Christian Ginepro, l’agente D’Intino della serie tv “Rocco Schiavone”, guida una associazione che da due anni ha aperto a Roma, nel quartiere in cui abita, una mensa che, ogni mercoledì, fornisce 120 pasti con il lavoro di decine di volontari. Inoltre, grazie ad oltre 500 donatori in tutta Italia, sostiene diversi progetti in Italia e all’estero.
Il mercoledì, intorno alle 16, su via Abate Ugone, nel quartiere romano di Monteverde nuovo, si apre una porticina e figure con fratini verdi cominciano ad aprire lungo il marciapiede delle sedie pieghevoli, su un tavolino vengono apparecchiate caraffe di tè, bevande ed i pasticcini ed i ciambelloni che preparano i ragazzi del laboratorio inclusivo “Mastri biscottai” al Portuense e le signore del quartiere che hanno imparato ad amare questo posto. Di lì a poco si assiepano una ventina di persone che col passare del tempo diventano diverse decine ed infine oltre un centinaio quando, alle 18, dalla porticina cominciano ad uscire 120 pasti in vaschette ed imbustati. Tutto intorno ci si saluta, si siede insieme, si racconta come è andata la settimana. E i cosiddetti “invisibili” (come Paola la senzatetto) mostrano il più disarmante dei sorrisi, i fragili (come le amiche Marisa ed Anna, 94 ed 86 anni) trovano la forza di uscire di casa, gli “ultimi” (come Samuel, ex detenuto albanese, Rosa madre di tre figli disabili, Lucia anziana profuga ucraina, Aldo caduto in miseria dopo la separazione coniugale, Giuseppe con un passato di alcolista e Carlo il cui stipendio da commesso basta solo per l’affitto) diventano i protagonisti di questa ribalta che è Piazza Grande.
Così si chiama la mensa che, dal novembre 2022, l’associazione Famiglia Ginepro fondata da Christian Ginepro (l’attore dell’agente D’Intino in Rocco Schiavone, dell’autore di Troppo frizzante in Boris, del prof Boccia in “Skam Italia” e di tante commedie e musical di successo, firmati da colossi come Proietti e Garinei oltre che autore, regista, scrittore) organizza nella parrocchia di Santa Maria della Provvidenza, trasferitasi qui dal Tufello. Proprio all’ombra dei “grattacieli”, le ex case popolari di via di Donna Olimpia dove Pier Paolo Pasolini 70 anni fa elevò a poesia la miseria dei ragazzi di vita e l’umanità degli accattoni.
Pochi, del popolo di Piazza Grande, conoscono la storia di Pasolini, immortalato su un bassorilievo proprio davanti alla mensa ma tutti hanno imparato a conoscere i volontari che garantiscono un mercoledì, se non di più, al mese. Ognuno di loro con precise mansioni e parte di una efficiente chat per permettere il funzionamento della complessa organizzazione della mensa. Silvia Califano (proprio la figlia del Califfo) ed Ersilia Montanaro sono state tra le prime a coadiuvare Ginepro in questa impresa fin dai tempi del Tufello. Poi, Valentina Ricciardi, avvocato in una azienda farmaceutica, Elisabetta Fuschi, Francesca Raggetti ed Antonio Indelicato, carabiniere in pensione. Ma sono decine i volontari che compongono questa sorprendente “famiglia” della solidarietà.
Nella piccola cucina messa a disposizione dal parroco don Alberto (la parrocchia, che ha una sua mensa autonoma la domenica con pasti cucinati da una ventina di parrocchiani, di Piazza Grande paga i costi energetici) spignattano i cuochi. Tra di essi Roberto Croce, il coreografo di Heater Parisi, di Domenica In, dei musical italiani più famosi, "da Evita" con Malika Ayane a "Tutti insieme appassionatamente" con Luca Ward, a "Jesus Christ Superstar". E ogni mercoledì, ad apertura dalla mensa, arriva il pane donato dal ristorante del marito di Maria Grazia Cucinotta (certe volte al volante c’è proprio lui, Giulio Violati). “Un raro caso di colleghi del mondo dello spettacolo che sono voluti entrare nella Famiglia Ginepro. Altrimenti le stelle stanno a guardare! Mentre le persone comuni hanno risposto in massa. Quando nel 2022 misi un annuncio su facebook per aprire la mensa a Monteverde in poche ore risposero ben in 80. I monteverdini sono generosi, non a caso da alcuni anni vivo qui” spiega il fondatore.
Tra i volontari figurano anche due docenti del vicino istituto scolastico “Federico Caffè” che, se un mese di mercoledì ne ha 5, si sono presi l’impegno di coinvolgere i loro alunni. Ma anche gli scout, un adolescente inglese che fa il volontario insieme a sua madre (ed aiuta anche come interprete) e persino un assistito della mensa che ha deciso di mettersi al suo servizio. Ora Matteo, un ragazzo omosessuale che alla mensa era arrivato con il compagno, allontanati dalle famiglie e gravati da problemi di salute, si occupa di uno dei compiti più delicati, quello delle giacenze e degli ordini alimentari, che fa sì che la mensa sia sempre operativa.
Tutti mettendo in pratica quel “donare poco ma in tanti” con cui Famiglia Ginepro, in 11 anni, è diventata una rete operosa che sta facendo scuola nel sociale in Italia ma anche all’estero tanto che verrà finanziata con 1 euro a pasto dalla Fondazione Arca di Milano, una delle più importanti in Italia di assistenza agli emarginati e che si è detta anche disponibile a sostenere i lavori che permetteranno alla parrocchia di accogliere gli ospiti della mensa in uno spazio interno. “Qui vogliamo che tutti si sentano a casa – prosegue Christian Ginepro -. Ecco perché, prima della distribuzione dei pasti, mettiamo a disposizione le sedie, perché tutti stiano comodi, facciamo una merenda, i nostri volontari si pongono in ascolto di tutti. E in diversi casi si aziona una rete di assistenza solida. Poi la nostra prima intuizione, quella di donare poco ma in tanti, ci ha fatto e ci fa crescere. In 11 anni abbiamo raccolto e donato 400mila euro. In 500 persone si dona 65 euro l’anno. Così finanziamo sei progetti di micro-associazioni di cui ci fidiamo totalmente, oltre alla nostra menda di Piazza Grande sostenuta da 100 donatori. Ovviamente, se le donazioni salissero, potremmo fare ancora di più. Come è cominciato tutto? Nel 2012, era appena nato mio figlio, ho sentito la necessità di ricambiare quanto la vita mi stava donando. Ma non volevo fare spettacoli d beneficenza saltuari e ho pensato ad una associazione. L’avrei voluta chiamare Nord-Ost in omaggio al musical in scena durante l’attentato del teatro Dubrovka ma poi mi convinsero a chiamarla Famiglia Ginepro, come l’albero che attecchisce ovunque…”.
Berretto e zainetto qui a Piazza Grande, Ginepro (artista al fianco e stimato da nomi come Gigi Proietti, Pietro Garinei, Gino Landi, Gianluca Guidi, Alberto Negrin, Massimo Ghini, Ludovico Bessegato, insignito per il suo eclettismo dei Premi Personalità Europea, Walter Chiari e Massimini ed ora a teatro come regista di una spumeggiante versione di “Arsenico e vecchi merletti”) - si confonde tra gli ospiti della mensa: un frizzo qua, un lazzo là, passa veloce e se ne va magari caricandosi i sacchi della immondizia. Alcuni dei nuovi volontari (di quelli che arrivano col passaparola o semplicemente avvicinandosi quando di mercoledì il marciapiede della mensa si affolla) non sanno neanche che Ginepro è il presidente dell’associazione tanto che è anche accaduto che gli offrissero il pasto. E, se gli scappa uno scherzoso “dotto’!”, magicamente diventa Domenico D’Intino, l’ingenuo poliziotto abruzzese che fa impazzire Rocco Schiavone. “Un personaggio che fa comodo alle raccolte alimentari che facciamo nei supermercati a sostegno della mensa. E così a chi mi domanda un selfie, di rimando chiedo olio e tonno!” spiega. Certo non si spinge a dire (come fa il suo personaggio D’Intino nella scena in cui Rocco Schiavone tergiversa per una colletta) “Dotto’, che tie' lo braccetto corto?” ma poco ci manca. “D’Intino si fa scivolare le cose addosso, è ingenuo, innocuo, candidamente importuno, la gente gli vuole bene perché si riconosce nel suo essere non eroico, è come disegnato su altro pentagramma. E’ un personaggio che va a 7 km all’ora mentre io a 7mila! Forse anche per questo amo tanto Monteverde. C’è tranquillità e familiarità e qui posso ancora vivere la mia dimensione di uomo di provincia. A Roma sono arrivato 27 anni fa da Pesaro rincorrendo il mio sogno. Avevo 24 anni ed ero cresciuto come Billy Elliot, con una passione enorme per la danza. E due anni dopo ero Bobby in Chorus line con la Compagnia della Rancia. E non mi sono più fermato. Tanto che oggi passo 100 giorni all’anno su di un an di 6 metri che ho chiamato Madeleine, come i dolcetti di Proust, per seguire le tournée degli spettacoli, i periodi di insegnamento e gli eventi di beneficenza a sostegno di Famiglia Ginepro. C’è tanta voglia di aiutare. E noi siamo aperti, anzi spalancati con chi voglia entrare nella nostra favolosa famiglia. O anche solo venirci a trovare perché qui si fa concreta esperienza del fatto che gli italiani non sono né razzisti e né individualisti come invece ci raccontano, del fatto che la cronaca nera è una eccezione, che se messi in condizione di aiutare tiriamo fuori il meglio di noi stessi. Ecco perché qui a Famiglia Ginepro diciamo che la solidarietà è l’atto di egoismo più bello del mondo oltre che un lusso che tutti noi del mondo ‘privilegiato’ possiamo concederci. Ed io mi considero una calamita che può attirare il tanto ferro che c’è in giro…”.
Valentina Ricciardi è stata tra le prime, a Monteverde, a rispondere all’appello su facebook di Ginepro. E’ tra coloro che hanno il delicato compito di gestire l’accoglienza degli ospiti della mensa, parlare con chi non ha nessuno che li ascolti, instaurando nel tempo un rapporto di fiducia con chi l’ha persa. Di Karl, ex senzatetto, ha ricostruito letteralmente la vita aiutandolo a rifarsi i documenti perduti e a ritrovare una strada nella vita. Lui oggi dice che lei è “l’amore mio”, la considera come una figlia, è tornato a dipingere e le ha regalato due suoi quadri. “Mi modulo a seconda delle necessità di ognuno, che sia una pratica lavorativa, una medicina, trovare delle scarpe nuove. Ma il più delle volte chi viene da noi lo fa per farsi ascoltare perché di mense a Roma ce ne sono tante ma qui sanno che c’è chi li accoglie anche per parlare. Ecco perché non abbiamo mai avuto problemi con i nostri ospiti – spiega Valentina -. Non riesco pienamente a rappresentare quello che facciamo e per questo dico di venirci a trovare. E quelli che lo fanno poi tornano, ognuno mettendo ciò che può… Un dolce, un turno di acquisto, 3 ore al mese alla mensa. La nostra idea di volontariato è la stessa di dei donatori di Famiglia Ginepro: siamo tantissimi a donare poco. Non stiamo facendo il dovere della carità ma il dovere della solidarietà che è un approccio del tutto diverso. E lo spazio di accoglienza e di ascolto che diamo fa la differenza. Poi, certo, se ci fossero più donazioni potremmo anche alzare il livello del cibo, acquisteremmo ad esempio più carne, potremmo comprare vaschette compostabili e tanto altro”.
Le salaci battute e la giullaresca fisiognomica – “quelle che facevano piegar da ridere Proietti che lo ha diretto in Taxi a due piazze e Caso Maiorana Show (“ma in realtà ero io che ridevo a crepapelle con lui, si anda a casa col mal di pancia. E con lui davo il 300% e lo chiamavo san Pietro perché aveva una chiave per ogni attore) fanno di Christian Ginepro una locomotiva di entusiasmo per la sua “casa” in cui i donatori vengono insigniti del nome di “capo famiglia” e ringraziati con affetto nel gruppo Facebook dell’associazione. “Oggi finanziamo in Benin una scuola di 450 alunni con una mensa resa possibile dalla donazione di una cucina da due nostri amici chef Alessandro Pezzi e Luca Vigoni – riassume Ginepro -. In Etiopia adottiamo a distanza 18 bambini orfani attorno ad ogni dei quali si crea una rete di 13 amici italiani che li sostiene per un anno. Due progetti in Africa che abbiamo chiamato A chorus life. In Italia sosteniamo Casa di Edo a Roma che ospita bambini in cura all’ospedale Bambin Gesù ed una casa-famiglia a Pino Torinese, progetto che chiamiamo Ritorno al futuro. Inoltre ogni anno liberiamo due cani dai canili lager per finanziarne le cure in un rifugio di campagna a Valmontone. Poi c’è il progetto Dopodomani di Joy for Children per le famiglie di profughi con bambini disabili al confine turco-siriano. Oggi siamo in 175 a finanziarlo e sono già alcune volte che vado sul posto. Vedere quelle famiglie, senza più uomini, vittime della guerra, che vivono nei garage, che bruciano nella stufa pezzi di tappeto per scaldarsi…. Abbracciare persone a cui resta poco da vivere, ti cambia per sempre. Cinque giorni valgono come un anno di servizio civile. Per questo, quando mio figlio avrà 15 anni, ci andremo insieme”.
Perché, in fondo, come ogni maschera brillante che si rispetti e da profondo conoscitore del metodo Stanislavskij, Ginepro riesce così ad elaborare positivamente quella che è la sua ombra, l’umana partecipazione del dolore. Lo ha dimostrato nella disperazione con cui il suo personaggio D’Intino scopre di aver sparato per errore a Rocco Schiavone, nel tormentato Aldo di Che Dio ci aiuti, nell’istitutore di Giacomo Leopardi nella fiction Rai sul poeta diretta da Sergio Rubini. Ma anche nel suo primo romanzo, candidato come migliore opera d’esordio nel 2024, “Torna da me”, una ghost story dedicata alla paura più grande, quella di perdere un figlio. “Con cui vorrei anche offrire un ‘balsamo’ a chi ha patito il dolore più grande – spiega -. Ringrazio Tosca che per prima mi ha incentivato. Leggendo le gag che scrivevo per il teatro mi diceva che avrei dovuto scrivere in modo più esteso. E quando ci ho provato è stata una scoperta. Mi sono ritrovato a lavorare al calor bianco, 5 ore passavano come mezz’ora! Ed ora sto scrivendo il secondo romanzo, un thriller psicologico che è anche una riflessione su come molti finiscono per trasferire l’avventura della propria vita in quella di altri. Come accade nel calcio ad esempio. Da 4 anni (ero tifoso della Juve) ho appeso il calcio al chiodo ed è stata come la fine di un grande amore. Ma lui può diventare come l’Horcrux di Lord Voldemort di Harry Potter che prende l’anima e la trasferisce in qualcos’altro. Come il tifoso che mette la sua anima in un campo di calcio dove, ogni domenica, si riparte dallo 0-0 ed in fin dei conti non si gioca mai la sua vera vita. Due frasi mi spingono ogni giorno. Una è di Giovanni Verga: ‘Chi nasce pesce il mare lo chiama’, a significare che non si deve rinunciare alle proprie passioni e si deve aver fede nel fatto che, come diceva Elsa Morante, la Storia, quella con la s maiuscola, viene a sbatterci contro quando ne ha bisogno, senza che io lo debba sapere. E poi un’altra frase che è mia: ‘Meglio protagonista della propria piccola vita che spettatore delle grandi vite degli altri’”. E Christian Ginepro e la sua “Famiglia” sono riusciti a trasformare questo dettame in un grande spettacolo di solidarietà. Gocce necessarie per formare un oceano, come nelle parole di madre Teresa di Calcutta che campeggiano nella pagina Facebook dell’associazione. Per donare: IBAN: IT30K0503403267000000010588 (quota annuale: 65 euro) Pagina Fb: https://www.facebook.com/groups/395619077182242
(29 mag - red)
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