di Paolo Pagliaro
Stretti tra un regime e una guerra, tra la violenza dei Pasdaran e i bombardamenti di Netanyahu, gli iraniani possono liberamente scegliere come morire. Mercoledi scorso è stato impiccato Abbas Korkor, arrestato alla fine del 2022 durante una manifestazione del movimento Donna Vita Libertà. I tre anni nel frattempo trascorsi sono serviti per imbastire un processo farsa con accuse palesemente infondate. Nel 2024, secondo Amnesty International, le esecuzioni in Iran sono state tre al giorno. Nei primi sei mesi di quest’anno l’organizzazione Human Rights ne ha già contate 571. In queste ore il conto si aggiorna rapidamente perché vengono messe a morte molte persone accusate di spionaggio a favore di Israele.
Il 3 aprile scorso le Nazioni Unite hanno approvato una risoluzione che le impegna a investigare sulle violazioni dei diritti umani commesse dalla Repubblica Islamica . Secondo la risoluzione il regime degli ayatollah utilizza metodi consolidati di controllo sociale che includono censura, sorveglianza, molestie, detenzioni illegali e tortura. Un trattamento riservato anche alle minoranze religiose, come i 500 mila baha'i, ai quali sono negati i diritti sociali ed economici fondamentali, dall'istruzione universitaria all'ottenimento dei documenti d'identità. Alcune migliaia di loro sono riparati in Italia, dove si distinguono per il loro apostolato discreto e colto.
Fino a ieri dissidenti ed esuli trovavano il loro rifugio negli Stati Uniti. Ora non è più possibile, perché il 5 giugno Trump - dicendo di voler tutelare la sicurezza nazionale - ha firmato il divieto di ingresso per chi proviene dall’Iran, abolendo di fatto il diritto d’asilo.