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ROCCELLA: MATERNITA’
E’ PRESTIGIO SOCIALE

ROCCELLA: MATERNITA’ <BR> E’ PRESTIGIO SOCIALE

  “Il mio è il femminismo della differenza” e “il nuovo femminismo non ha costruito spazi di confronto tra idee diverse e così ha disperso la solidarietà femminista”. Lo afferma Eugenia Roccella, ministra per la Famiglia, la Natalità e le Pari Opportunità, in una intervista a La Stampa. “Il femminismo è la mia vera, profonda appartenenza identitaria. Il resto sono scelte politiche, non meno convinte e non meno vere. Quando passai a destra, alla Libreria delle Donne di Milano scrissero: Roccella è impazzita”, “il fatto che io venga vista in un certo modo è un condizionamento per me”. La fa soffrire? “Molto. Mi impedisce di essere chi sono” ma “la mia migliore amica, però, è una piddina di ferro. Litighiamo furiosamente da sempre e lei non mi dà mai ragione”, “stare a sinistra rappresenta una magnifica assicurazione contro le contestazioni”, “non mi interessa avere una vita facile”. Quando “ho provato a parlare del mio libro, Una famiglia radicale, sono stata censurata. Ed ero al Salone del Libro di Torino. Contestazione è quando io parlo e tu, dopo avermi ascoltata, mi fischi. Se mi fischi per non farmi parlare, mi censuri. Da allora non ho più parlato del libro, che peraltro non raccontava me o le mie posizioni, ma la storia della mia famiglia, che poi è la storia che mi rende, per alcuni, inaccettabile, perché mio padre era un radicale, come me che però sono anche di destra, cattolica e femminista”. In quel libro racconta di aver perso una sorella prima di conoscerla. Si chiamava Simonetta, nacque prematura e sua madre lasciò l’ospedale quando lei era ancora in incubatrice.

Poi si ammalò, morì e sua madre non tornò a prenderla. Suo padre, prima di morire, le ha chiesto di cercare la sua tomba. Lo ha fatto? “No. Era un peso troppo grande da sostenere.

Per tutta la mia vita ho fatto fronte alle conseguenze delle azioni, coraggiose ma spesso sconsiderate, dei miei genitori. In quel caso, però, non avrei retto. Non ho mai smesso di pensare a Simonetta e di fare i conti con quello che è successo”. Inoltre evidenzia che “la maternità viene spezzettata e messa sul mercato. Se sono sempre stata critica verso le nuove tecnologie della procreazione è per ciò che comportano: frammentazione della gravidanza, compravendita di ovociti, affitto dell’utero, il fatto che mentre il padre biologico resta uno, le madri possono arrivare a essere quattro”, “voglio creare verso la genitorialità un clima amichevole, che accolga la maternità senza ridurla a una scelta soltanto individuale e privata. Vorrei che la maternità fosse per le donne un elemento di autoconsiderazione e desse loro prestigio sociale”. Sul fronte della violenza contro le donne poi afferma che Gino Cecchettin “ha tutta la mia ammirazione. Le leggi non bastano: servono formazione, cultura, tempo. La libertà delle donne fa ancora paura. La violenza contro di loro aumenta trai ragazzi e questo non dipende solo dal patriarcato. Una matrice è lo smagliarsi delle comunità educative dovuto alla riduzione delle reti parentali, che si traduce in solitudine educativa e mancanza di spazi in cui imparare a stare insieme, conoscersi, limitarsi. I bambini non si confrontano più con fratelli e cugini, anche perché ne hanno sempre meno: il confronto tra pari, per loro, avviene per la prima volta in un ambiente esterno e non protetto”. (16 dic - red)

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