Dopo la scelta di Palazzo dei Diamanti di accostare i capolavori di due protagonisti dell'arte europea tra Otto e Novecento, Alphonse Mucha e Giovanni Boldini, con la mostra che ha ottenuto conferme sia di pubblico che di critica (e che è finita domenica 20 luglio), l’esperienza continua: le opere dell’artista ferrarese voleranno a Roma e Lucca nei prossimi mesi. Sono stati infatti concessi da parte del Comune di Ferrara i prestiti per le mostre temporanee di opere afferenti al Museo Giovanni Boldini e, più specificatamente: per la mostra “Alphonse Mucha”, in programma al Palazzo Bonaparte di Roma dal 3 ottobre al 22 febbraio 2026, peraltro inserita nel calendario culturale del Giubileo 2025, saranno ammirabili “La contessa Gabrielle de Rasty”, “Il pianto” e “La contessa Saffo Zuccoli”. Il percorso espositivo renderà omaggio a uno dei protagonisti indiscussi dell’Art Nouveau, Alphonse Mucha. I suoi celebri capolavori saranno posti in dialogo con quelli di altri pittori, tra i quali Giovanni Boldini, straordinario cantore della bellezza e del fascino della donna. “Dopo il grande successo ferrarese, la mostra Alphonse Mucha - che chiuderà i battenti a Palazzo dei Diamanti domenica 20 luglio - arriva a Palazzo Bonaparte di Roma. Il percorso espositivo renderà omaggio a uno dei protagonisti indiscussi dell’Art Nouveau, Alphonse Mucha che, con il suo stile inconfondibile contribuì in modo determinante allo sviluppo e alla diffusione di un linguaggio visivo unico che ancora oggi affascina e ispira. I suoi celebri capolavori saranno posti in dialogo anche con le opere di Giovanni Boldini”, spiega l’assessore alla Cultura Marco Gulinelli. “Come a Palazzo dei Diamanti, anche la mostra organizzata a Palazzo Bonaparte, prodotta da Arthemisia, offrirà dunque spazio alle opere del pittore ferrarese attraverso tre testimonianze pittoriche richieste in prestito al Museo Boldini. La presenza di questi tre importanti dipinti delle collezioni del Museo Boldini alla mostra romana, oltre a valorizzare le opere delle collezioni civiche ferraresi in una cornice così prestigiosa, suggella la qualità del progetto espositivo proposto a Ferrara e conferma la bontà delle politiche culturali perseguite dalla Fondazione Ferrara Arte e dall'Amministrazione comunale”, conclude Gulinelli. Un po’ di Ferrara sarà anche in Toscana, per la mostra “Giovanni Boldini. La seduzione della pittura”, in programma alla Cavallerizza di Lucca dal 1° dicembre al 2 giugno 2026. Saranno presenti in prestito dalle collezioni comunali due dipinti di Boldini (Ritratto dell’Infanta Eulalia di Spagna, Autoritratto a sessantanove anni), un busto in bronzo di Vincenzo Gemito raffigurante Boldini e ventitré incisioni. L’esposizione, nata da un’idea di Vittorio Sgarbi e curata da Tiziano Panconi, si propone di analizzare parte della vasta produzione pittorica di Giovanni Boldini, affiancando alle sue opere quelle di maestri a lui coevi (tra i quali De Nittis, Corcos e Saccaggi), ai quali fu legata, a vario titolo, la sua vicenda umana e professionale. (gci)
SCIACCA (AG) PRONTA A OSPITARE “CARAVAGGIO – TRA L’OSCURITA’ E LA LUCE”
In occasione di Agrigento Capitale Italiana della Cultura 2025, il prossimo 1° agosto sarà inaugurata la mostra “Caravaggio – Tra l’oscurità e la luce”, promossa da Mediterranea Arte e Navigare, curata da Denis Depaoli con Giulia D’Achille ed Elia Pilati, che segna un nuovo capitolo culturale per la città di Sciacca (AG), trasformando il Teatro Popolare Samonà in uno spazio espositivo inedito e immersivo. “Caravaggio – Tra l’oscurità e la luce” sarà visitabile presso il Teatro Popolare Samonà fino al 14 dicembre. Si tratta di un’esperienza immersiva e sensoriale, in cui ogni opera è una scena, ogni volto è una storia, ogni ombra è specchio del nostro tempo. “Sciacca è una città di cultura - dichiara il sindaco Fabio Termine - che oggi si onora di accogliere un gigante dell’arte, Caravaggio, all’interno di un luogo finalmente restituito dopo tanti anni alla sua comunità; un evento nell’evento”. “Questo evento di rilievo internazionale - aggiunge l’assessore comunale Simone Di Paola - segna l’inizio di un nuovo percorso culturale che valorizza il nostro patrimonio e apre la città a nuove prospettive”. “Questa della mostra di Caravaggio - continua l’assessore al Turismo, Francesco Dimino - è una di quelle occasioni utili per attirare appassionati e viaggiatori da ogni parte d’Italia e non solo. E lo facciamo riaprendo il teatro Samonà, luogo simbolico della nostra città, con un evento degno dei migliori palcoscenici internazionali”. “Sciacca si prepara ad accogliere - conclude l’assessore alla Promozione degli eventi, Alessandro Curreri - un'esperienza immersiva, unica tra i capolavori senza tempo, in grado di generare emozione, conoscenza e nuove prospettive di crescita culturale e turistica”. Una visione ambiziosa di rilancio culturale in cui, grazie all’arte, si attiva un percorso di valorizzazione del territorio e di rigenerazione dell’identità collettiva. Dopo un lungo periodo di chiusura, il Teatro Samonà torna così ad aprirsi al pubblico non solo come edificio recuperato, ma come luogo vivo di sperimentazione e racconto, grazie a un'iniziativa culturale che intreccia memoria, arte e contemporaneità. “Crediamo che la bellezza, l’arte e la cultura - affermano Mediterranea Arte e Navigare, enti promotori del progetto - possano essere strumenti di rigenerazione autentica. Portare Caravaggio e i suoi interpreti a Sciacca significa investire in un nuovo immaginario per il territorio, che parte dal passato per costruire visioni contemporanee”. L’esposizione propone un viaggio in cinque sezioni attraverso 22 opere di vari artisti che testimoniano l’eredità visiva, concettuale ed emotiva lasciata da Michelangelo Merisi, detto il Caravaggio, e la sua profonda influenza sull’arte italiana ed europea del Seicento. Il percorso prende avvio dalle prime reazioni critiche alla figura del Merisi, evocato attraverso le tensioni giudiziarie e biografiche che ne hanno costruito il mito, con artisti come Giovanni Baglione e Bartolomeo Manfredi, e prosegue con l’esplorazione del naturalismo lirico e intimo di Orazio Gentileschi, Carlo Saraceni e Massimo Stanzione. Segue l’eco drammatica dei tenebristi attivi tra Spagna, Francia e Olanda – tra cui Jusepe de Ribera, Georges de La Tour, Valentin de Boulogne, Trophime Bigot e i caravaggeschi di Utrecht– che resero il chiaroscuro caravaggesco un codice universale, immerso nella teatralità e nella tensione spirituale. Il dialogo si fa poi dialettico con la scuola bolognese, dove Guido Reni, il Guercino e Simone Cantarini reinterpretano la lezione di Caravaggio con eleganza idealizzante e una nuova spiritualità composta. La narrazione si fa corale nella sezione dedicata all’umanità sacra e profana, dove santi, martiri, prostitute e peccatori convivono nel chiaroscuro dell’anima, protagonisti di una pittura profondamente umana e teatrale. Fulcro assoluto del percorso espositivo è l’opera “L’Incredulità di San Tommaso”, presentata in esclusiva per la Sicilia in un allestimento spettacolare: collocata in una sala nera riflettente ispirata alle ‘infinity room’ di Yayoi Kusama. “L’Incredulità di San Tommaso”, l’unica opera del maestro presente in mostra e che conclude il percorso espositivo, è un dipinto in cui Caravaggio coglie con precisione anatomica e forza teatrale l’istante in cui il dubbio si trasforma in fede: non solo un’opera d’arte, ma un gesto umano, silenzioso e universale, che invita chi osserva a guardare, toccare, credere. “Caravaggio, genio inquieto del Seicento - dichiarano i curatori Denis Depaoli, Giulia D’Achille ed Elia Pilati - fu a lungo messo ai margini dalla storiografia ufficiale per la sua vita sregolata e per un linguaggio pittorico ritenuto troppo crudo, troppo umano. Questa mostra ripercorre quell’eco sotterraneo che ha attraversato l’Europa, restituendo al Merisi la sua eredità: quella di aver dipinto, per primo, la verità”. (gci)
“IMPRESSIONISMO E MODERNITÀ”: A UDINE I GRANDI MAESTRI DELL’ARTE
Dal 30 gennaio al 30 agosto 2026, Casa Cavazzini – Museo d’Arte Moderna e Contemporanea di Udine ospiterà la mostra “Impressionismo e modernità. Monet, Van Gogh, Picasso, Kandinsky, Magritte. Capolavori dal Kunst Museum di Winterthur”, un progetto espositivo di rilevanza internazionale che porta in Friuli Venezia Giulia 91 opere dei più grandi maestri dell’arte moderna europea. Tra le opere esposte, alcuni capolavori – tra gli altri – di Vincent Van Gogh, Claude Monet, Camille Pissarro, Alfred Sisley, Pablo Picasso, Piet Mondrian, Wassily Kandinsky, René Magritte, Max Ernst, Paul Klee e Giorgio de Chirico. Prodotta da PromoTurismoFVG, Comune di Udine e MondoMostre, la mostra è curata da David Schmidhauser, capo curatore del Kunst Museum di Winterthur, e da Vania Gransinigh, direttrice di Casa Cavazzini. “La Regione sta investendo con grande convinzione ed efficacia sulla promozione del Friuli Venezia Giulia anche attraverso eventi artistici e culturali di altissimo profilo. Una visione premiata con GO! 2025 tuttora in corso e con la l’assegnazione a Pordenone del titolo di Capitale italiana della Cultura per il 2027 - sottolinea il presidente della Regione Friuli Venezia Giulia Massimiliano Fedriga - Queste manifestazioni straordinarie e le numerosissime iniziative di qualità organizzate in tutti i centri del nostro territorio sono particolarmente preziose perché riescono a coinvolgere un pubblico attento, preparato e in costante crescita. La mostra “Impressionismo e modernità”, che il prossimo anno porterà a Udine opere meravigliose di autori immortali, si inserisce alla perfezione in questo percorso che riteniamo essere assolutamente vincente. Siamo orgogliosi che da alcuni anni il nome del Friuli Venezia Giulia possa essere nuovamente abbinato a eventi culturali memorabili che hanno il pregio e la forza di far conoscere sempre di più la nostra regione - ricchissima di bellezze ed eccellenze - a livello nazionale e internazionale”. Per l’assessore regionale alle Attività produttive e Turismo del Friuli Venezia Giulia, Sergio Emidio Bini: “Dopo Gorizia, Trieste e a breve anche Villa Manin, continua la scelta strategica della Regione di investire sul potere attrattivo delle grandi mostre: siamo orgogliosi che questa volta tocchi a Udine dove, all’interno degli spazi di Casa Cavazzini, saranno ospitati capolavori da tutto il mondo, opere d’arte di assoluta bellezza e molto apprezzate dal grande pubblico. È la conferma della nuova vocazione del Friuli Venezia Giulia, sempre più crocevia di grandi eventi musicali, sportivi e culturali di rilevanza internazionale. In occasione dell’esposizione, in sinergia con gli operatori della rete ricettiva del territorio, lavoreremo alla creazione di offerte ad hoc per incrementare ulteriormente l’incoming e l’appeal del capoluogo friulano. Questa mostra si pone idealmente come un ponte tra Gorizia - Nova Gorica Capitale Europea della Cultura 2025 e Pordenone Capitale Italiana della Cultura 2027, un percorso che non si esaurisce e, anzi, garantirà importanti ricadute in termini di visibilità e attrattività a tutto il territorio regionale e non soltanto alla città direttamente coinvolte”. Alberto Felice De Toni, sindaco di Udine, accoglie così la mostra: “L’esposizione delle opere provenienti dal Kunstmuseum di Winterthur, che sarà ospitata nel 2026 a Casa Cavazzini, segna un passaggio importante per Udine e per il suo ruolo nel panorama culturale europeo. È la conferma della capacità della nostra città di intrecciare relazioni solide con istituzioni museali di rilievo internazionale, rafforzando la propria posizione come punto di riferimento per l’arte moderna e contemporanea. Questa mostra si candida a essere uno degli eventi culturali più prestigiosi dell’anno, in grado di coinvolgere non solo il Friuli-Venezia Giulia, ma anche un pubblico nazionale e internazionale. Sarà un’opportunità concreta per valorizzare il nostro patrimonio, attrarre nuovi flussi turistici qualificati e generare occasioni di crescita per tutto il territorio. È anche attraverso iniziative come questa che Udine, grazie alla collaborazione con la Regione e PromoTurismoFVG, costruisce la sua identità futura: una città aperta, viva, dove la cultura è strumento di crescita, di attrazione e di visione”. “Con questa mostra vogliamo dare un segnale chiaro: i Civici Musei non sono semplici contenitori, ma motori culturali dell'intero Friuli - commenta Federico Angelo Pirone, assessore alla Cultura del Comune di Udine - Grazie al prezioso sostegno di Regione e PromoTurismoFVG e al prestigio di MondoMostre, portiamo a Udine un progetto di rilievo internazionale, il cui valore aggiunto sta anche nella co-curatela interna rappresentata dalla dott.ssa Gransinigh, che avrà un percorso espositivo ricco, coerente, in grado di dialogare e valorizzare la collezione permanente del museo. Questa mostra, con opere provenienti del Kunst Museum di Winterthur, rappresenta un’occasione unica per rileggere alcune delle principali correnti artistiche tra Otto e Novecento attraverso uno sguardo originale e di alta qualità. Siamo certi che saprà coinvolgere la nostra comunità a cominciare dai più piccoli, richiamare visitatori da fuori regione, attrarre un pubblico di appassionati e contribuire a rafforzare l'attrattività di Udine, con ricadute positive per il territorio friulano nel suo complesso”. “Questa mostra è il risultato di un dialogo internazionale che valorizza il dialogo tra istituzioni culturali. Il prestito delle opere dal Kunst Museum Winterthur, la collaborazione con PromoTurismo Friuli Venezia Giulia, il Comune di Udine e il Museo di Casa Cavazzini testimoniano quanto la cooperazione sia fondamentale per la diffusione dell’arte. Come MondoMostre, siamo orgogliosi di contribuire a portare a Udine un progetto espositivo di così alto profilo, che unisce qualità, ricerca e apertura verso il pubblico. È un piacere vedere una città così ricettiva ospitare un’iniziativa di respiro europeo”, afferma Simone Todorow di San Giorgio, amministratore delegato MondoMostre. “Siamo particolarmente orgogliosi di presentare a Casa Cavazzini, a Udine, opere del modernismo classico provenienti dalle ricche collezioni del Kunst Museum Winterthur. I dipinti e le sculture di grande rilievo – da Monet a Van Gogh e Picasso – sono veri e propri ambasciatori della città culturale di Winterthur, che custodisce innumerevoli altri tesori artistici da scoprire. Speriamo che questi capolavori raffinati possano incantare e ispirare i numerosi visitatori attesi a Udine”, dichiara Konrad Bitterli, direttore Kunst Museum Winterthur. David Schmidhauser, curatore della mostra e Kunst Museum Winterthur, aggiunge: “La collezione d’arte moderna del Kunst Museum Winterthur è straordinaria non solo per i grandi nomi come Van Gogh, Monet e Mondrian, ma anche per la qualità dei nuclei di opere, come quelle dei Post-Impressionisti tra Bonnard e Vuillard, o degli artisti Astratti come Hans e Sophie Taeuber-Arp. Questa mostra racconta una storia fatta di coraggio: il coraggio degli artisti che hanno sfidato le convenzioni e quello dei collezionisti che hanno saputo riconoscerne la forza innovativa. Attraverso questi capolavori, ripercorriamo l’evoluzione dello sguardo moderno, tra rotture, visioni e nuove armonie”. Il percorso espositivo propone un racconto denso e appassionante che esplora i profondi cambiamenti dell’arte tra la fine dell’Ottocento e la metà del Novecento, con un doppio focus: la rivoluzione dei linguaggi artistici e il ruolo decisivo di collezionisti e mecenati, capaci di riconoscere e sostenere la forza dirompente delle avanguardie. (gci)
AD ANCONA L’ANTOLOGICA “GIORGIO CUTINI. CANTO DELLE STAGIONI”
Dallo scorso 18 luglio al 30 settembre, la Mole Vanvitelliana di Ancona presenta la mostra “Giorgio Cutini. Canto delle Stagioni”, una grande antologica dedicata al fotografo perugino, uno dei protagonisti più significativi della ricerca fotografica italiana, che ne ripercorre alcune tappe essenziali. La mostra, curata da Gabriele Perretta, organizzata dal Consiglio Regionale delle Marche, in collaborazione con l’Assessorato alla Cultura del Comune di Ancona, presenta oltre 200 opere fotografiche, molte delle quali inedite, che rivelano il contesto intuitivo e concettuale nel quale sono state scattate. “Giorgio Cutini. Canto delle stagioni” è una mostra pensata come percorso di introspezione artistica e umana assolutamente personale, ma anche un viaggio universale dello sguardo dell’artista attraverso le età dell’uomo. L’esposizione si snoda nelle sale della Mole Vanvitelliana seguendo una suddivisione tematica, focalizzata sulle serie e su quelle immagini che hanno costruito la cifra stilistica più caratteristica di Giorgio Cutini, che da sempre evita i luoghi comuni e mette in discussione i presupposti visivi dell’istantaneo contemporaneo. Nella sua profonda e continua fuga dall’ordinario non ci sono solo ritratti di cose, oggetti o realismi effimeri: le sue fotografie documentano quello che il paesaggio muove nell’animo, in scatti sempre espressivisti e visionari, in cui il suo occhio intellettuale si interessa e si incuriosisce di ciò che lo circonda. Tra le serie presenti in mostra c’è Inquietudine, che racconta come l’eccedenza della natura e delle cose soggioghi l’artista e si sottragga costantemente al suo tentativo di controllo, facendo convivere uno stato di eccitazione, meraviglia e disagio; viene messa in dubbio la sicurezza della tecnica e della duplicazione del reale, e nascono così le condizioni per la scoperta di nuove possibilità espressive. Silenzio è la serie in cui Cutini tende con sempre maggiore decisione al bianco e al nero assoluti: qui l’immagine del padre perduto in tenerissima età diventa occasione di riflessione sull’irriducibile assenza di cui vive la fotografia. Il silenzio è vertigine, indagato dall’artista negli spazi sovrumani di un Appennino che diventa metafora di uno stato dell’anima, disposta a misurarsi con un silenzio potenzialmente definitivo. “Giorgio Cutini ha fissato le intensità del grigio, del nero, ma anche gli intervalli armonici, il pensiero senza parole, l’ombra del vento, tenendo sempre la physis come spazio privilegiato per l’osservazione della realtà, oltre che del suo paesaggio agreste. Giorgio Cutini ‘tratta’ il suo lavoro come un manifesto, esponendo le sue convinzioni in maniera diretta, vera e colta, rivoluzionando così il ruolo della fotografia e di quella che oggi, in maniera negativa, è precipitata nel contraddittorio post-fotografico”, spiega il curatore della mostra Gabriele Perretta. La solitudine è un tema frequente nella poetica di Cutini: la si trova quando la maturità esige un momento di sosta, un faccia a faccia diretto, che trova risposte solo nella solitudine, nell’opzione di un rapporto personale e individuale. Un rapporto esemplificato nella serie Egl’io, dove la natura è protagonista tanto quanto l’artista: Cutini, infatti, interpella l’archetipo dell’albero in dialogo con se stesso, portando all’estremo il bisogno di identificazione con il paesaggio naturale e con la ricerca di una riflessione interiore. Requie(m) è il lavoro più recente del fotografo, spazio di quiete e di essenziale spiritualità che costruisce un’immagine di una minima riconoscibilità che contiene insieme un concetto di finito e infinito, di armonia dei paesaggi interiori approfonditi da dettagli simbolici e naturalistici. In questi scatti si mantiene una tensione tra definitivo annientamento della rappresentazione e rivelazione di figure al di là dell’inganno consueto del reale; il nero è il colore dominante e non è negazione radicale della fotografia, bensì rivelazione, per dire allo spettatore che c’è ancora la speranza di un’immagine possibile. Afferma Gabriele Perretta: “Tutto quello che l’autore scatta si identifica con lui, comprendendo nella sua identità anche una fase di compenetrazione col paesaggio, ovvero il geologico, la vegetazione e la terra. ‘Il Canto delle stagioni’ espositivamente si articola come metafora percettiva nella sua interezza e, al tempo stesso, è anche un viaggio fatto di visioni o di affreschi dell’immaginazione. Il viaggio si ammanta della dimensione dell’infinito, ossia dell’oltre, dell’incommensurabile e del dialogo con l’altro”. Accompagna la mostra un catalogo, Editore Ephemeria, con testi di Gabriele Perretta, Gilberto Marconi. Flavia Orsati, Enzo Carli, Giorgio Cutini. (gci)
“HUMUS SAPIENS”: A PADOVA LE OPERE DI IDA HARM
Un dialogo e ascolto continuo tra arte e materia naturale: dal 24 luglio al 31 agosto le Scuderie di Palazzo Moroni a Padova ospitano la mostra d’arte dell’artista ambientale Ida Harm "Humus Sapiens: wunderkammer di pietre, animali e semi", che raccoglie una sua collezione di lavori recentissimi. La Harm, nota al pubblico di Padova per le sue opere pittoriche dedicate ad alberi e foreste (già esposte al Centro San Gaetano nel 2017), da più di due decenni tesse le sue opere di suggestioni filosofiche, scoperte botaniche, dati scientifici. Così ricama un’arte molto personale che si fa interprete della natura. Attraverso la dimensione dello stupore, la trama connette esseri umani ed ecosistemi naturali, distillandoli sapientemente negli aspetti archetipici e simbolici. La sua è una ricerca sugli aspetti che accomunano i Sapiens agli esseri non-umani dei tre regni naturali. La mostra è realizzata in collaborazione con l’assessorato alla Cultura di Padova. (gci)
NELLA FOTO. Giovanni Boldini, La contessa Gabrielle de Rasty, 1879, n. 1360
(© 9Colonne - citare la fonte)