Agenzia Giornalistica
direttore Paolo Pagliaro

TREMANO ANCORA
I CAMPI FLEGREI

È stata di nuovo una notte di paura a Napoli e nei comuni ad ovest della città, a causa di una forte scossa di terremoto che è durata alcuni secondi, verso le 3.35 di questa notte. Il sito di INGV ha registrato l’ipocentro nella zona dei Campi Flegrei, tra Bagnoli e Pozzuoli, molto superficiale, circa 3km di profondità. La magnitudo registrata è stata di 4.2 della scala Richter, “la più intensa degli ultimi 40 anni” in questa zona, fanno sapere dall’Istituto di Vulcanologia, sicuramente la più forte dello sciame sismico di oltre 60 scosse che sta interessando l’area da ieri mattina.

Secondo la Protezione civile, al momento non sono stati segnalati danni, né feriti, se non tanta paura tra la popolazione che però sta purtroppo cominciando ad abituarsi ad un nuovo fenomeno di bradisismo, come accadde già circa 40 anni fa, dopo il terribile terremoto che sconvolse l’Irpinia.

Intanto, una task force del Comune di Napoli sta verificando la manutenzione degli edifici scolastici e il sindaco Gaetano Manfredi fa sapere in una nota che sta seguendo “in prima persona” l’evolversi della situazione.

In difficoltà il traffico ferroviario alla stazione centrale di Napoli, con molti treni fermi nelle prime ore della mattina, per verifiche sulla rete ferroviaria. Il ripristino graduale della circolazione è cominciato alle 8, “a seguito delle verifiche di sicurezza in corso sulla rete ferroviaria”, come fanno sapere da Ferrovie dello Stato, ma i treni hanno comunque accumulato ritardi fino a tre ore.

Il sindaco di Pozzuoli, Gigi Manzoni ha fatto sapere sui social che sono stati predisposti controlli agli edifici scolastici per “verificare eventuali danni”. Per questa ragione, è stata emessa un’ordinanza per la “sospensione dell’attività didattica” nelle scuole del comune.

A Bacoli, invece, il Sindaco ha invitato la popolazione a rimanere informati, consultando il Piano della Protezione Civile di emergenza.

Ma cosa sta succedendo ai Campi Flegrei?

Le scosse di terremoto, in una delle zone più sismiche del paese, nel mese di settembre si sono registrate con una cadenza quotidiana e una frequenza sempre più alta. Secondo gli esperti, si tratta di un fenomeno destinato a durare e, soprattutto, ad aumentare, ed ampiamente previsto. Finora sono state registrate anche 1200 scosse nell’arco di un solo mese. Il fenomeno è accompagnato dal sollevamento del terreno ad una media di 15 centimetri al mese.

Dall’Osservatorio Vesuviano dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia fanno sapere che l’ultimo sisma avvertito questa notte s’inquadra “nella dinamica bradisismica, che negli ultimi giorni ha subito una lieve accelerazione” e che il fenomeno di “sollevamento del suolo si sta leggermente intensificando”. 

Gli esperti però rassicurano che, al momento, non è possibile ravvisare segnali che la situazione possa avere “significative evoluzioni a breve termine”, anche se l’ipotesi di “una diversa evoluzione degli scenari di pericolosità” non può essere esclusa.

La percezione della forte intensità di queste frequenti scosse, secondo i vulcanologi, è dovuta alla relativa superficialità dell’ipocentro in cui si registrano.  Secondo Giuseppe Mastrolorenzo, vulcanologo, primo ricercatore dell’Ingv, infatti, “una scossa di 3,5 gradi nella zona appenninica dell’Umbria o dell’Abruzzo è avvertita in maniera meno forte rispetto a una di analoga magnitudo a Pozzuoli”. Questo perché nei Campi Flegrei l'ipocentro è concentrato entro 2 km di profondità o al massimo fino a 4,5 chilometri, a differenza dei terremoti che, ad esempio, si verificano nel centro Italia, registrati sempre a decine di chilometri di profondità.  Dunque, l’intensificarsi degli episodi, secondo i vulcanologi è dovuto ad un aumento del tasso di deformazione del suolo.

“La buona notizia è che quanto sta accadendo non è direttamente riferito al magma. Quella cattiva, invece, è che non possiamo prevedere precisamente cosa accadrà in un sistema così complesso. Ogni analisi statistica perde rilievo su una eventuale eruzione. Anche perché abbiamo pochi precedenti. L’ultima eruzione è datata 1538 e produsse il cono di quello che conosciamo come Monte Nuovo. Per le altre dobbiamo andare indietro nel tempo, alla Preistoria praticamente”. Riferisce sempre Mastrolorenzo in un’intervista al Corriere del Mezzogiorno.

La cattiva notizia però è che, ad oggi, non è possibile stabilire quale sia l’evoluzione del bradisismo, prima di un’eruzione: “sappiamo molto su questi fenomeni – precisa Mastrolorenzo -, ma non sappiamo tutto. Per questo non bisogna sempre fare previsioni ottimistiche. Ma essere pronti a poter intervenire”.

E per intervento s’intende ovviamente un piano di evacuazione che, come si sa, per un’area così densamente popolata e urbanizzata come quella che è attorno ai Campi Flegrei, diventa molto difficile da gestire.

Secondo gli esperti, infatti, il rischio maggiore è causato dalle nubi di gas e cenere (quelle, per intenderci, che distrussero Pompei ed Ercolano nel 79 D.C.) che si potrebbero generare, in uno scenario di una possibile eruzione. Secondo il Piano di evacuazione attuale, però, l’area interessata, la cosiddetta zona rossa, coprirebbe solo la zona dei Campi Flegrei, fino ai quartieri periferici della città di Napoli, prevedendo quindi l’evacuazione di circa 700mila persone. Ma gli scenari peggiori potrebbero interessare l’intera città di Napoli, ossia circa 3 milioni di abitanti.

Per questa ragione, i vulcanologi che studiano da anni l’area lanciano l’allarme sulla necessità di aggiornare preventivamente i piani di emergenza. (27 set - alp)

(© 9Colonne - citare la fonte)