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direttore Paolo Pagliaro

Tra arte Pop e Beat in Italia con l’esposizione a Vicenza

Mostre
Le grandi mostre in programma in Italia e quelle che hanno l'Italia, attraverso i suoi grandi artisti, come protagonista nel mondo. Lo "Speciale mostre" è un viaggio tra capolavori, opere d'avanguardia e sperimentali, pittura e scultura, memoria e identità, storia e filosofia, un tributo all'arte e ai suoi protagonisti e un modo per scoprire quanto di buono fanno le istituzioni nazionali e locali per il nostro patrimonio culturale e di creatività.

Tra arte Pop e Beat in Italia con l’esposizione a Vicenza

Una grande festa collettiva per l’arte che insegna la libertà di sognare. È il progetto di pittura, scultura, video e letteratura, inedito per l’Italia, che l’artista Roberto Floreani ha ideato e curato per il Comune di Vicenza (grazie anche all’assessorato alla cultura, al turismo e all’attrattività della città e all’assessorato all’istruzione) e Silvana Editoriale – che ne hanno assunto la coproduzione – per i prestigiosi spazi della Basilica Palladiana, con opere provenienti dai principali musei, gallerie e collezioni private nazionali. Dal 2 marzo al 30 giugno sarà visitabile “POP/BEAT - Italia 1960-1979 - Liberi di Sognare”, dove per la prima volta vengono raccontate ed esposte insieme le generazioni Pop e Beat italiane, testimoni di un sentire comune di quegli anni, legato a una visione ottimistica del futuro e all’impegno movimentista del Sessantotto, rendendosi quindi originali e autonome dalle suggestioni Pop e Beat americane. Sarà messa in evidenza l’unicità propositiva e la statura assoluta della Pop italiana in Europa, nonché le differenze sostanziali e l’autonomia dei suoi artisti rispetto a quelli americani. In Italia si alimenterà infatti una frequentazione dal basso, sensibile alla tradizione artistica nazionale, al paesaggio, all’avanguardia futurista, che sarà protagonista dei mutamenti sociali, politici e culturali nelle piazze, nelle strade, nelle fabbriche, nelle università: istanze diventate oggetto di gran parte delle opere e dei documenti esposti. La sezione Pop, con quasi un centinaio di opere selezionate di trentacinque artisti, privilegerà i grandi formati che verranno spettacolarizzati da un’ampia sezione di sculture. Saranno presenti opere di Valerio Adami, Franco Angeli, Enrico Baj, Paolo Baratella, Roberto Barni, Gianni Bertini, Alik Cavaliere, Mario Ceroli, Claudio Cintoli, Lucio Del Pezzo, Fernando De Filippi, Bruno Di Bello, Tano Festa, Giosetta Fioroni, Pietro Gallina, Piero Gilardi, Sergio Lombardo, Roberto Malquori, Renato Mambor, Elio Marchegiani, Umberto Mariani, Gino Marotta, Titina Maselli, Fabio Mauri, Aldo Mondino, Ugo Nespolo, Pino Pascali, Michelangelo Pistoletto, Concetto Pozzati, Mimmo Rotella, Sergio Sarri, Mario Schifano, Giangiacomo Spadari, Tino Stefanoni, Cesare Tacchi ed Emilio Tadini. L’atmosfera Beat in mostra sarà garantita dalla musica di quegli anni, diffusa in loop, e rappresentata dai rari documenti originali di Gianni Milano, mentore di un’intera generazione, Aldo Piromalli, Andrea D’Anna, Gianni De Martino, Pietro Tartamella, Eros Alesi, Vincenzo Parrella e molti altri, nonché dalla vicenda artistica militante dell’Antigruppo siciliano guidato dalla figura carismatica di Nat Scammacca, di cui saranno esposte le pubblicazioni fondative, relative alla sua Estetica Filosofica Populista. Un Antigruppo, in chiara polemica con la Beat del Gruppo ’63 e molto meno attento alle pulsioni popolari, che merita un’attenta rivalutazione per la sua attività artistica e sociale. Il progetto di Floreani ricontestualizzerà la stessa natura della Pop e della Beat italiane, dando priorità a ciò che gli artisti stessi dichiaravano circa la loro ricerca, non sentendosi spesso affatto etichettabili come Pop, proprio per l’originalità del loro punto di vista rispetto agli americani, nonché percorrendo un tragitto che dalla libertà di sognare approderà fatalmente alla fine del sogno degli anni di piombo, della disillusione e della diffusione delle droghe pesanti, messe in scena in tutta la loro crudezza al Festival di Castelporziano nel 1979. Eventi collaterali ad hoc saranno proposti in alcuni dei principali luoghi monumentali della città, in collaborazione con la Biblioteca civica Bertoliana, il festival New Conversations - Vicenza Jazz, il Cinema Odeon, il Festival di poesia contemporanea e musica Poetry Vicenza, il Centro di produzione teatrale La Piccionaia, l’Associazione culturale Theama Teatro e il Conservatorio di musica di Vicenza “Arrigo Pedrollo”. Anche le scuole saranno coinvolte, a partire da una specifica sezione didattica allestita al piano terra della Basilica Palladiana, nel Salone degli Zavatteri. La mostra sarà accompagnata da un catalogo edito da Silvana Editoriale, a cura di Roberto Floreani, con testi di Roberto Floreani, Gaspare Luigi Marcone, Alessandro Manca. (gci)

A ROMA LA PRIMA GRANDE ESPOSIZIONE SU RINO GAETANO

Parte da Roma il viaggio nel mondo di Rino Gaetano, con la prima mostra dedicata al grande cantautore che ha segnato un’epoca nella musica italiana. Iconico poeta dallo stile unico e tagliente, con la sua voce ruvida e con i suoi testi apparentemente leggeri e disimpegnati ma pieni di contenuti, ha saputo graffiare società e politica senza mai nascondersi dietro etichette e maschere, riuscendo, attraverso pensieri anticonformisti e parole semplici, a portare alla luce gli anni bui della nostra nazione. Il songwriter, calabrese di nascita ma romano d’adozione, verrà celebrato con la grande mostra “Rino Gaetano”, che sarà ospitata a Roma a partire dallo scorso 16 febbraio fino al 28 aprile al Museo di Roma in Trastevere, nel quartiere che amò e frequentò fin dai tempi del Folkstudio. Non a caso l’artista ha vissuto a Roma, dove si è fatto le ossa nei palcoscenici off e nei teatri con l’ETI - Ente Teatrale Italiano, dove ha imparato a evidenziare il messaggio con tutti gli strumenti del teatro. La mostra, promossa da Roma Capitale, Assessorato alla Cultura, Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali, a cura di Alessandro Nicosia e Alessandro Gaetano, è organizzata e realizzata da C.O.R. Creare Organizzare Realizzare, con il supporto organizzativo di Zètema Progetto Cultura, sotto il patrocinio del Ministero della Cultura e di SIAE con la media partner di Rai e la collaborazione di Rai Teche – che conserva la maggior parte dei filmati che riguardano l’artista – e Universal Music Publishing Group. Un’esposizione inedita nata dalla ricerca di materiali, molti dei quali esposti per la prima volta, che documentano l’intero cammino artistico di Rino Gaetano, arricchita da ‘tante rarità’ di assoluto valore, concesse per l’occasione dalla sorella Anna: documenti, foto, cimeli artistici, la raccolta dei dischi, video, strumenti musicali, oggetti, abiti di scena come l’accappatoio indossato durante il Festivalbar all’Arena di Verona e la giacca in pelle utilizzata a Sanremo, manifesti e la collezione di cappelli. Le sue canzoni, innovative e dal forte impegno civile, dopo la prematura scomparsa, sono state riscoperte e diventate veri e propri inni tra le nuove generazioni, usate in teatro, come colonne sonore di film, trasformate in fiction, compilation, street art e festival. La denuncia sociale celata dietro l'ironia delle sue beffarde filastrocche resta ancora attualissima, come la costante lotta contro i tabù, le mistificazioni, le ipocrisie e i conformismi. Non ha mai avuto bisogno di maestri, rappresentava lui stesso l’onda nuova di una corrente senza eguali. I testi dei suoi brani non vanno presi come racconti realistici, ma bisogna viverli come fossero immagini sorprendenti, idee, suggestioni, poesie che alimentano le due anime della sua ispirazione: quella anarchica e chiassosa e quella poetica e struggente, con momenti di felice fusione espressiva e di divertito abbandono. Tutto questo su musiche dagli impianti ritmici di ferro e arrangiamenti di insolita ricchezza e invenzioni, accompagnati da una vocalità moderna e aggressiva. Nei suoi testi, fatti di sberleffi e di battute caustiche additava l’eterna crisi dell’Italia, quella delle auto blu e degli evasori legalizzati di “Nuntereggae più” con versi come "vedo tanta gente che nun c’ha l’acqua corrente, e non c'ha niente, ma chi me sente". O ancora l’esaltazione della forza femminile di Gianna che "difendeva il suo salario dall’inflazione", sino alla sua celebre “Ma il cielo è sempre più blu”, intrisa di luoghi comuni e di misfatti che i ‘benpensanti’ definiscono progresso, ai quali si contrappone l’indomabile speranza dei “sognatori” che vagheggiano “un cielo sempre più blu”. E poi ancora, ma la lista è lunga, “Berta filava”, “Sfiorivano le viole”, che con linguaggio desueto trattava i temi dell’emarginazione. La vetta creativa viene raggiunta con l’album “Mio fratello è figlio unico” che resta uno dei dischi più importanti non solo della carriera del cantante, ma in generale della musica italiana. Fra il 1973 e il 1980 Gaetano ha pubblicato sei album attraverso i quali ha dipinto con schiettezza un’Italia che ci assomiglia ancora, ma proprio a causa della sferzante lucidità nell’affrontare temi di stretta attualità, ha faticato tanto per farsi conoscere, affrontando i pregiudizi della critica, del pubblico, dei colleghi, dell’ambiente e anche dell'establishment che non vedeva di buon occhio quello strano personaggio che si divertiva a schernire tutti, potenti, politici, uomini di potere, facendo nomi e cognomi. Cantò Gianna e, per la prima volta nella storia del Festival di Sanremo, fu pronunciata la parola "sesso"; nel teatro sanremese, all'epoca, l'impressione fu di vedere un ‘marziano’, per la forza dissacrante di quella performance ispirata più a Carmelo Bene che ai codici della musica. Non tragga in inganno la popolarità immediata delle sue canzoni: c’è molta sapienza nell’uso del sarcasmo, del calembour, del nonsense, in quel particolare mezzo di comunicazione che è la canzone, sempre troppo disposta a prendersi sul serio anche quando si tratta di operetta. La mostra è corredata dal catalogo edito da Gangemi Editore che contiene storia, immagini e un lungo elenco di straordinarie testimonianze che aiutano a comprendere tutte le sfaccettature di un uomo considerato uno dei cantastorie di culto della nostra storia. Un viaggio straordinario di memoria collettiva al ritmo delle note delle sue stralunate canzoni e dove la sua arte sarà più viva che mai. Nel corso dell’evento sarà possibile assistere alle performance live di Alessandro Gaetano, nipote dell’artista, in trio con la sua Rino Gaetano Band e con Diana Tejera, che eseguiranno alcuni mini-concerti acustici (le cui date saranno comunicate sulle pagine web del museo), consentendo ai visitatori di scoprire e vivere la forza della sua musica. (redm)

“DONNE DI TERRE ESTREME”: GLI SCATTI DI CATERINA BORGATO ALL’AEROPORTO DI MALPENSA

Una mostra che presenta il percorso di ricerca, umano e poetico nella realtà femminile in terre considerate geograficamente estreme e ai margini, realizzato da Caterina Borgato, fotografa e viaggiatrice. Nell’ambito della partnership con Sea Aeroporti, il Forte di Bard ha curato il riallestimento di una mostra che ben si inserisce nel contesto del Terminal Arrivi internazionali dell’aeroporto di Milano Malpensa: sino al 2 aprile, i viaggiatori in transito potranno visitare la mostra “Donne di terre estreme”, curata dal Forte di Bard in collaborazione con Montura. Estreme per la lontananza geografica ma anche per le condizioni ambientali e climatiche, che condizionano i gesti della vita quotidiana delle persone che le abitano. Le protagoniste sono quindi le donne, che vivono negli altipiani della Mongolia occidentale, sulla remota isola di Socotra e nelle terre desertiche della Dancalia. Una testimonianza dell’unione del mondo femminile che rappresenta le fondamenta di queste società sconosciute e lontane. Le fotografie sono tratte dal volume “Donne di terre estreme”, la prima pubblicazione di Caterina Borgato edita da Montura Editing nel 2021. Caterina Borgato (Mirano, Venezia 1966). Nasce da una famiglia di alpinisti e viaggiatori, dopo gli studi classici si laurea in Scienze Politiche. Ha vissuto e lavorato in Yemen, Mongolia ed Etiopia, che lei descrive come le esperienze più intense della sua vita. Ha viaggiato anche nell’Africa sub Sahariana ed Equatoriale, in Asia, in Medio Oriente e in Sud America. Dal 2004 è expert on tour per Kel12 National Geographic Expedition. La sua è una professione di ricerca, studio, approfondimento e soprattutto condivisione. (gci)

L’ESPOSIZIONE SULLE STREGHE ARRIVA A BOLOGNA

Dopo il grande clamore suscitato alla Villa Reale di Monza, la mostra “Stregherie. Iconografia, fatti e scandali sulle sovversive della storia” è arrivata a Bologna, dal 17 febbraio al 16 giugno, nelle splendide sale del quattrocentesco Palazzo Pallavicini. Ideata e prodotta da Vertigo Syndrome e curata dal drammaturgo, performer ed esperto di esoterismo Luca Scarlini, la mostra propone in questa nuova edizione grandi novità, sorprese e oggetti inediti. Alla collezione di stampe e incisioni del famoso “collezionista dell’occulto” Guglielmo Invernizzi, si aggiungono tantissime nuove opere d’arte, provenienti da collezioni private, italiane ed estere, e nuovi oggetti legati al mondo della stregoneria, prestati dal leggendario Museum of Witchcraft and Magic in Cornovaglia, e dal Museo delle Civiltà di Roma, che espone in mostra eccezionalmente, per la prima volta, la sua straordinaria collezione di amuleti in argento ottocenteschi, veri e propri gioielli, utilizzati dalle varie donne definite streghe o, più spesso, contro di loro. Percorrendo un cammino esoterico che si snoda in nove sale a tema, il visitatore sarà invitato ad avere accesso e scoprire l'antica religione di Diana, la Grande Madre, vivendone la storia, i luoghi e i riti. La mostra si apre facendo vivere in prima persona la suggestione e la gravità di un vero processo per stregoneria tenutosi in un tribunale dell’Inquisizione nel 1539 e si chiuderà, dopo il lungo cammino di sala in sala, con l’esperienza della scrittura su un vero Libro delle Ombre dove racchiudere e condividere i propri incantesimi personali. Con il marchio infame di “Strega”, nei secoli, spesso si bollava una donna semplicemente più desiderabile delle altre, più libera, guerriera, colta e riservata, portando a persecuzioni ed esecuzioni violente di donne innocenti, roghi, impiccagioni, decapitazioni che servivano ad instaurare nel popolo una paura reverenziale della giustizia divina contro il paganesimo, il satanismo, il sesso ed eresie di vario genere. Ma essere creduta una strega non è sempre stato un nome scomodo da portare cucito addosso. Essere credute capaci di scatenare un potere arcano, sconosciuto, inspiegabile e terribile, infatti, è stato talvolta un’efficace e modernissima strategia di branding per sopravvivere, essere temute e rispettate a uso e consumo di donne che altrimenti sarebbero state sopraffatte e sottomesse dal patriarcato dilagante del mondo antico. Si diventava streghe per affermare la propria personalità, per sfuggire alle botte di un marito manesco, per insoddisfazione di sé, per impulsi erotici, per odio verso i propri nemici, perché attratte dalla luna o dalla potenza delle piante. (redm)

L’ARTE DI CRISTIANO PINTALDI A ROMA

Un’occasione per scoprire le opere di Cristiano Pintaldi: dal 22 febbraio al 20 aprile Mucciaccia Gallery ospiterà nella sua sede di Roma la mostra “Cristiano Pintaldi. We are here. Do you stay in the Barbie world?”, che raccoglie gli ultimi lavori dell’artista, alcuni dei quali realizzati appositamente. Cresciuto in una famiglia di pubblicitari appassionati d’arte, Pintaldi ha cominciato, a partire dal 1991, a usare per le sue opere i tre colori primari rosso, verde e blu (RGB) accostati su sfondo nero nello stesso modo in cui i pixel si dispongono per dare vita all'immagine sullo schermo televisivo. Con un paziente lavoro di scomposizione, l’artista dipinge alla “cieca”, applicando strati di pittura con l’aerografo su tre livelli, un colore per volta, scoprendo l’effetto finale solamente a fine lavoro. I soggetti scelti sono tratti dalla cultura popolare, dai programmi televisivi, dai cartoni animati, dai film cult di fantascienza, dai film di Kubrick, e da un interesse personale per l’extraterrestre, da cui le tematiche dell’alieno e dell’UFO, in un’indagine della società attuale profonda e sottile perpetrata attraverso il dialogo tra colori e forme, che obbligano a investigare i limiti tra la realtà e la finzione, tra reale e virtuale, tra noto e ignoto, tra riconoscibile e astratto. In mostra una ventina di opere, tra cui alcune emblematiche della poetica e della ricerca dell’artista. L’immagine guida, che dà anche il titolo alla mostra, è tratta dal recente e ben noto film dedicato a Barbie e vuole essere un invito alla riflessione sulla vanità degli stereotipi e sulla futilità di ideali estetici perseguiti maniacalmente attraverso la vita digitale e virtuale, quando non è possibile in quella reale. In “Majestic 12” torna invece la tematica dell’extraterrestre: la famosissima immagine di John Fitzgerald Kennedy, qualche attimo prima di essere ucciso, è sormontata dal titolo della presunta organizzazione segreta statunitense, composta da esponenti militari e politici di massimo livello, responsabile dell’occultamento al pubblico dominio di informazioni riguardanti i contatti tra gli alieni e gli umani. Sulla stessa scia “We are here” testimonia e manifesta la presenza degli alieni nella nostra realtà, con uno slogan deciso e inappellabile, che induce a riflettere sul concetto di esistenza e di percezione. Cristiano Pintaldi è nato nel 1970 a Roma, dove vive e lavora. Numerose le sue opere in collezioni pubbliche, quali: CAMeC Centro d’Arte Moderna e Contemporanea, La Spezia; Castello di Rivoli Museo d'Arte Contemporanea, Rivoli, Torino; GNAM Galleria Nazionale d'Arte Moderna, Roma; MACRO Museo d'Arte Contemporanea, Roma; MART, collezione VAF - Stiftung, Trento, MAXXI Museo d'Arte Contemporanea del XXI secolo, Roma. (gci)

NELLA FOTO. Enrico Baj, Buste de femme au chapeau, 1969, Collezione Intesa Sanpaolo (dettaglio)

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