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direttore Paolo Pagliaro

A Milano le inconfondibili creazioni di Dolce&Gabbana

Mostre
Le grandi mostre in programma in Italia e quelle che hanno l'Italia, attraverso i suoi grandi artisti, come protagonista nel mondo. Lo "Speciale mostre" è un viaggio tra capolavori, opere d'avanguardia e sperimentali, pittura e scultura, memoria e identità, storia e filosofia, un tributo all'arte e ai suoi protagonisti e un modo per scoprire quanto di buono fanno le istituzioni nazionali e locali per il nostro patrimonio culturale e di creatività.

A Milano le inconfondibili creazioni di Dolce&Gabbana

Milano è pronta ad accogliere la prima mostra dedicata alle inconfondibili creazioni di Domenico Dolce e Stefano Gabbana. Palazzo Reale, in anteprima mondiale, ospiterà l’esposizione “Dal Cuore alle Mani: Dolce&Gabbana”, in programma dallo scorso 7 aprile fino al 31 luglio. Promossa dal Comune di Milano - Cultura e prodotta da Palazzo Reale e IMG, la mostra è curata da Florence Muller, docente e autrice di fama internazionale, già direttrice dell’Union Francaise des Arts du Costume al Musée des Arts Décoratifs di Parigi e curatrice Moda e Arte Tessile al Denver Art Museum, e sceglie Milano come prima tappa di un itinerario internazionale che includerà alcuni dei centri culturali più importanti al mondo. “Dal Cuore alle Mani: Dolce&Gabbana” è una dichiarazione d’amore alla cultura italiana, ispirazione e musa dello spirito del marchio sin dalle sue origini, e ripercorre lo straordinario processo creativo dei suoi fondatori: dal cuore, da cui scaturiscono le idee alle mani, mezzo attraverso cui prendono forma. La devozione che la casa di moda da sempre riserva al Fatto a Mano si traduce in un dialogo unico tra tradizione artigianale e contemporaneità. In mostra a Palazzo Reale anche una serie di installazioni immersive e di opere d’arte digitale appositamente commissionate, in cui i molteplici linguaggi della creatività sono posti in dialogo con le creazioni uniche del brand, costruendo un viaggio attraverso i temi cardine dello stile di Dolce&Gabbana: dalle arti visive all’architettura, dalla musica alle tradizioni italiane, dal teatro alla dolce vita. “Questo ampio progetto espositivo è il frutto di un vero e proprio ‘tessuto’ di sapienza e arte, realizzato grazie a quella che possiamo definire un’autentica collaborazione tra Palazzo Reale e Dolce&Gabbana - ha dichiarato l’assessore alla Cultura di Milano, Tommaso Sacchi - Il progetto si sviluppa su più livelli che raccontano la storia di una delle più grandi maison di moda al mondo: la stupefacente sapienza artigianale di cui l’Italia è, ed è sempre stata, ricchissima; il viaggio tra le molteplici fonti di ispirazione dei due celebri stilisti, legate a doppio filo alla storia del nostro Paese, che spaziano dall’arte all’architettura, dalla musica al cinema; uno straordinario spettacolo in cui l’abito, magnifico, è però solo uno degli elementi espressivi di una visione più alta, più completa e più grande; la generosità di due artisti che condividono l’amore per Milano, non solo scegliendola come prima tappa del tour mondiale della loro prima grande mostra, ma anche sostenendo i restauri di opere e ambienti di Palazzo Reale, compresa la meravigliosa Sala del Trono”. (gci)

L’ESPOSIZIONE DIFFUSA “LIVIA E LE ALTRE RACCONTANO” NEL SUD PONTINO

Per la prima volta si è voluta realizzare, nel territorio del sud pontino, una mostra diffusa, allestita contemporaneamente in cinque musei archeologici, ispirata e dedicata a figure femminili, mitologiche o realmente vissute, dell’epoca romana: “Livia e le altre raccontano - storie di donne, tra miti e leggende, alla scoperta del sud pontino”, dallo scorso 5 aprile fino al 2 giugno, organizzata dall'associazione #AmolamiaTerra in collaborazione con la Direzione Regionale dei Musei del Lazio, il Museo Archeologico Nazionale e Villa di Tiberio di Sperlonga, il Museo Nazionale di Formia, il Parco Archeologico di Minturnae, il Comune di Priverno, il Museo Archeologico di Priverno, il Comune di Fondi, il Museo Archeologico di Fondi. Donne e Musei dislocati lungo un cammino fisico oltre che virtuale, dal confine meridionale della regione Lazio, Minturno, risalendo la via Appia e lungo il percorso della Francigena, attraverso Formia, Sperlonga, Fondi, fino a Priverno. Sessantaquattro creazioni sartoriali uniche, tutte “site specific”, realizzate dalla stilista e creativa Lisa Tibaldi Grassi, ideatrice del progetto, sono distribuite nei diversi siti a rappresentare sessanta donne che raccontano storie di vita e di luoghi attraverso una narrazione emozionale e multisensoriale. Ad accogliere il visitatore in ogni museo c’è la figura di Livia Drusilla, moglie dell’imperatore Augusto per raccontare il territorio, accompagnata dalla “madrina del Museo” che introduce all’esposizione. Si incontra quindi Marìca a Minturno, Tulliola a Formia, Circe a Sperlonga, Pollia a Fondi e Camilla a Priverno e con loro tanti altri personaggi, per una narrazione tutta al femminile. Ogni madrina ha un colore diverso per rappresentarne alcune caratteristiche. Il resto delle installazioni è, viceversa, tutto nei toni del bianco, per meglio integrarsi con le sculture presenti: una mostra che entra in punta di piedi negli allestimenti creando un dialogo armonico tra antico e moderno. Un’attenzione e una cura particolare anche per l’impatto ambientale della mostra diffusa attraverso l’utilizzo di materiale di scarto e di recupero, per la realizzazione di parte degli allestimenti, e di riciclo creativo per alcuni accessori posti nelle installazioni. Durante il periodo dell'esposizione, nei vari musei saranno realizzati degli eventi, conferenze e performance. (redm)

A BRESCIA PER SCOPRIRE L’ARTE DI AGOSTINO FERRARI

Un’esposizione per ripercorrere gli ultimi due decenni di produzione di Agostino Ferrari, tra i più interessanti protagonisti del panorama creativo italiano contemporaneo: dallo scorso 5 aprile fino al 5 maggio, il Museo Diocesano di Brescia ospita una retrospettiva dedicata all’artista milanese che analizza gli ultimi vent’anni di ricerca artistica, dal titolo “Oltre la soglia del SEGNO”. L’esposizione, curata da Elena Di Raddo e Mariacristina Maccarinelli, presenta 13 dipinti e 10 ceramiche, che raccontano l’evoluzione del segno, tema focale della ricerca artistica di Ferrari, ma solamente attraverso una selezione di opere che vanno dai primi anni Duemila a oggi. Il titolo della rassegna ricorda come tutta la poetica di Agostino Ferrari si sia sviluppata proprio intorno al segno, caratterizzandone la sua cifra espressiva più peculiare, per poi rinnovarsi e trasformarsi nel tempo. A partire dai primi anni Sessanta con l’indagine di un segno-scrittura primordiale, avanzata nell’ambito del gruppo del Cenobio, continuata con l’inserimento della dimensione spaziale e teatrale come altro elemento portante. Negli anni Settanta, Ferrari inizia a concentrarsi sui valori psicologici del colore fino a realizzare l’Autoritratto, unica installazione della sua carriera; successivamente la sua attenzione torna a focalizzarsi sul segno pittorico che diviene racconto, per poi evolversi nello spazio della tela grazie anche all’utilizzo della sabbia nera, fino ad emergere dalla superficie oggettivandosi. Il catalogo, che contiene i testi critici dei curatori, è realizzato in collaborazione con lo JUS Museum di Napoli. Nato a Milano nel 1938, Agostino Ferrari nel 1961 espone per la prima volta in una personale alla galleria Pater di Milano, in un clima pittorico italiano largamente dominato dalla pittura figurativa e da quella informale. Decisivo per gli sviluppi successivi della sua ricerca artistica è l’incontro con Arturo Vermi, Angelo Verga, Ettore Sordini, Ugo La Pietra e Alberto Lucia, che segna la nascita, nel 1962, del Gruppo del Cenobio. L'intento era difendere la pittura attraverso un minimo sperimentale simbolico, individuato nel Segno. Sulla scia di queste intuizioni, tra il 1962 e il 1964, il segno di Ferrari si trasforma in una sorta di scrittura non significante: è il momento della serie di opere denominate Segno-Scrittura e Racconti. Quando si affaccia in America la Pop Art, l’interesse di Agostino Ferrari per questa nuova forma di pittura lo porta a New York per sei mesi in due stagioni successive, tra il 1964 e il 1966. Durante questi lunghi soggiorni conosce Roy Lichtenstein, Robert Rauschenberg, Billy Apple, Jasper Johns. Di queste esperienze, pur lontane dalla sua visione, risente la serie dei Labirinti, quadri focalizzati sulla descrizione di concetti plastici. Tra il 1966 e il 1967, Ferrari inizia la serie dal titolo Teatro del segno, opere che si propongono l’obiettivo di superare la bidimensionalità del quadro e trasformandosi in quadri-oggetto. Quasi contemporanea è la serie Forma Totale. Sono quadri che rompono il limite perimetrale della tela e del pannello e che riescono a dialogare sia internamente, tra frammento e forma totale, sia esternamente, in un equilibrio armonico tra forme, segni pittorici e colori (bianco e azzurro). La ricerca dell’artista è in questo momento prevalentemente a carattere plastico, come scrive anche Lucio Fontana, nel 1967, nella presentazione a una mostra di Ferrari. Sempre confrontando il Segno con le Forme ed i Colori e cercando un dialogo tra questi elementi, Ferrari giunge alla creazione dell'Autoritratto (1975). L'opera è costituita da una grande spirale percorribile scandita da 14 pannelli in legno dipinto (m 1,50 x 2,00) per un percorso totale di 21 metri. Del 1975 è anche l’elaborazione dell'Alfabeto, che Ferrari presenta in America alla galleria d'Arte Moderna di Dallas. Dopo un intermezzo durante il quale Ferrari torna a concepire opere-oggetto, sempre riguardanti il Segno, nel 1981 inizia una nuova ricerca dove il Segno riprende con decisione carattere scritturale e ha come oggetto di indagine la memoria (Lettere recuperate). La fase si conclude con un periodo di “rifondazione”, in cui il segno diviene totalizzante e inizia a esprimersi in opere anche di grandi dimensioni: Eventi, N.E.S.O -Nord Est Sud Ovest, Palinsesti, Frammenti e infine le Maternità. Dopo queste esperienze, Ferrari inizia a confrontarsi col lavoro di Lucio Fontana con le opere dal titolo Oltre la Soglia. In esse viene rappresentata pittoricamente una spaccatura nella tela, una zona nera che individua uno spazio sconosciuto, analogamente a quello che Fontana aveva individuato coi tagli e i buchi. Per Ferrari, però, questo nuovo spazio è da “raggiungere” ma, al contrario, un luogo da cui partire per arrivare a uno spazio noto e nettamente percepito. I lavori successivi, dal titolo esplicativo Interno/Esterno, proseguono nel solco tracciato, analogamente alla serie di sculture 4D. Alla produzione più recente appartengono i ProSegni. Nel titolo “Pro” sta per “a favore del Segno” e contiene un gioco di parole col termine teatrale “Proscenio”, con aperto riferimento alle passate esperienze condensate nel Teatro del Segno. Agostino Ferrari vive e lavora a Milano. (gci)

A ROMA LA PRIMA PERSONALE DI OUKA LEELE IN ITALIA

L’esposizione “Una movida Barbara”, realizzata per il Museo di Roma in Trastevere, offre un viaggio attraverso la lunga carriera - dal 1978 al 2014 - di Ouka Leele (Madrid 1957-2022) partendo dalle fotografie con cui ha allestito la sua prima mostra a Madrid, “Peluqueria”, fino all'ultima serie realizzata nelle Asturie nel 2014, “A donde la luz me lleve”. Ospitata dal Museo di Roma in Trastevere dal 17 aprile al 7 luglio, la prima mostra personale di Ouka Leele in Italia comprende non solo fotografie, ma anche parte della produzione pittorica, come le serie Floreale ed El Cantar de los Cantares. In mostra circa 100 opere di diverse dimensioni, formati e tecniche (alcune delle quali originali), integrate da materiale documentario, prove di stampa, cataloghi, manifesti e materiale di merchandising prodotto con le sue immagini. Ideata con l’intento di proseguire la rassegna di fotografi spagnoli attivi nell’ambito della “movida madrilena” degli anni Ottanta, in continuità con quella di Miguel Trillo già ospitata presso lo stesso Museo, l’esposizione, promossa da Roma Capitale, Assessorato alla Cultura, Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali e organizzata dall’Ufficio Culturale dell’Ambasciata di Spagna e Caravan, è curata da Maria Rosenfeldt - figlia di Ouka Leele - e Silvia Oviano. Servizi museali di Zètema Progetto Cultura. (gci)

“ABBANDONARE IL LOCALE”: L’ARTE DI DAVID HORVITZ CONQUISTA MILANO

Un’occasione per scoprire l’arte di David Horvitz: organizzata in occasione della ventottesima edizione di miart, la fiera internazionale d’arte moderna e contemporanea organizzata da Fiera Milano, “Abbandonare il locale” è la prima grande mostra personale in Italia dedicata all’artista di Los Angeles. Allestita all'interno di un ufficio dismesso negli spazi di BiM - ambizioso progetto di rigenerazione urbana nel distretto Bicocca che sta trasformando un iconico edificio progettato da Vittorio Gregotti in una work destination all’avanguardia - la mostra è curata da Nicola Ricciardi, direttore artistico di miart, che ha selezionato insieme a Horvitz oltre 20 opere che ripercorrono altrettanti anni di carriera, che saranno esposte dal 12 aprile al 30 giugno. Horvitz vive e lavora a Los Angeles, utilizzando una disparità di media - dalla fotografia alla performance, dai libri d'artista al suono, dalla gastronomia alla mail art - per riflettere sulla comune idea di distanza tra luoghi, tempi e persone e per testare le possibilità di appropriarsi, indebolire o cancellare queste distanze. Le sue opere sono state esposte in tutto il mondo, dal New Museum di New York al Palais de Tokyo di Parigi, e sono oggi presenti in alcune delle più prestigiose collezioni museali, dal LACMA di Los Angeles al MoMA di New York. La mostra di Milano nasce dalla volontà di dare una forma tangibile all’espressione “no time no space”, scelta come tema e titolo della nuova edizione di miart per sottolineare la volontà della fiera di allargare sempre di più i propri confini geografici e temporali. I lavori di Horvitz qui raccolti provano infatti a complicare e sovvertire l’idea standardizzata di tempo, come nel caso dell’orologio di “A clock whose seconds are synchronized with your heartbeat” (2020), o della performance “Evidence of time travel” (2014), per la quale l’artista ha vissuto in Europa regolando la propria vita sul fuso orario della California, o a scardinare confini e limiti spaziali, aprendo varchi verso nuove dimensioni come in “For Kiyoko” (2017), in cui Horvitz fotografa le stelle immaginando sua nonna a guardarle 75 anni prima dal campo di internamento giapponese in Colorado in cui era stata rinchiusa, oppure nell’installazione “The Distance of a Day” (2013), in cui l'artista espone due video realizzati contemporaneamente da lui e da sua madre in California e alle Maldive, uno al sorgere e uno al tramontare del sole nella stessa giornata. Mescolando un approccio site-specific con un’attitudine performativa, e alternando lavori storici con nuove produzioni e oggetti trovati, “Abbandonare il locale” offre inoltre una lettura non convenzionale dell’etica e dell’estetica del posto di lavoro, piena di immaginari alternativi e possibili vie d’uscita. Ne sono un esempio le bottigliette di plastica di “Imagined Clouds (Milan)” (2024), che nel contesto in cui si trovano possono sembrare rifiuti abbandonati dopo una giornata di lavoro, ma che in realtà offrono una riflessione sull'acqua come metafora dell’evasione, poiché passa dappertutto, non ha limiti e confini. Oppure il progetto “Mood disorder” (2012), un autoscatto realizzato da Horvitz mentre simula uno stato di depressione e che l’artista ha caricato sulla pagina di Wikipedia dedicata ai disturbi dell'umore (e che, in quanto libera da copyright, è stata per anni riutilizzata da siti di informazione, blog e riviste, circolando al di fuori del suo controllo). “Abbandonare il locale” è organizzata da BiM - Bicocca incontra Milano ed è realizzata con il generoso sostegno di ChertLudde, Berlino e il supporto di Variant3D. Il progetto di allestimento e di illuminazione della mostra è a cura di SPECIFIC - laboratorio di progettazione e produzione creativa multidisciplinare formato da Patrick Tuttofuoco, Nic Bello, Alessandra Pallotta, Andrea Sala e Stefano D’Amelio - che ha lavorato nello spazio adattando gli elementi originali dell’ufficio. La mostra rientra nell'ambito della Milano Art Week (8-14 aprile 2024), la manifestazione coordinata dall'Assessorato alla Cultura del Comune di Milano che riunisce le principali istituzioni pubbliche e fondazioni private della città dedicate all'arte moderna e contemporanea. In occasione della staffetta tra miart e Salone del Mobile 2024, BiM ospita inoltre “Salone Calmo. A Showcase of Campeggi Objects”, esposizione dei pezzi iconici del brand in dialogo con l’arte e la fotografia, curata da SPECIFIC e da C41. (gci)

NELLA FOTO. Dal Cuore alle Mani: Dolce&Gabbana, veduta della mostra. Ph. Michael Adair

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