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CITTADINANZA E LAVORO
AL VOTO PER 5 QUESITI

 CITTADINANZA E LAVORO <br> AL VOTO PER 5 QUESITI

Cala il sipario sulla campagna referendaria in vista della consultazione popolare di domenica 8 e lunedì 9 giugno (si vota anche lunedì mattina, fino alle 15). Cinque i quesiti abrogativi su cui gli italiani saranno chiamati a esprimersi: quattro riguardano il mondo del lavoro, uno l’accesso alla cittadinanza italiana per chi è nato fuori dall’Unione europea. Ma perché i risultati siano validi, dovrà votare almeno il 50% più uno degli aventi diritto: il raggiungimento del quorum resta quindi l’incognita principale, in un clima di scarsa informazione e bassa mobilitazione politica.

Cittadinanza per chi vive in Italia da cinque anni. Il primo quesito propone di modificare la legge attuale, che consente la richiesta di cittadinanza dopo dieci anni di residenza legale continuativa. Il SÌ punta a dimezzare questo periodo, portandolo a cinque anni, favorendo l’inclusione degli stranieri che lavorano, pagano le tasse e vivono stabilmente in Italia. Il no difende i dieci anni come requisito necessario per valutare il radicamento nel Paese. Sul tema è intervenuto con toni duri Riccardo Magi, segretario di +Europa e presidente del Comitato promotore: “Domenica e lunedì un fantasma si aggirerà nelle sezioni elettorali italiane: il fantasma di Giorgia Meloni, che si presenterà al seggio e non ritirerà le schede. Una barzelletta che non fa ridere, perché dimostra che la premier ha paura del voto. E ne ha talmente tanta, che sui referendum è arrivata persino a sparare vere e proprie fake news su quanto costa mandare gli italiani alle urne”. Magi ha poi aggiunto: “Per Giorgia Meloni la democrazia è uno spreco, mentre spendere un miliardo per i centri migranti in Albania sarebbero soldi ben spesi. Dobbiamo travolgere questa narrazione tossica con una grande affluenza: ci aspettiamo una grossa sorpresa di partecipazione”.

Licenziamenti illegittimi e reintegro. Con questo quesito si torna al Jobs Act del 2015, che ha limitato il reintegro sul posto di lavoro in caso di licenziamento senza giusta causa, sostituendolo nella maggior parte dei casi con un’indennità economica. Il SÌ vuole reintrodurre l’obbligo di reintegro per le imprese con più di 15 dipendenti. Il No difende l’attuale modello, che lascia il reintegro come eccezione.

Tutele nei licenziamenti nelle piccole imprese. Oggi, per le aziende con meno di 15 dipendenti, la legge fissa un tetto massimo di sei mensilità di risarcimento in caso di licenziamento illegittimo. Il referendum propone di eliminare questo limite. Votando SÌ si affida al giudice la libertà di valutare caso per caso l’indennizzo. Il NO conferma il tetto esistente.

Contratti a termine e obbligo di causale. L’attuale normativa consente di stipulare contratti a termine fino a 12 mesi senza specificarne il motivo. Il quesito propone di reintrodurre l’obbligo di “causale” fin dal primo giorno. Il SÌ vuole contrastare l’abuso del precariato, il NO preferisce mantenere la flessibilità vigente.

Appalti e infortuni, responsabilità condivisa. Ultimo quesito su un tema cruciale per la sicurezza sul lavoro. Oggi, in caso di infortunio, la responsabilità è a carico dell’impresa esecutrice. Il SÌ propone di estenderla anche al committente, per aumentare i controlli e le tutele. Il NO lascia invariato il principio attuale. A mobilitare l’elettorato sul pacchetto lavoro è stata in particolare la CGIL. “È possibile raggiungere il quorum, è così straordinario quello che abbiamo fatto che la campagna è diventata quella di chiedere di non andare a votare”, ha dichiarato il segretario generale Maurizio Landini durante l’evento di chiusura. “L’obiettivo non era solo il quorum. Vogliamo far vivere nel nostro Paese cosa significa una nuova centralità del lavoro, della persona. E da qui dobbiamo continuare, soprattutto nel rapporto con le nuove generazioni”.

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