“È un lavoro, quello in Ps, di cui pensi di non poter fare a meno, ma che ti distrugge. A un certo punto ho fermato la giostra infernale”, “la sanità pubblica stava già subendo da anni il taglio dei posti letto, ma il fiume fino a quel momento, per quanto a livello, aveva tenuto. Con il Covid è tracimato. È iniziata la competizione tra pazienti Covid e non Covid nelle ospedalizzazioni, e, finita l’emergenza stretta, le liste d’attesa si sono accumulate e hanno sottratto ulteriormente posti letto ai Ps, le altre parti dell’ospedale sono tornate poco collaborative con il Ps e i pazienti in attesa si sono sempre più incattiviti”. Così in una intervista al Corriere della Sera Ernesto Gelonesi, 45 anni, che dopo 14 anni di servizio in pronto soccorso, quasi 10 dei quali passati al Sant’Orsola, si è dimesso diventando medico di base. Ma anche questo settore non è semplice: “Ho visto l’altra faccia di una professione che dai corridoi del Ps in genere criticavo molto”, “se un medico di base non ha la segreteria, il lavoro diventa un incubo. I pazienti ti inondano di whatsapp, vocali, emoticon. Capisce? Gli emoticon. Più che il medico diventi un segretario e perdi di vista il tuo lavoro. I massimalisti, i medici che hanno raggiunto il massimo consentito degli assistiti, gestiscono una mole di pazienti assurda, le ore di ambulatorio sono fittizie, si fanno sempre almeno due ore in più. Non è l’eldorado il medico di base, una volta lo pensavo. Fai dal lunedì al venerdì, certo, ma sono cinque giorni senza tregua. Ricevi centinaia di messaggi per la prescrizione di ricette per le malattie croniche e questo toglie tempo e la possibilità di fare il medico. A me piace visitare la gente, ma poi se fai il medico di base non hai nemmeno quegli strumenti che ti consentono di gestire il caso sul territorio. E cosa si fa? Si mandano i pazienti al Ps”. O al Cau, i centri di assistenza urgenza creati in Emilia Romagna...«Adesso lavoro anche al Cau, ruoto su varie strutture a Bologna e in provincia, sono tornato anche al Sant’Orsola come medico del Cau, è stato bello. Faccio i turni mancanti dei Cau e faccio anche le notti che mi ridanno un po’ dei ritmi che avevo in Ps. Aspetto la stabilizzazione”. E aggiunge: “Il rischio è che, siccome si è diffuso il terrore delle lunghe attese al Ps, la gente venga al Cau anche con sintomi gravi”. (6 mar - red)
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