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direttore Paolo Pagliaro

La riscoperta del pittore barocco Carlo Saraceni

Mostre
Le grandi mostre in programma in Italia e quelle che hanno l'Italia, attraverso i suoi grandi artisti, come protagonista nel mondo. Lo "Speciale mostre" è un viaggio tra capolavori, opere d'avanguardia e sperimentali, pittura e scultura, memoria e identità, storia e filosofia, un tributo all'arte e ai suoi protagonisti e un modo per scoprire quanto di buono fanno le istituzioni nazionali e locali per il nostro patrimonio culturale e di creatività.

La riscoperta del pittore barocco Carlo Saraceni

LA RISCOPERTA DEL PITTORE BAROCCO CARLO SARACENI
A Roma la prima esposizione monografica sul pittore veneziano Carlo Saraceni, giunto a Roma, ventenne, attorno al fine del ‘600 e attivo nella città pontificia e nel Lazio, per poi rientrare a Venezia dove morirà a meno di quaranta anni in casa Contarini degli Scrigni nel 1620. Circa 70 opere, alcune delle quali restaurate e rese più visibili nei loro caratteri stilistici in occasione della mostra, provenienti da chiese, musei e varie collezioni, alcune delle quali visibili in pubblico per la prima volta, sono esposte fino al 3 marzo al Museo Nazionale di Palazzo Venezia. Con questa esposizione di taglio monografico e strettamente legata a “Roma al tempo di Caravaggio” la Soprintendenza Speciale per il Patrimonio Storico, Artistico ed Etnoantropologico e per il Polo Museale della Città di Roma continua, quindi, un percorso dedicato agli artisti caravaggeschi che all’inizio del ‘600 proseguirono l’opera di rinnovamento della pittura e dell’iconografia sacra e profana iniziata dal Merisi. L’opera di Saraceni, dal naturalismo nordico dei primi paesaggi al caravaggismo degli anni romani, offre così uno spaccato della cultura figurativa primosecentesca. Presenti anche alcune opere del misterioso “Pensionante del Saraceni”, figura tanto enigmatica quanto qualitativamente alta.
(red)

A PORTO ALEGRE RETROSPETTIVA SU GIORGIO MORANDI
A Porto Alegre una grande retrospettiva dedicata a Giorgio Morandi, realizzata in collaborazione con il Museo Morandi di Bologna. La mostra “L'universo poetico di Giorgio Morandi”, fino al 24 febbraio alla Ibere Camargo Foundation, prestigiosa istituzione museale brasiliana progettata dall'architetto Alvaro Siza, presenta una lettura rinnovata delle opere del maestro bolognese. Il percorso espositivo - attraverso 40 dipinti e 15 incisioni - rappresenta una sintesi della creazione artistica dell’artista dal 1910 al 1960 e comprende alcuni dei grandi capolavori personalmente scelti da Morandi per la quarta Biennale di San Paolo in Brasile del 1957, oltre a un consistente nucleo di opere provenienti dalla collezione del Museo Morandi, da altre rinomate istituzioni pubbliche e da collezioni private italiane.
(red)

A GENOVA LE FOTO DI STEVE MCCURRY
Al Palazzo Ducale di Genova si tiene fino al 24 febbraio una nuova grande mostra dedicata a Steve McCurry, prodotta e organizzata dalla Palazzo Ducale Fondazione per la Cultura, dal Comune di Genova e da Civita. Un nuovo appuntamento, dal titolo “Steve McCurry - Viaggio intorno all’Uomo”, che prosegue il percorso espositivo che Civita e SudEst57 hanno iniziato nel 2009 a Milano, per poi toccare Perugia e Roma, a cui hanno partecipato complessivamente più di 300.000 visitatori. L’allestimento, di grande impatto scenografico, è studiato appositamente per gli ambienti (1.000 m2) del suggestivo Sottoporticato di Palazzo Ducale e differenziato in ciascuno degli spazi tematici. Presentate in mostra oltre 200 foto, stampate in vari formati, con una netta prevalenza delle grandi dimensioni. Insieme alle icone più conosciute, scattate nel corso degli oltre 30 anni della sua straordinaria carriera di fotografo e di reporter; saranno presentati i lavori più recenti, realizzati dopo il 2010 insieme ad alcuni inediti, mai esposti nelle mostre precedenti, che costituiscono quasi il 50% delle foto esposte. Tra le opere in mostra anche il celebre ritratto della ragazza afgana dagli occhi verdi, di cui è presentata tutta la storia, con scatti mai visti, un documentario di National Geographic proiettato in uno spazio dedicato e il materiale raccolto in giro per il mondo dallo stesso McCurry. Presentati, tra gli altri, il progetto The last roll con le immagini scattate utilizzando l'ultimo rullino prodotto dalla Kodak, gli ultimi viaggi a Cuba, in Thailandia e in Birmania, con una spettacolare serie di immagini dedicate al Buddismo, una selezione delle fotografie scattate nei recenti e numerosi soggiorni italiani, da Venezia alla Sicilia, da Roma all’Aquila. Esposte in anteprima le immagini realizzate di recente in Tanzania per il progetto di sostenibilità Lavazza Tierra. Si tratta dell’ultimo capitolo di una lunga serie sviluppata a partire dal 2002 il cui narratore d’eccezione, Steve McCurry appunto, ha raccontato i numerosi progetti sviluppati da Lavazza in Perù, Colombia, Honduras, India e Brasile.
(red)

IL FASCINO DELLE “COSE” ANTICHE
Da alcuni decenni, la museologia ha iniziato a prestare grande attenzione a cose che, anche povere e apparentemente insignificanti, possano essere raccolte e collezionate. Alla base di questa tendenza sta la volontà di restituire significato a oggetti che, privi di storia ed estrapolati dal loro contesto e vissuto, subirebbero definitivamente l'oblio del tempo. Al Museo della figurina di Modena la mostra "Cose da niente: il fascino discreto degli oggetti", fino al 24 febbraio, presenta oggetti di uso comune, cose cadute in disuso, strumenti rari e inventati. Un viaggio nel passato con circa 200 illustrazioni d'epoca, tra coni da zucchero, macinini, tabacco da fiuto, vasi da notte, cuccumelle e sali d'ammonio. Ogni oggetto in mostra è collocato idealmente nel 'suo' ambiente: le stanze che compongono un'immaginaria casa borghese di fine secolo - il salotto, lo studio, la cucina, la stanza di servizio, la toletta, la camera da letto e la camera dei bambini -, e gli spazi all'aperto, tipici della vita cittadina quali i parchi, le vie popolate di negozi e locali pubblici. Gli oggetti sono inoltre accompagnati da brevi racconti che, nel delinearne le origini, ne fanno affiorare curiosità e aneddoti, ridandogli vita e togliendo il velo di polvere che metaforicamente ricopre queste figurine. Il catalogo offre testi e racconti inediti che rievoca un giornale di fine Ottocento. Questi alcuni degli oggetti speciali che si potranno trovare raffigurati nelle figurine d'epoca selezionate per la mostra: i "calcagnini", una sorta di piccoli trampoli, creati per poter camminare per strada senza sporcarsi di fango, la "lorgnette", nome francese per gli occhiali sorretti da una stanghetta laterale, la "magiostrina", come in dialetto milanese si chiamava la paglietta da indossare nei mesi primaverili per proteggersi dal sole. Non mancheranno lo "strandkorb", poltrona da spiaggia di fabbricazione tedesca, per respirare l'aria di mare senza ustionarsi al sole, e il "peep show": quest'ultimo, diffuso tra il XVIII e il XIX secolo, permetteva di vedere attraverso un foro delle immagini grazie a lastre di vetro retroilluminate da una candela. Pare che il termine derivi da Peeping Tom, un giovane divenuto cieco ammirando attraverso un foro Lady Godiva che cavalcava nuda. Per questo è diventato sinonimo di rappresentazioni erotiche o pornografiche. Una installazione a cura di Clementina Mingozzi accompagna la nuova mostra.

SPECIALE MOSTRE: SALMEGGIA, IL “RAFFAELLO” BERGAMASCO
“Brera mai vista”, giunta grazie al generoso sostegno di Intesa Sanpaolo alla 28.ma edizione, presenta al pubblico della Pinacoteca, fino al 10 marzo, la Deposizione dalla croce di Enea Salmeggia detto il Talpino. La pala, arrivata a Brera nel 1802, proviene dalla chiesa di San Leonardo a Bergamo, all’epoca della sua esecuzione (1602) apparteneva ancora all’antichissimo ordine dei Crociferi, soppresso da papa Alessandro VI nel 1656. La pala era considerata uno dei capolavori di Salmeggia, detto il “Raffaello” bergamasco. Il purismo di Salmeggia, che si concretizzò anche nella stesura di un “Trattato di proporzioni” mai dato alle stampe, attraversò i secoli con inalterata stima. Le notizie sull’artista scarseggiano: non conosciamo l’anno di nascita, da collocarsi forse intorno al 1565, e la formazione resta misteriosa. Non si contano i pentimenti e le correzioni intervenuti in corso d’opera, evidenziati dalle indagini diagnostiche e in molti casi visibili anche a occhio nudo. Quasi tutte le mani e molti dei profili delle figure risultano corretti e sono state cancellate numerose figure che sono ora visibili nelle indagini riflettografiche. Salmeggia concepisce la deposizione come un vero e proprio dramma sacro. Ogni personaggio è studiato con posture e atteggiamenti diversi per regolare “gli affetti”, cioè la portata emozionale di ciascun attore. In primo piano sono disposte figure di quinta avvolte in smaglianti vesti gialle, rosa e aranciate, contraddistinte da eleganti panneggi studiati sulla statuaria antica. I gesti dei protagonisti sono finalizzati ad “invitare” i devoti alla partecipazione secondo i dettami postridentini, di cui il Talpino fu un interprete apprezzatissimo.
(red)

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