di Paolo Pagliaro
Utilizzando uno scanner e una stampante 3D, un gruppo di specialisti riusciva a produrre maschere di compressione personalizzate per il trattamento delle ustioni al viso: uno strumento necessario per la guarigione e per i successivi interventi di chirurgia ricostruttiva. Accadeva a Gaza City, in una clinica gestita da Medici senza Frontiere. Se ne parla al passato perché nei giorni scorsi, colpita dai mortai, la clinica che curava le vittime del fuoco è andata essa stessa in fiamme, e ora non potrà più curare nessuno. In tutta la Striscia di Gaza i bombardamenti di Israele e gli scontri con Hamas hanno portato alla distruzione di gran parte degli ospedali e alla morte di centinaia di persone tra pazienti e personale sanitario. Ieri in uno degli ultimi ospedali ancora attivi nel nord dell Striscia, quello di Al Awda, sono stati uccisi tre medici, due dei quali volontari di Medici senza Frontiere.
L’organizzazione non governativa si dice inorridita e denuncia il fatto che a Gaza si stia combattendo una guerra che va oltre ogni regola. Premesso che la guerra esiste, è sempre esistita e, probabilmente, sempre esisterà, Medici senza Frontiere ricorda che il diritto internazionale umanitario non chiede pace, né giustizia, ma il rispetto, durante i conflitti, del principio di distinzione tra obiettivi militari e popolazione civile. Chiede anche, il diritto internazionale, l’osservanza dei principi di umanità e proporzionalità, che impongono limiti e condizioni all'utilizzo della forza. La violazione di questi principi è un crimine ed è anche un grave danno che Netanyahu sta arrecando all’immagine del proprio Paese.