MONICA GUERRITORE PORTA IN SCENA FEDERICO FELLINI PER LA PRIMA VOLTA NEI TEATRI ITALIANI CON "GINGER & FRED"
Monica Guerritore porta in scena per la prima volta in teatro il capolavoro di Federico Fellini “Ginger & Fred”. Lo spettacolo, con l’adattamento e la regia di Monica Guerritore, che ne è interprete con Pietro Bontempo e una compagnia di 10 attori, toccherà i palcoscenici di tutta Italia per cinquanta date ed è una produzione di Teatro della Toscana, Accademia Perduta/Romagna Teatri, Società per Attori. Il tour si aprirà il 15 dicembre per la prima nazionale al Teatro Masini di Faenza, dal 9 al 21 gennaio sarà al Teatro Quirino di Roma (escluso il 15) e dal 30 gennaio al 4 febbraio al Teatro della Pergola di Firenze. Tutte le date e i link per l’acquisto dei biglietti si trovano online sul sito: https://linktr.ee/guerritore_gingerfred. Amelia Bonetti e Pippo Botticella in arte Ginger e Fred, due ex ballerini un tempo famosi, vengono invitati a partecipare allo show di Natale di una televisione privata. Accettano intenzionati a ritrovare la magia del palcoscenico e forse, almeno per Amelia, riannodare i fili di un amore interrotto. Scaricati in un piazzale deserto davanti ad un albergo a cui è andata via la luce, si ritrovano inseriti in un gruppo di sosia con cui pensano inizialmente di non avere nulla in comune. Nella notte e poi in sala trucco, prima che il teatro stesso, pubblico in platea compreso, diventi lo studio dello show e il presentatore, come il domatore di un circo, li faccia entrare, come bestie ammaestrate insieme agli altri compagni d’avventura, questa piccola umanità fatta di personaggi bizzarri e imperiosi, pavidi e coraggiosi, si imporrà, intenerendo il pubblico per la realtà delle loro vite. Tutto comico e tragico allo stesso tempo, nell’esaltazione di un’attesa che li porterà per pochi attimi sotto le luci dei riflettori. Commenta Guerritore: “La mia non è una mera trasposizione scenica ma una vera e propria rilettura ‘politica’ dell’intuizione felliniana oggi più che mai attuale. La battaglia di Fellini (non si interrompe così un’emozione) va oltre l’interruzione di un racconto, un film, che è un’opera finita e per questo intoccabile, ma mette l’accento soprattutto sulla potenza del bombardamento pubblicitario che trasforma lo spettatore in consumatore rendendolo ignoto anche a se stesso”. Aggiunge Guerritore: “Il tempo costa in tv e il tempo in tv rende... Fretta, fretta… Niente ha il tempo di generarsi, maturarsi, emergere: tutto è di seconda mano, tutto è approssimativo, tutto è orecchiato. Da qui la mia scelta di immaginare lo show televisivo a cui parteciperanno come la serata dei sosia, una umanità minore, ribalda e affamata, che per esistere si rispecchia nella tv, ne assume l’iconografia e il lessico. Non ci sono buoni e cattivi, Pippo e Amelia, Ginger e Fred, inizialmente fuori posto in quel gruppo di gente che assomiglia a qualcun altro, sono anche loro di seconda mano: ballano su passi creati da altri. Ma a loro non basta la luce dei riflettori , è la magia portata dalla bellezza di quell’attimo sul palco che vogliono ritrovare. Con questa aspettativa i due affrontano le ore che precedono la registrazione dello show, parte di un gruppo che non li conosce e nel quale, inizialmente estranei, durante l’attesa si integrano”. Dice ancora Guerritore: “Come in Brecht, a cui Fellini è intimamente legato, è nell’osservazione di questo piccolo popolo, nella comprensione, nella partecipazione alle loro vite disvelate durante le ore di attesa, nella loro umanizzazione prima di essere usati come ‘caricature’ e spediti al massacro, che emerge la pietas che lo spinge a scrivere e dirigere Ginger & Fred. Stesso sentimento che mi ha accompagnato in questo anno di lavoro, che mi ha fortemente motivato nel metterlo in scena. Scena ‘luogo’ dove si compie il nostro mestiere. Osservando noi stessi lassù potremo riconoscere il nostro stesso smarrimento gonfio di un malessere che stemperiamo con la leggerezza di una serata di festa”.(PO / Gil / red)
Credits fotografici: Manuela Giusto
A ROMA “LA MOGLIE PERFETTA” CON GIULIA TRIPPETTA
Il Teatro Kopò di Roma (Via Vestricio Spurinna,47) accoglie il 16 e il 17 dicembre, “La moglie perfetta”, brillante spettacolo scritto, diretto e interpretato da Giulia Trippetta. Una lavagna in scena, una sedia di scuola, una donna vestita anni ’50. Ci racconta la storia di una ragazza giovane e piena di sogni, in un mondo vecchio quanto un cartellone pubblicitario ormai sbiadito, diventa poi la docente di un singolare corso di comportamento e buone maniere: il suo è un seminario intensivo (solo per donne) di preparazione al matrimonio dal titolo “Si può far”. Il corso è volto all’istruzione delle giovani aspiranti sposine affinché comprendano e imparino le regole base per poter diventare delle mogli perfette, totalmente al servizio del proprio uomo. Chi è questa donna? Qual è la sua storia? Cosa si nasconde dietro la maschera di donna perfetta? Crede davvero alle regole che impartisce con tanta dedizione, o è semplicemente vittima di un sistema che la accetta solo perché sottomessa a stereotipi e chili di mascara? E può questa donna, uscita da un’epoca che sembra non appartenerci più, parlare alle donne di tutti i tempi? (PO / red)
A ROMA “A SCIUQUE’”DI IVANO PICCIALLO
Dal 14 al 17 dicembre il palcoscenico del Teatro Lo Spazio di Roma (Via Locri 43) accoglie A Sciuque’, spettacolo scritto e diretto da Ivano Picciallo, che nasce dalla necessità di raccontare un problema sociale in forte espansione che attira a sé uomini e donne di tutte le età, categorie e classi sociali: la dipendenza dal gioco d’azzardo. La messa in scena prevede sette quadri: l’infanzia, la maturità, il matrimonio, la famiglia, la dipendenza, gli strozzini e l’epilogo. Nicola, il protagonista, si racconterà in uno spazio vuoto che riflette il mondo che vive dentro di sé, quello che la sua dipendenza lo ha costretto ad esplorare. Ad accompagnarlo in questo viaggio quattro attori col compito di dar vita ai ricordi, alle malinconie, alle azioni mancate e ai dolori di quest’uomo costretto a fare i conti con il suo più grande errore. Frammenti di vita e ricordi si confondono e si sovrappongono grazie ad una polifonia dialettale riconducibile all’universo popolare del sud Italia. Ma la parola, sì importante, risulta però subordinata al linguaggio del corpo, ai suoni e ai toni delle voci, ai gesti simbolici degli attori. Sono i corpi che principalmente raccontano la storia, su di essi vive la realtà di un sud senza orpelli, tamburelli o tarante, un sud vivo nella sua semplicità e l’uso del dialetto è l’unico, naturale “artificio” che consegna alla storia una magia particolare, che dal primo minuto ci catapulta in una strada di periferia, nella provincia di Bari, sui ciottoli bagnati dalle gocce d’acqua che cadono dai panni stesi ad asciugare, sotto il sole caldo e denso di una giornata come tante, passata a giocare. Il fulcro del lavoro è la ricerca della contraddittorietà del gioco che dalla sua forma pura giunge al vizio. Una ricerca costante, scandita nei diversi quadri da un dinamismo perpetuo di immagini che si rincorrono e si susseguono, dove gli attori – in una forma di coro-moderno – accompagnano il protagonista Nicola nell’excursus della propria vita. Un ritmo incessante, una estrema veracità di linguaggio a servizio dei corpi spinti in una minuziosa prossemica catturano lo spettatore in una immediata ed inconsapevole connessione d’emozioni. Con Adelaide Di Bitonto ,Giuseppe Innocenti, Igor Petrotto, Francesco Zaccaro, Ivano Picciallo.(red/ Gil)
TORQUATO TASSO DI GOETHE, REGIA DI ALESSANDRO MACHÌA
Sarà in scena al Teatro Tor di Nona di Roma - Via degli Acquasparta, 16, - dal 20 al 22 dicembre alle 21, lo spettacolo Torquato Tasso di Johann Wolfgang Goethe traduzione di Cesare Lievi, progetto e regia di Alessandro Machìa; con Roberto Turchetta (Torquato Tasso) Giorgio Crisafi (Duca Alfonso D’Este) Martino D’Amico (Antonio Montecatino) Alessandra Fallucchi (Eleonora D’Este) Alessia Giangiuliani (Eleonora Sanvitale). Produzione AC Zerkalo. Terminato da Goethe nel 1790 – un anno dopo la Rivoluzione Francese – ma elaborato durante il suo viaggio in Italia del 1786-1788, Torquato Tasso è un dramma sul conflitto tra l’artista e il potere, “sulla sproporzione tra il talento e la vita”, come lo definisce lo stesso poeta tedesco: una sproporzione che nel dramma finirà per inghiottire il Tasso portandolo al limite della follia e all’esilio da corte di Ferrara. Un testo quantomai attuale sul rapporto tra l’artista e il potere, sul suo ruolo nella società e sul valore dell’arte.(red/ Gil)
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