Roma, 22 lug - “Se usciamo dalla logica del talk show, della contrapposizione a prescindere dagli argomenti, questo voto che stiamo esprimendo in Senato non è né un voto eversivo né rivoluzionario: si tratta di un atto dovuto sulla base del dettato costituzionale. Ed è un atto dovuto da diversi anni, nel senso che sono almeno quarant'anni che è stato introdotto in Costituzione il giusto processo e questa riforma ne è la logica conseguenza, anche di attuazione dell'articolo 111 che rimanda a un giudice terzo e imparziale”. Così Mariastella Gelmini, senatrice di Noi Moderati, sul vito del Senato sulla riforma costituzionale che introduce la separazione tra carriera requirente e giudicante. “Quello che ho voluto sottolineare all'opposizione, che ha scelto l'ostruzionismo e le barricate contro questa riforma, è che in realtà questa riforma e soprattutto l'introduzione della separazione delle carriere è un elemento che è stato apprezzato anche da esponenti che non sono di centrodestra – ricorda Gelmini - : Penso alle battaglie di Marco Pannella e del Partito radicale, penso alle posizioni culturali, non politiche, delle Camere Penali, penso anche al dibattito che c'è stato all'interno delle diverse bicamerali che si sono succedute, in particolare la bicamerale presieduta da D’Alema. Quindi io penso che oggi il Parlamento è chiamato ad esprimere un voto favorevole su una riforma che avvicina la giustizia ai cittadini e che prova ad attuare in maniera corretta la Costituzione. Non è altro che questo”
C'è un nome che aleggia su questa riforma, ed è quello di Silvio Berlusconi: “Sicuramente aver introdotto stabilmente nel programma di centrodestra la separazione delle carriere è un suo merito, ma il perimetro del consenso culturale e politico attorno a questa riforma va ben oltre il perimetro del centrodestra – sottolinea Gelmini - Ho anche citato un pezzo del testo della mozione Martina al Congresso del Partito democratico del 2019, in cui quella mozione esprimeva una posizione favorevole a la separazione delle carriere. A significare che se usciamo dalla logica delle contrapposizioni questa riforma è un po’ anche di sinistra”. Certo, conclude la senatrice “una sinistra riformista che non è quella interpretata dalla Schlein. Oggi quello che mi sorprende però è la posizione in Parlamento di Matteo Renzi, persone che stimo, un riformista che però sceglie di non votare questa riforma: onestamente è un qualcosa che non comprendo da parte di chi ha sempre espresso posizioni ipergarantisti”.
(PO / sis)
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