In linea con le tendenze emerse nel Paese negli ultimi otto anni, rileva l’Istat nel report sulle previsioni della popolazione residente e delle famiglie, lo scenario di previsione “mediano” contempla un calo della popolazione residente anche nei successivi otto: da 59 milioni al 1° gennaio 2022 (punto base delle previsioni) a 58,1 milioni nel 2030, con un tasso di variazione medio annuo pari al -2‰. Nel medio termine la diminuzione della popolazione risulterebbe più accentuata: da 58,1 milioni a 54,4 milioni tra il 2030 e il 2050 (tasso di variazione medio annuo pari al -3,3‰).
Nel lungo termine le conseguenze della dinamica demografica prevista sulla popolazione totale si fanno più importanti. Tra il 2050 e il 2080 la popolazione diminuirebbe di ulteriori 8,5 milioni (-5,7‰ in media annua). Sotto tale ipotesi la popolazione totale ammonterebbe a 45,8 milioni nel 2080, conseguendo una perdita complessiva di 13,2 milioni di residenti rispetto a oggi.
L’evoluzione della popolazione totale rispecchia il principio, tipico delle previsioni demografiche, di risultare tanto più incerta quanto più ci si allontana dall’anno base. Nel 2050 il suo intervallo di confidenza al 90% (ovvero che il suo presunto valore cada tra due estremi con probabilità pari al 90%) oscilla tra 52,2 e 56,5 milioni. Trenta anni più tardi si è tra 39 e 52,8 milioni.
Pertanto, nell’ipotesi più favorevole la popolazione potrebbe subire una perdita di “soli” 6,2 milioni tra il 2022 e il 2080, di cui 2,5 milioni già entro il 2050. Nel caso meno propizio, invece, il calo di popolazione sfiorerebbe i 20 milioni di individui tra oggi e il 2080, 6,8 milioni dei quali già all’orizzonte del 2050. Sembra inevitabile, quindi, che la popolazione diminuirà, pur a fronte di evidenze numeriche profondamente diverse, una dall’altra, che richiamano nell’immagine scenari non solo demografici ma anche sociali ed economici di impatto altrettanto diverso.
Il progressivo spopolamento investe tutto il territorio, pur con differenze tra Nord, Centro e Mezzogiorno, che fanno sì che tale questione raggiunga una dimensione significativa soprattutto in quest’ultima ripartizione. Secondo lo scenario mediano, nel breve termine si prospetta nel Nord (+0,3‰ annuo fino al 2030) un lieve ma significativo incremento di popolazione, al contrario nel Centro (-1,6‰) e soprattutto nel Mezzogiorno (-5,5‰) il calo di residenti risulta irreversibile.
Nel periodo intermedio (2030-2050), e ancor più nel lungo termine (2050-2080), tale quadro demografico punta a espandersi, con un calo di popolazione generalizzato a tutte le ripartizioni geografiche ma con più forza in quella meridionale. Guardando al lungo periodo, il Nord potrebbe ridursi di 2,7 milioni di abitanti entro il 2080 ma di appena 276mila se si guardasse al 2050. Ben diverso è il percorso evolutivo della popolazione nel Mezzogiorno, la quale nel 2080 potrebbe ridursi di otto milioni di unità, 3,6 milioni dei quali già entro il 2050.
Naturalmente, le considerazioni di cui sopra vanno anche valutate alla luce della profonda incertezza che le sovrasta. Nel Nord è potenzialmente possibile anche un percorso di progressiva crescita demografica (fino a 28,5 milioni di residenti entro il 2080), come rappresentato dai limiti superiori dell’intervallo di confidenza lungo tutto l’orizzonte previsivo. Viceversa, tanto nel Centro quanto nel Mezzogiorno tale possibilità non è mai contemplata, nemmeno sotto le ipotesi di scenario più favorevoli. (28 SET - deg)
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