di Paolo Pagliaro
«Sono nato in Austria, sono cresciuto in Italia, ho lavorato in Iugoslavia, sono invecchiato in Croazia: eppure non mi sono mai mosso da questa città».
Un anziano di Fiume riassume così -nel libro di Marisa Madieri “Verde acqua” -.quel vorticoso mutamente di identità che fu uno degli aspetti della vicenda istriana. E non il più drammatico, poiché gli altri furono i massacri nelle foibe e l’esodo di centinaia di migliai di giuliano dalmati.
Sono i fatti al centro, domani, del Giorno del Ricordo, celebrazione che dopo vent’anni non riesce ancora a mettersi al riparo da slogan, regolamenti di conti politici, saluti romani, lapidi imbrattate.
Silvia Dai Prà, un’altra scrittrice che alle foibe ha dedicato un libro importante, titolo “Senza salutare nessuno” , pensa che sia difficile arrivare a una memoria condivisa , e che già ascoltare la storia dell’altro potrebbe essere un buon risultato.
Dunque oggi sono più che mai attuali alcuni libri che nel corso degli anni hanno saputo spezzare la cortina del silenzio, “I testimoni muti” di Diego Zandel, “Materada” di Fulvio Tomizza, “Martin Muma” di Ligio Zanini:, “Italiani due volte” di Dino Messina, “Bora” di Annamaria Mori , che con la famiglia lasciò Pola per l'Italia, e nel libro ripercorre le vicende dell'esodo istriano confrontadosi con Nelida Milani, che a suo tempo scelse di restare, Ci sono i testi di Boris Pahor tradotti in italiano, e gli scritti con cui Claudio Magris ha più volte spiegato come il bestiale odio anti-italiano che si era espresso nelle foibe non poteva essere giustificato dal bestiale odio che si era scatenato a lungo su persone colpevoli solo di essere slave. Capiremo domani se dopo conflitti così tragici siamo pronti all’armistizio.