Si è aperta questa mattina all’Aja l’udienza della Corte internazionale di giustizia (ICJ) chiamata a valutare la denuncia presentata dal Sudafrica che ha accusato Israele di perpetrare, a Gaza, un vero e proprio “genocidio” nei confronti del popolo palestinese. I rappresentati dello Stato ebraico hanno respinto con sdegno tale accusa, definendola “priva di fondamento” e diffamante, sottolineando che le forze armate con la Stella di David stanno agendo solo per legittima difesa, con l’intento di “proteggere gli israeliani distruggendo Hamas”. Le parti hanno tre ore a testa per presentare le proprie argomentazioni: oggi tocca al Sudafrica, domani è in programma la risposta di Israele. La Convenzione sul genocidio descrive tale crimine come una serie di “atti commessi con l’intento di distruggere, in tutto o in parte, un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso”.
L’altro ieri, nel suo incontro con il segretario di Stato americano Antony Blinken, il presidente israeliano Isaac Herzog ha stigmatizzato come “atroce e assurda” l’accusa portata avanti da Pretoria. “Non c'è niente di più atroce e assurdo di questa affermazione”, ha detto Herzog. “In realtà, i nostri nemici, Hamas in primis, nel loro statuto chiedono la distruzione e l’annientamento dello Stato di Israele, l’unico Stato-nazione del popolo ebraico”. La Convenzione – aveva aggiunto nell’occasione il presidente - è stata promulgata dalla comunità internazionale in seguito alla peggiore atrocità del genere umano, la Shoah, l’Olocausto, che era diretta specificamente contro gli ebrei, il popolo ebraico, al fine di eliminare la razza ebraica, il popolo ebraico”, Dunque, Israele “presenterà con orgoglio” le modalità della “propria autodifesa” che a detta di Herzog si sta svolgendo “ai sensi del diritto internazionale umanitario”, come dimostrerebbe il fatto che “stiamo facendo del nostro meglio in circostanze estremamente complicate sul campo, per assicurarci che ci sarà nessuna conseguenza indesiderata e nessuna vittima civile”.
LA REQUISITORIA. Il “costante esodo forzano” della popolazione palestinese (Nakba) provocato “dalla colonizzazione israeliana a partire dal 1948” ha “sistematicamente e con la forza espropriato, sfollato e frammentato il popolo palestinese, negandogli deliberatamente il diritto inalienabile all’autodeterminazione riconosciuto a livello internazionale e il diritto al ritorno riconosciuto a livello internazionale come rifugiati nelle loro città e villaggi in quello che oggi è lo Stato di Israele”. Così il team legale sudafricano presente questa mattina all’Aja dove allo Corte internazionale di giustizia è in corso l’udienza per le accuse di genocidio mosse a Israele per l’intervento militare a Gaza. Un’accusa che secondo i rappresentanti di Pretoria sarebbe dimostrata dagli stessi discorsi dei maggiori leader dello Stato ebraico che avrebbero incitato le forze armate ad agire senza distinguere tra combattenti e civili palestinesi. A perorare la causa sudafricana sono sati Ronald Lamola, ministro della Giustizia e Zane Dangor, direttore generale del ministero delle relazioni internazionali nonché Adila Hassim, rappresentante dell'Alta Corte del Sudafrica, che ha preso la parola. Gli “accusatori” hanno inoltre puntato l’indice contro “il regime istituzionalizzato di leggi, politiche e pratiche discriminatorie di Israele, progettate e mantenute per stabilire il dominio, sottoponendo il popolo palestinese all'apartheid su entrambi i lati della Linea Verde”.
Nella sua requisitoria, Adila Hassim ha accusato le forze armate israeliane di aver provocato numerose vittime innocenti che si trovavano “nelle scuole, negli ospedali, nelle moschee, nelle chiese e mentre cercavano di trovare cibo e acqua per le loro famiglie. Sono stati uccisi se non sono riusciti a evacuare, uccisi nei luoghi in cui erano fuggiti e persino uccisi mentre tentavano di fuggire lungo rotte dichiarate sicure da Israele”. Hassim ha quindi sottolineato che “solo nelle prime tre settimane di guerra, dopo il 7 ottobre, Israele ha lanciato 6.000 bombe a settimana” tra le quali quelle devastanti da duemila libbre arrivando a “uccidere un numero di civili senza precedenti”. In questo modo “la distruzione dei palestinesi viene inflitta deliberatamente e nessuno viene risparmiato, nemmeno i neonati”.
Hassim ha di conseguenza stigmatizzato l’evacuazione forzata alla quale gli abitanti dell’enclave sono stati costretti: “il primo ordine di evacuazione emanato da Israele il 13 ottobre – ha detto - richiedeva l'evacuazione di oltre un milione di persone, tra cui bambini, anziani, feriti e malati. L’ordine stesso era genocida. Richiedeva un movimento immediato, permettendo agli sfollati di portare con sé solo ciò che poteva essere trasportato mentre non era consentita alcuna assistenza umanitaria. E carburante, acqua, cibo e altre necessità vitali erano stati deliberatamente tagliati. Era chiaramente calcolato per provocare la distruzione della popolazione”. Da qui l’accusa diretta ai governati dello Stato ebraico a cominciare dal primo ministro Benjamin Netanyahu, dal ministro della Difesa Yoav Gallant e dal presidente Isaac Herzog. Secondo Hassim, vera e propria prova dell’intento genocida di Israele sarebbero proprio le dichiarazioni dei suoi leader. A cominciare dalla citazione di Netanyahu che ha citato, in rapporto all’operazione militare a Gaza, la storia biblica del popolo Amalek, contro i quali, come si legge nella Jewish Encyclopedia, “David intraprese una guerra santa di sterminio”. L’accusa ha inoltre evidenziato l’affermazione di Gallant secondo cui Israele starebbe combattendo non uomini ma “animali umani” e che a Gaza non ci sarebbero stati “niente elettricità, né cibo, né acqua, né carburante”. Citato anche un vicepresidente della Knesset che chiede la cancellazione della Striscia di Gaza dalla faccia della terra. (11 gen - DEG)
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