La provincia di Sweida, nel sud della Siria, continua a essere teatro di scontri tra milizie beduine e forze druse, nonostante i drusi abbiano riconquistato il controllo della città. Dal conflitto, iniziato domenica scorsa, si contano oltre 900 vittime, e le ostilità proseguono nonostante l’ordine governativo di deporre le armi. L’esercito siriano si è ritirato dalla zona, sotto la pressione dei raid israeliani e delle trattative diplomatiche. Ieri sera, il ministero dell’Interno ha annunciato la sospensione delle violenze nella città di Sweida, grazie all’intervento delle truppe statali che hanno fatto uscire i combattenti tribali dai quartieri urbani. Lo ha riferito, riporta il Guardian, il portavoce Noureddine al-Baba tramite Telegram, affermando che gli scontri all’interno della città si sono interrotti. La presidenza siriana ha confermato il cessate il fuoco, invitando a un’immediata fine delle ostilità. Questo accordo, frutto della mediazione statunitense e approvato da Israele, prevede la sospensione degli attacchi aerei israeliani a condizione che la popolazione drusa venga tutelata. Nonostante ciò, in alcune aree della provincia si registrano ancora episodi di violenza. Venerdì scorso, la tensione è aumentata quando gruppi armati tribali si sono scontrati con le forze druse subito dopo il ritiro delle truppe governative, costrette ad abbandonare la zona sotto i bombardamenti israeliani. Il leader siriano Ahmad al-Sharaa ha accusato Israele di esasperare le divisioni settarie nel Paese, definendo le operazioni militari di Tel Aviv una “fase pericolosa” caratterizzata da attacchi diretti al sud della Siria e agli apparati statali di Damasco. I raid israeliani, condotti nei giorni scorsi su Sweida e Damasco, avevano come obiettivo le forze governative, accusate di esecuzioni sommarie e abusi contro civili drusi, contribuendo così all’aggravarsi della situazione. (20 lug – sem)