L’ultimo viaggio è iniziato, potente e simbolico: i CCCP partono da Roma per L’Ultima Chiamata tour e salutano il pubblico con un commiato lento, teatrale, consapevole. “Una cerimonia”, la definiscono loro, tra sacro e profano. Sacro, come il canto liturgico di Libera me Domine (“Chi canta prega due volte”, diceva Sant’Agostino). Profano, perché per chi li segue da sempre rimangono il simbolo di una controcultura musicale, di un attacco irriverente e spietato al “sistema”. È veramente l’ultima chiamata? “È l’ultima davvero”, ribadisce la band emiliana incontrando i giornalisti dopo il concerto alla Cavea dell'Auditorium Parco della Musica, che ha dato il via alla tournée finale.
Le prime file pogano come 40 anni fa. Le ultime ascoltano, contemplano. Sul palco i quattro volti storici – Giovanni Lindo Ferretti, Massimo Zamboni, la “benemerita soubrette” Annarella Giudici e l’ “artista del popolo” Danilo Fatur – mettono in scena il loro rito collettivo di memoria, provocazione, amore e disincanto. Non una reunion nostalgica, ma il compimento di un percorso interrotto e ricominciato più volte, ora ripreso per un “congedo diluito”, perché un “commiato come si deve ha bisogno di tempo. I concerti dello scorso anno ci hanno fatto bene, ci hanno ridato energia”, dice Ferretti. “Certe canzoni, 40 anni dopo, hanno amplificato il loro senso senza perdersi. Sono vive e ci chiedono di vivere. Ma senza il pubblico ‘l'ultima chiamata’ non ci sarebbe stata".
Ed eccole alcune delle canzoni “ancora vive” che per circa due ore hanno “ridato energia” a band e fan: Per me lo so, Stati di agitazione, Oh! Battagliero, Radio Kabul, Curami, Punk Islam, Spara Jurij, fino alla sempre tanto attesa e amata Emilia Paranoica e il finale romantico con Annarella e Amandoti. C’è la musica, c’è la danza, c’è la performance teatrale, c’è la poesia: per un approccio ancora oggi non catalogabile. Spiega Zamboni: “Non c'è una linea precisa, ma una necessità e una complessità musicale che è un mistero anche per noi. Siamo un gruppo rock, punk, facciamo il liscio. Non siamo niente di specifico e siamo un po' tutto questo insieme”. Anche il pubblico dei CCCP “non è di destra o di sinistra ma c'è dentro di tutto – sottolinea Ferretti – perché siamo riusciti a parlare a un livello molto profondo dell'animo umano”. Ma non chiamateli rivoluzionari: “È una parola desueta e implica la volontà di una presa di potere, alla quale noi non aspiriamo”, afferma Zamboni.
A Roma è stata “una serata riuscita anche grazie al luogo – prosegue Ferretti -, una dimensione moderna di teatro classico”. E nessun rimpianto per il cambio di location: prima la data fissata al Circo Massimo, poi lo spostamento in Cavea: “Abbiamo una personalità che va rispettata. Il Circo Massimo è sovradimensionato per i CCCP, questa dimensione invece è perfetta”. Il tour proseguirà a Legnano, Napoli, Bari, Piazzola sul Brenta, Rimini e si concluderà a Taormina il 30 luglio (“Sarà una tragedia greca”, scherza Fatur). “Tolta Roma siamo a -6. In Sicilia, ultima data, saremo a 0: un cerchio che si chiude”, chiosa Annarella. (sip – 30 giu)