'ponte' di poesie tra Italia e Usa

Giorgio Mobili è uno dei talenti italiani che ha scelto di vivere la propria vita lontano dall’Italia. Ha scelto l’America dei sogni, delle aspettative e delle grandi opportunità. Lo ha fatto subito dopo la laurea conseguita a pieni voti e con la lode all’Università di Pavia. “Avevo deciso di imparare bene l’inglese fin da quando, da bambino, scoprii, incappando in uno di quei film (rarissimi all’epoca) trasmessi in lingua originale alla tivù, che la voce di Robert de Niro era in realtà quella di Ferruccio Amendola, e che tutti gli attori che amavo in realtà parlavano non in italiano, ma in una lingua incomprensibile” ricorda Mobili, classe 1973, negli U.S.A. dal 1999.  “E poi anche perché sono cresciuto in un ambiente familiare la cui colonna sonora era il country-rock americano che ascoltava mio padre, grandi cantautori di cui, però, non mi garbava affatto di non capire le parole. Quando anni dopo si presentò l’occasione di studiare negli Stati Uniti, suonò come un’ingiunzione del destino”. Critico letterario, poeta e traduttore, Mobili insegna alla California State University di Fresno ed è autore di vari saggi. Ha pubblicato cinque raccolte di poesie in italiano: “Penelope su Sunset Boulevard” (2010), “Planet Maruschka” (2013), “Waterloo riconquistata” (2014), “ Miracoli ed effetti” (2016) mentre “Missori/Missouri” è il suo ultimo libro, che inaugura la collana I nodi di Edizioni Fili d'Aquilone dedicata alla poesia italiana contemporanea.

 

L'autore  è nato a Milano, vive negli Stati Uniti dove insegna alla California State University di Fresno.  Giorgio è un punto di riferimento nella formazione dei ragazzi. E di questo va orgoglioso. Pur sentendone l’onere: “Anche (o soprattutto) in quest’epoca di profonda svalutazione della docenza, sotto attacco dei poteri forti e della macchina della disinformazione, il lavoro dell’insegnante resta importante, anche se è impossibile valutare per chi e fino a quando. Ma assumere il posto di soggetto supposto sapere nella vita di uno studente, anche solo per alcune settimane, è un incarico di responsabilità che non va mai preso alla leggera. E se anche un solo studente viene a dirti che gli hai instillato un desiderio di approfondire, questo vale trent’anni di carriera”.

Una carriera che è partita nel 1999. Ma che cosa si è portato dell’Italia negli Stati Uniti? “Si comincia sempre con il grana in valigia, poi si impara a ridurre tutto all’essenziale (e d’altra parte il grana si trova ormai anche qui). E per me l’essenziale sono i ricordi, i luoghi, i suoni nativi che ho sentito il bisogno di consegnare alla pagina scritta. Non è forse un caso che abbia cominciato a scrivere seriamente solo dopo la mia partenza dall’Italia”. Un’Italia che inevitabilmente gli manca: “Mia madre, in particolare, che non c’è più. E poi senz’altro quell’urbanistica, anch’essa molto materna, della cittadina italiana degli anni ‘80, dove esci di casa e il panettiere è a tre passi, fai una passeggiata, ti fermi in un bar a prendere un cappuccino con un amico e alla trattoria ormai ti conoscono e ti offrono l’amaro. Tutte cose impensabili qui negli Stati Uniti, e il cui valore, però, apprezzi appieno solo dopo averle abbandonate per sempre”. La scrittura, però, gli permette di mantenere viva quella parte dell’Italia per lui fisicamente così lontana, anche se ci torna ogni anno, ma emotivamente e sentimentalmente così vicina al suo cuore: “Per me la poesia è un sortilegio che fa rivivere ciò che è andato perduto, è un’astronave abilitata al viaggio per spazi e tempi che non esistono più. In poesia, luoghi, personaggi e occasioni riaffiorano nel giro di pochi versi per interagire in modi imprevedibili. E poiché questa operazione di salvataggio non riesce mai completamente, (è fuggevole e non è mai fedele), si scrive sempre un’altra poesia, e poi un’altra...”. Le ultime pubblicate sono contenute nella sua ultima raccolta Missori-Missouri (Missori come la fermata della metro di Milano e Missouri come lo stato degli Usa), che ha presentato questa estate in Italia, in un tour che lo ha portato in giro per il Belpaese. È forse la sintesi perfetta della vita di Mobili? “Parafrasando Pasolini, la sintesi perfetta di una vita si compie soltanto dopo la morte. Essendo ancora vivo, definirei Missori-Missouri una sintesi imperfetta, ma senz’altro abbastanza accurata, perché l’enigma (poetico, esistenziale) per me è sempre stato quello della distanza da coprire, negoziare, ricalcolare, annullare; il senso segreto dei luoghi a cui ritorno senza sosta, di persona o nell’immaginazione: Roma, Pavia, Pietra Ligure, Milano, Arezzo, Viña del Mar, San Francisco...”. (BIG ITALY / Tis)

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