L’Osservatorio della Fondazione per la Sostenibilità Digitale – la prima Fondazione di ricerca riconosciuta in Italia dedicata ad approfondire i temi della sostenibilità digitale – presenta oggi i risultati della nuova ricerca “Sustainable Smart Working”, che analizza in chiave generazionale il rapporto tra lavoro a distanza, sostenibilità e trasformazione digitale.
La ricerca ha analizzato e messo a confronto le percezioni e i comportamenti di 4 generazioni di italiani: Generazione Z (18-28 anni), Millennial (29-44 anni), Generazione X (45-60 anni) e Baby Boomer (61-75 anni).
Dall’indagine emerge un’Italia ancora divisa: se per i più giovani lo smart working è sinonimo di opportunità e flessibilità, tra le generazioni più mature permangono scetticismo e difficoltà nell’adozione degli strumenti digitali.
“Lo smart working è ormai parte integrante della nostra quotidianità e rappresenta uno dei volani più potenti di innovazione organizzativa e di sostenibilità sociale e ambientale» – ha affermato Stefano Epifani, Presidente della Fondazione per la Sostenibilità Digitale. “Perché possa costituire una reale opportunità per il Paese, è fondamentale che sia accessibile a tutti, indipendentemente dall’età, e che si investa in competenze, cultura e inclusione digitale, così da colmare i divari generazionali.”
I dati della ricerca
Come lo smart working impatta su ambiente, benessere e parità:
La rilevazione evidenzia come, in generale, siano i cittadini più giovani i più convinti dei benefici dello smart working: il 26% appartiene alla Generazione Z e il 24% al cluster dei Millennial. Si tratta di persone che fanno un uso più intensivo del digitale e mostrano una maggiore attenzione ai temi della sostenibilità. Il report sottolinea inoltre come, secondo gli intervistati, il lavoro del futuro dovrà essere un equilibrio tra attività in presenza e da remoto.
“Dalla ricerca emerge con forza la necessità di costruire un modello di lavoro ibrido, flessibile e inclusivo.” – ha continuato Epifani. “Lo smart working non può essere un privilegio di pochi, ma deve diventare una risorsa accessibile, sostenibile e centrata sulle persone. Solo così potremo costruire un futuro del lavoro equo, produttivo e resiliente.”
AMBIENTE – Il 76% degli intervistati ritiene che il lavoro a distanza, riducendo gli spostamenti, rappresenti anche un vantaggio per l’ambiente. Analizzando nel dettaglio le quattro generazioni prese in esame, emerge che il 28% della Generazione Z e il 26% dei Millennial concordano pienamente con questa affermazione, mentre il consenso cala al 23% tra gli appartenenti alla Generazione X e si dimezza tra i Baby Boomer, attestandosi al 15%. L’incertezza rispetto all’impatto ambientale dello smart working, quindi, tende ad aumentare con l’età, fino ad arrivare agli over 60, che sono i meno convinti del suo potenziale in termini di sostenibilità.
WORK-LIFE BALANCE – Per il 70% degli intervistati, il lavoro a distanza contribuisce a migliorare l’equilibrio tra vita professionale e vita personale. A concordare pienamente con questa affermazione è il 25% dei giovani tra i 18 e i 44 anni (Generazione Z e Millennials), il 19% degli appartenenti alla Generazione X e il 14% dei Baby Boomer. Si osserva, quindi, una progressiva diminuzione della percezione positiva dello smart working in relazione al work-life balance con l’aumentare dell’età, probabilmente a causa della maggiore difficoltà delle generazioni più anziane ad adattarsi a modalità lavorative nuove, differenti da quelle tradizionali cui erano abituate.
PARITÀ DI GENERE – Per il 74% degli intervistati, il lavoro a distanza è percepito come uno strumento potenzialmente utile a riequilibrare i carichi familiari tra uomini e donne. A sostenere con convinzione questa affermazione è il 25% dei Millennial, contro il 14% dei Baby Boomer. Il dato più significativo riguarda però le posizioni intermedie: il 62% dei Boomer e il 50% dei Millennial si dichiara “abbastanza d’accordo”, a conferma di una sensibilità diffusa sul tema, ma anche di una consapevolezza che appare ancora parziale o non pienamente compresa o interiorizzata.
BENEFICI PER LE DONNE – Tra le diverse generazioni emergono differenze significative nella percezione del lavoro a distanza come strumento di supporto alle donne, in particolare nella gestione dei carichi familiari. I Millennial si mostrano i più convinti. Il 20% di questi ultimi si dichiara, infatti, pienamente d’accordo con l’idea che lo smart working rappresenti un vantaggio concreto per le donne. Tra i Baby Boomer, invece, la quota scende al 10%.
Questa differenza potrebbe essere legata al fatto che i Millennial, più abituati all’uso delle tecnologie e spesso in una fase della vita in cui si costruisce una famiglia, tendono a vedere nello smart working una reale opportunità per conciliare vita privata e lavoro. Anche tra i Baby Boomer il tema è sentito. Il 65% di essi, infatti, è abbastanza concorde, a conferma di un consenso diffuso, seppur meno deciso.
PRODUTTIVITÀ DEL LAVORO – L’efficacia del lavoro a distanza come leva per migliorare la produttività e generare benefici per le aziende è riconosciuta dal 70% degli italiani, con una maggiore convinzione tra i giovani. Ne è convinto il 75% della Generazione Z e il 76% dei Millennial. La percentuale scende al 65% tra la Generazione X, per poi risalire al 70% tra i Baby Boomer, a conferma di un rapporto non lineare tra età e percezione della produttività. Differenze generazionali emergono anche rispetto al potenziale dello smart working nel promuovere una più equa distribuzione dei carichi familiari tra uomini e donne. Il 20% dei Millennial si dichiara pienamente d’accordo con questa affermazione, contro il 10% dei Baby Boomer.
ISOLAMENTO SOCIALE E AZIENDALE – Il 66% delle persone intervistate, dichiarano di sentirsi isolati e con minore possibilità di interazione con i colleghi. Coloro che si sentono molto concordi con questa affermazione sono il 16% del campione, mentre chi si dichiara abbastanza d’accordo sono il 50% degli appartenenti ai quattro cluster. La Generazione più critica è quella dei Millennial. Il 71% di essi si sente isolato nel lavoro da remoto. Di questi, il 23% si sente molto isolato e il 48% abbastanza isolato. La percentuale scende progressivamente con l’età: il 17% degli appartenenti alla Generazione Z si dichiara molto isolato, contro 14% della Generazione X e l’11% dei Baby Boomer.
Analisi degli strumenti digitali a supporto dello smart working:
La ricerca ha anche analizzato la conoscenza e l’adozione delle tecnologie abilitanti per il lavoro da remoto, mostrando una frattura evidente tra generazioni.
Piattaforme per videoconferenze (es. Zoom, Microsoft Teams, Google Meet): analizzando i dati relativi al livello di conoscenza e/o adozione delle piattaforme per videoconferenze, dalla ricerca risulta evidente come siano conosciute e utilizzate maggiormente dalle generazioni più giovani rispetto a quelle più adulte. È infatti il 28% della Generazione Z ad utilizzarle regolarmente, contro il 22% dei Millennial, il 18% della Generazione X e solamente il 6% dei Baby Boomer. In quest’ultimo cluster, otto Boomer su dieci non le usano o non le conoscono. La Generazione X, invece, mostra una conoscenza intermedia, ma non sempre ne fa un uso costante.
Strumenti di collaborazione per i team (es. Asana, Trello, Office365): analizzando gli strumenti di collaborazione, emerge un trend simile a quello osservato per le piattaforme di videoconferenza, sebbene con livelli di conoscenza e di adozione generalmente più bassi.
Solo un italiano su dieci ne fa un uso regolare e ben il 45% di essi dichiara di non conoscerli affatto. La Generazione Z guida l’adozione con il 19% di utenti abituali, mentre i Boomer si fermano al 3%, i Millennial all11% e la Generazione X all’8%. Tra chi li conosce ma non li usa, spicca la Generazione X e i Millennial, che faticano a tradurre la familiarità in utilizzo effettivo.
App per l’organizzazione degli spazi aziendali (es. Place 4 You): queste app sono utilizzate regolarmente da meno di un italiano su venti. Il 70% dei Baby Boomers dichiara, infatti, di non conoscerle affatto, contro il 41% della Generazione Z, il 43% dei Millennial e il 49% della Generazione X, con percentuali di utilizzo regolare basse in tutte le fasce d’età, che vanno dal 7% della Generazione Z al 4% della Generazione X.
Piattaforme per archiviazione e condivisione documenti (es. Google Drive, Dropbox):
sono utilizzate dal 36% degli intervistati. La Generazione Z è il cluster che utilizza maggiormente queste piattaforme (53%), seguita dai Millennial (44%), dalla Generazione X (37%) e dai Baby Boomer (18%) . Il 35% degli appartenenti alla Generazione X conosce queste piattaforme ma non le utilizza. Questo suggerisce che il problema non sia tanto la mancanza di familiarità, quanto la scarsa abitudine a integrarle nelle attività quotidiane. I Baby Boomer sono invece il gruppo meno coinvolto. Solo il 7% dei Baby Boomer usa regolarmente queste piattaforme, mentre il 52% non le conosce affatto.
La ricerca conferma un divario generazionale non solo nella conoscenza degli strumenti digitali, ma anche nel loro uso concreto nel lavoro e nello studio. I giovani li integrano più facilmente nella vita quotidiana, mentre gli adulti faticano ad adattarsi.
Metodologia: La rilevazione dei dati è stata effettuata dall’Istituto Piepoli, che a marzo 2025 ha raccolto 1804 interviste con modalità CATI/CAMI su un campione rappresentativo di cittadini italiani, suddivisi in 4 cluster: Generazione Z (18-28 anni), Millennial (29-44 anni), Generazione X (45-60 anni) e Baby Boomer (61-75 anni). In sede di analisi, il campione è stato sottoposto ad un processo di ponderazione. Il sistema di ponderazione è stato svolto per ricostruire in modo esatto e proporzionale le variabili sesso ed età, area geografica e ampiezza dei centri a livello nazionale. (25 LUG – DEG)
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