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Ricerca italiana sulle api selvatiche: anche le api da miele contribuiscono a loro declino

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Quando parliamo di api quasi tutti pensiamo alle api da miele. In realtà, solo in Italia, esistono oltre mille specie di api che svolgono ruoli cruciali negli ecosistemi pur non producendo miele. La competizione tra api da miele e api selvatiche è proprio il focus della ricerca condotta in sinergia tra le Università di Firenze e di Pisa, intitolata “Island-wide removal of honeybees reveals exploitative trophic competition with strongly declining wild bee populations” e pubblicata sulla rivista Current Biology. La ricerca è stata realizzata negli ultimi quattro anni sull’isola di Giannutri, con fondi provenienti dal Ministero dell'Ambiente, dal Programma operativo nazionale del Ministero della Ricerca e dal National Biodiversity Future Center. L’indagine parte dalla constatazione che l’ape da miele allo stato selvatico e molte delle altre api siano in forte declino. Un fenomeno che dovrebbe destare forti preoccupazioni, visto che dall’azione delle api dipende il funzionamento degli ecosistemi e la realizzazione di molti prodotti agricoli. Il declino degli impollinatori è dovuto a molteplici fattori di natura umana e negli ultimi anni sta crescendo il sospetto che anche le api da miele gestite dall’uomo possano contribuire al declino delle api selvatiche monopolizzando le risorse floreali. “Nel nostro studio – spiega il docente di Zoologia Leonardo Dapporto, referente scientifico Unifi della ricerca – abbiamo utilizzato l’intera isola di Giannutri, dove l’ape mellifera non è presente allo stato selvatico, come un laboratorio a cielo aperto”. Impedendo alle api da miele di raccogliere risorse nell’isola per alcune ore in alcuni giorni, si è assistito a un “rapido aumento delle risorse disponibili agli apoidei selvatici, ossia polline e nettare, inducendo gli insetti a modificare il loro comportamento in modo da assumere più risorse in un tempo più breve. Nello specifico, polline e nettare sui fiori sono aumentati rispettivamente del 50% e del 30%. Senza competizione, le api selvatiche sono diventate più attive nel cercare il cibo, hanno trascorso più tempo sui fiori a succhiare il nettare e hanno impiegato meno tempo a prendere il polline”, ha spiegato Lorenzo Pasquali, primo autore e dottorando Unifi. In base a questi dati il Parco nazionale dell’Arcipelago Toscano ha deciso di non confermare le autorizzazioni per condurre l’apicoltura sull’isola di Giannutri. I ricercatori fiorentini e pisani sono già tornati sull’isola per osservare se, nel lungo periodo, l’assenza di api da miele gestite si tradurrà in un incremento delle altre specie di apoidei impollinatori.


(© 9Colonne - citare la fonte)