Agenzia Giornalistica
direttore Paolo Pagliaro

Tra moda e pubblicita' a Mamiano di Traversetolo (PR)

Mostre
Le grandi mostre in programma in Italia e quelle che hanno l'Italia, attraverso i suoi grandi artisti, come protagonista nel mondo. Lo "Speciale mostre" è un viaggio tra capolavori, opere d'avanguardia e sperimentali, pittura e scultura, memoria e identità, storia e filosofia, un tributo all'arte e ai suoi protagonisti e un modo per scoprire quanto di buono fanno le istituzioni nazionali e locali per il nostro patrimonio culturale e di creatività.

Tra moda e pubblicita' a Mamiano di Traversetolo (PR)

“Non avrai altro stile all’infuori di me”. Potrebbe essere una frase simbolo di una supermodel anni 90, quelle lanciate dal genio visionario di Gianni Versace. Un concetto che identifica i cinquant'anni che hanno cambiato la società italiana e si rifà allo scandaloso slogan “Non avrai altro jeans all’infuori di me” che accompagnava la foto di Oliviero Toscani per Jesus jeans. Proprio all'evoluzione della promozione pubblicitaria in Italia nel settore della moda nel corso della seconda metà del Novecento, dal 13 settembre al 14 dicembre, è dedicata la nuova mostra della Fondazione Magnani-Rocca Rocca – la celebre Villa dei Capolavori a Mamiano di Traversetolo, presso Parma – allestita nei saloni contigui a quelli che ospitano permanentemente opere capitali di Tiziano, Durer, Van Dyck, Goya, Canova, Renoir, Monet, Cézanne, Morandi e molti altri. Più di trecento opere – tra manifesti, riviste, spot, fotografie, cinema, video, gadget pubblicitari e persino le mitiche figurine Fiorucci – in un percorso inedito che attraversa mezzo secolo di trasformazioni dell’immaginario collettivo, con uno sguardo filologico e insieme poetico sulla storia della moda e della sua comunicazione. Il cinema e la televisione ne diventano lo specchio, con spot entrati nel mito collettivo. Dal 1950 al 2000 lo stile italiano si lancia nel mondo. Armani, Benetton, Dolce & Gabbana, Emilio Pucci, Fendi, Fiorucci, Gianfranco Ferré, Guarnera, Gucci, Marina Rinaldi, Max Mara, Moschino, Salvatore Ferragamo, Valentino, Versace, Coveri, Zegna, Walter Albini sono i protagonisti del Made in Italy di quegli anni. Gli scatti dei grandi maestri della fotografia di moda - Giampaolo Barbieri, Giovanni Gastel, Alfa Castaldi, Maria Vittoria Backhaus - e le illustrazioni di René Gruau, Sepo, Erberto Carboni, Franco Grignani, Guido Crepax, Antonio Lopez, Lora Lamm, oltre al lavoro particolarissimo e destabilizzante di Oliviero Toscani, restituiscono un'estetica che è insieme racconto pubblicitario e ritratto di un'epoca. La moda si conferma una macchina potente di comunicazione e si definisce sempre più come linguaggio e performance del corpo. La mostra racconta come la moda e la pubblicità, insieme, abbiano saputo attraversare i cambiamenti economici, sociali e culturali del nostro paese a generarne i miti, gli stereotipi, la creatività, i desideri. L’Italia entra nel secondo dopoguerra timidamente, osservando il dinamismo pubblicitario americano ma restando ancorata a un sistema artigianale: grafici, illustratori, cartellonisti. Lo sviluppo è rallentato da un sistema mediatico rigido e pedagogico: Carosello, con le sue regole e le sue censure, ritarda il confronto con le avanguardie internazionali. Ma proprio questa lentezza rafforza una forma di “italianità pubblicitaria”, un gusto visivo e narrativo che unisce memoria, ironia e affabulazione. La vera svolta arriva con le televisioni private, il colore in tv, la disgregazione dei modelli unici: la pubblicità diventa un linguaggio pop, potente, invasivo. È una nuova forma d’arte visiva, e la moda il suo laboratorio più vibrante. Un’importante sezione della mostra viene dedicata proprio alla visione di alcuni degli spot televisivi più iconici di quegli anni, entrati a far parte dell’immaginario collettivo. Gli anni Ottanta e Novanta segnano l'apice e vedono l’indiscusso successo mondiale del brand “Made in Italy”. La moda italiana smette di essere solo industria e comunica storie, personaggi, esperienze creando nuovi immaginari. Le collaborazioni riguardano: Museo nazionale Collezione Salce di Treviso, Centro Studi e Archivio della Comunicazione (CSAC) dell’Università di Parma, Civica Raccolta delle Stampe ‘Achille Bertarelli’ – Castello Sforzesco del Comune di Milano, Collezione Alessandro Bellenda – Galleria L’IMAGE di Alassio (SV), Mirko Morini - Tortona4arte di Milano, Andrea Re - Milano Manifesti, Giuseppe Moraglia - L’Afficherie a L’Aquila, Marco Cicolini - Libreria Antiquaria Piemontese di Torino, oltre ad archivi aziendali e importanti collezioni private. Per tutta la parte filmica la mostra si avvale del contributo dell'Archivio Generale Audiovisivo della Pubblicità Italiana e del personale apporto del suo Fondatore e Direttore, lo storico della pubblicità Emmanuel Grossi. L’Archivio Storico Barilla mette a disposizione alcuni spettacolari caroselli con Mina (1965-1970) con gli abiti disegnati da Piero Gherardi, costumista di Fellini, e da altri celebri couturier. La mostra - a cura, come il precedente capitolo dedicato al periodo 1850-1950, di Dario Cimorelli, editore ed esperto di comunicazione, Eugenia Paulicelli, Professoressa ordinaria e fondatrice della scuola di specializzazione di “Fashion Studies” presso il Graduate Center e il Queens College della City University di New York, Stefano Roffi, direttore scientifico della Fondazione Magnani-Rocca - è accompagnata da un ricco catalogo edito da Dario Cimorelli Editore, dove, oltre alla riproduzione di tutte le opere esposte, vengono pubblicati saggi di Eugenia Paulicelli, Silvia Casagrande, Vanessa Gavioli, Emmanuel Grossi, Chiara Pompa, Emanuela Scarpellini. La Fondazione Magnani-Rocca custodisce una delle più importanti collezioni d’arte di origine privata al mondo. La Villa dei Capolavori, sede della Fondazione a Mamiano di Traversetolo, espone infatti le opere appartenute a Luigi Magnani, con autori quali Monet, Renoir, Cézanne, Goya, Tiziano, Durer, de Chirico, Rubens, Van Dyck, Filippo Lippi, Carpaccio, Burri, de Pisis, Tiepolo, Canova e la più significativa raccolta di lavori di Morandi. Immersa nella campagna di Parma, la Villa conserva il fascino senza tempo degli ospiti illustri che l’hanno frequentata, con i suoi arredi di epoca neoclassica e impero, circondata dal Parco Romantico, un grande giardino all’inglese con piante esotiche, alberi monumentali e gli splendidi pavoni bianchi e colorati. Il Parco storico è stato recentemente restaurato grazie ai fondi del PNRR. Si tratta di un unicum per la sua eccezionale stratificazione: pochi luoghi in Italia possono vantare una testimonianza altrettanto completa dell’evoluzione dell’arte del giardino. Nel parco coesistono armoniosamente tre visioni del paesaggio: il giardino formale ottocentesco voluto nel 1819 dal generale Filippo Paulucci delle Roncole, il parco all’inglese romantico realizzato da Marianna Panciatichi tra il 1850 e il 1860, e il giardino all’italiana progettato da Luigi Magnani negli anni ’60 del Novecento. A completare questa sintesi viva di tre secoli di paesaggismo, un giardino contemporaneo ispirato al “New Perennial Movement”, che reinterpreta in chiave ecologica e sensibile il rapporto tra natura, estetica e cultura. (gci)

A DIMARO (TN) LA QUARTA TAPPA DI "ECOMUSEI PER IL TERRITORIO"

Una collaborazione virtuosa prende vita grazie al METS – Museo etnografico trentino San Michele, alla Rete degli Ecomusei del Trentino e, in particolare, all’Ecomuseo Val Meledrio: insieme, danno forma alla quarta tappa del progetto espositivo itinerante “Ecomusei per il territorio. Un percorso tra paesaggi, tradizioni e culture”. Un’iniziativa condivisa che mira a mettere in luce la ricchezza culturale del Trentino, attraverso una narrazione che unisce memoria, paesaggio e identità. Inaugurata il 3 agosto presso la Sala Sociale di Carciato, a Dimaro (TN), l’esposizione sarà visitabile fino al 25 agosto. La mostra si configura come un percorso, fisico e simbolico, attraverso gli Ecomusei del Trentino: realtà vive e dinamiche in cui il passato incontra il presente, e la tradizione diventa chiave di lettura con cui leggere l’oggi e strumento per immaginare il futuro. Non semplici contenitori di memoria, ma organismi vivi che continuano a generare senso e identità. Ecomusei, musei etnografici e il METS rappresentano punti di riferimento fondamentali nella tutela della memoria storica, dei paesaggi e dei saperi materiali e immateriali del territorio. In questo dialogo tra museo e comunità prende forma un racconto corale, che valorizza le radici, rafforza l’identità e restituisce centralità alla dimensione collettiva dell’esperienza culturale. L’esposizione rappresenta un’occasione preziosa per riflettere sull’equilibrio, delicato e sempre attuale, tra uomo e ambiente: un invito a riscoprire l’identità culturale come risorsa viva e generativa, capace di stimolare partecipazione, consapevolezza e nuove visioni. Dal 1° settembre al 5 ottobre la mostra si sposterà presso l’Ecomuseo dell’Argentario, presso Tagliata Stradale Superiore (Forte di CIvezzano sulla Strada dei Forti), Civezzano. (red)

“DOMANI TORNO”: AMPIA RETROSPETTIVA DEDICATA A ENRICO DAVID

Il Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea presenta “Domani torno”, ampia retrospettiva dedicata a Enrico David (Ancona, 1966), a cura di Marianna Vecellio. La mostra, visitabile dal 30 ottobre al 22 marzo 2026, offre una panoramica articolata sulla ricerca dell’artista, che attraversa pittura, opere tessili, disegno, scultura e installazioni ambientali, esplorando la dimensione interiore dell’essere umano contemporaneo. Progettato appositamente per la Manica Lunga, il percorso espositivo alterna figurazione e astrazione, concentrandosi sul corpo come metafora della trasformazione. In un allestimento che richiama la scenografia teatrale e i display del design, la mostra ripercorre le tappe della produzione di David, includendo anche nuove opere realizzate per l’occasione. “Domani torno” è un racconto personale e artistico insieme: dalle origini ad Ancona al trasferimento a Londra nel 1986, la mostra segue la nascita di una pratica fondata sulla ricerca di uno spazio linguistico in cui esistere. Attraverso media differenti, David affronta la figura umana come luogo di metamorfosi e riflessione. In questo percorso, il disegno assume un ruolo centrale come linguaggio capace di tenere insieme gli altri, poiché, afferma l’artista, “lo spazio del sogno e lo spazio del disegno sono infiniti”. Molte opere nascono dall’urgenza di elaborare esperienze traumatiche, come la perdita improvvisa del padre. “La creatività è per me un’opportunità di cambiare le circostanze del dolore – afferma David – una redenzione, una destinazione altra rispetto allo stare male. L’arte è ciò che rende la realtà più vivibile”. A partire dalla fine degli anni Novanta, le installazioni di David diventano veri e propri mondi interdisciplinari: palcoscenici visionari che intrecciano cronaca, memoria, cultura popolare e retorica teatrale. Ne sono esempio opere come Madreperlage (2003), Absuction Cardigan (2009) e Ultra Paste (2007), in cui l’artista inscena dispositivi scenografici carichi di tensione emotiva e simbolica. Nel tempo la pratica dell’artista evolve verso una crescente sintesi formale, culminando in una produzione scultorea che approfondisce il tema del volto come luogo di relazione e conoscenza. A partire dalla mostra “Life Sentences” (2014), David indaga il volto con una resa iper-espressiva e materica, modellandolo in cera per evocare emozioni e intensità. Tra le opere in mostra: Trenches to Reason (2021), due forme sospese che fondono geologia e tecnologia; Tutto il Resto Spegnere, presentata al Padiglione Italia della Biennale di Venezia nel 2019; e studi dell’artista sulla scultura con opere come Sign for Lost Mountaineers Hair Grooming Station (2004), Pebble Lady (2014) e Racket II (2017). Numerosi disegni, una selezione di nuove produzioni tra grandi pitture, arazzi e ricami su tela e la serie dei teatrini, realizzata dal 2005 a oggi, completano l’esposizione. “In un tempo dominato dall’intelligenza artificiale e dalla smaterializzazione digitale, l’opera di Enrico David rappresenta una dichiarazione di resistenza alla decodificazione e un inno al corpo fisico, all’esperienza sensibile e alla forza dell’immaginazione”, come dice la curatrice Marianna Vecellio. La mostra propone una riflessione sull’identità contemporanea, in particolare sul rapporto tra corpo, genere e percezione di sé. “Nel mio lavoro il genere ha una sorta di inconscia irrilevanza – afferma l’artista – le identità si sfiorano, si scambiano, si rimettono in discussione”. “Domani torno” è, infine, un invito a riappropriarsi del proprio immaginario, un’esplorazione visiva e concettuale dell’essere umano in continua trasformazione. La mostra sarà accompagnata da un catalogo bilingue Inglese-Italiano pubblicato per i tipi di Walther Konig. La pubblicazione presenta alcuni saggi e interviste inedite, oltre che della curatrice della mostra al Castello di Rivoli, Marianna Vecellio, e del Direttore del Museo, Francesco Manacorda, del filosofo Federico Campagna, delle storiche dell’arte Dawn Ades e Polly Staple. La mostra sarà anche l’occasione per presentare in Italia l’opera Untitled, 2024-2025, prodotta dal Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea in collaborazione con Kunsthaus Zurich grazie al sostegno della Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura nell’ambito del programma Italian Council 2025. L’opera sarà significativa nel percorso di mostra e riflette l’impegno di Enrico David in una pratica scultorea matura, incentrata sulla sperimentazione materica e formale. (gci)

"NUOVI ANGELI - NUOVE CARTE": A CREMONA LA PERSONALE DI OMAR GALLIANI

Mangano Galleria d'Arte di Cremona presenta, dal 18 ottobre al 10 gennaio 2026, "Nuovi Angeli - Nuove Carte", esposizione personale di Omar Galliani dedicata esclusivamente a opere su carta in cui il disegno incontra il tema del sacro. Curata da Pierpaolo Mangano e accompagnata da un testo critico di Francesco Mutti, la mostra sarà inaugurata sabato 18 ottobre alle ore 18.00, alla presenza dell'artista. Il percorso espositivo comprende una selezione di carte realizzate dal 1979 al 2025. Presenti numerosi inediti a matita o a pastelli su carta, parte del ciclo "Nuovi Angeli", che dà il titolo alla mostra. “C'è un tempo sospeso che solo la carta conosce - scrive Pierpaolo Mangano - È il tempo del disegno, del segno che si posa piano, come la polvere sui secoli. In un mondo che dimentica la mano, Galliani riafferma il primato del disegno. Omar Galliani, maestro indiscusso della grafite, torna in questa mostra alla grammatica essenziale del gesto: il disegno su carta, luogo originario dove l'arte non grida, ma sussurra. I suoi angeli - non quelli delle pale d'altare, ma figure laiche, introverse, quasi intime - abitano questo universo fragile e sontuoso fatto di fogli, velature, chiaroscuri. Sono angeli che non hanno bisogno di dogmi: bastano una matita, una mano e uno sguardo che ricorda. Galliani non dipinge il sacro, lo insegna a respirare nel presente, con la pazienza dell'orafo e la memoria del Rinascimento”. Scrive Omar Galliani: “Se tutti gli angeli guardando il mondo si tenessero stretti e, invocando un ultimo volo dentro all'ultima luce, aprissero quella finestra che non permette passaggio alcuno e insieme stringessero tutte le stelle in un pugno di raggi assorti e confusi nell'ultimo tempo di tutti i tempi, allora anche i miei disegni blu, rossi, neri, i senza colore brucerebbero di un rogo antico. I miei angeli volano basso tenendo stretti i pastelli, le matite e i fogli di mani senza tempo. Volano basso su nuovi volti tatuati tra codici d'Oriente e Occidente, salutano ad occhi chiusi gli angeli che dal Correggio a Vogue attraversano le vie del mondo”. La mostra è accompagnata da un catalogo disponibile in galleria con i testi critici di Francesco Mutti e Pierpaolo Mangano, una nota poetica di Omar Galliani e la documentazione delle opere esposte. (gci)

ESPOSTI A TORINO GLI SCATTI DI LEE MILLER

L’autunno di CAMERA - Centro italiano per la Fotografia di Torino vedrà protagonista una figura straordinaria della cultura mondiale del Novecento: la fotografa americana Lee Miller. La nuova mostra intitolata “Lee Miller. Opere 1930-1955”, curata dal direttore artistico di CAMERA Walter Guadagnini, presenterà dal 1° ottobre al 1° febbraio 2026 oltre 160 immagini tutte provenienti dai Lee Miller Archivies, molte delle quali pressoché inedite, per una chiave di lettura sia pubblica che intima del suo lavoro e della sua straordinaria personalità. L’esposizione dà inoltre il via ai festeggiamenti per i 10 anni del Centro che proporrà un programma ampio e articolato dedicato al mondo della fotografia nelle sue infinite sfaccettature. Il percorso si concentra sull’intensa attività tra gli anni Trenta e Cinquanta del Novecento della straordinaria autrice americana, ponte ideale tra gli Stati Uniti - la sua terra natale - l’Europa, dove si trasferisce ancora giovane e dove decide di stabilirsi - prima a Parigi e poi in Inghilterra - e anche l’Africa, dove trascorre alcuni anni della sua intensa vita. Di origine statunitense (nasce a Poughkeepsie, nello Stato di New York, nel 1907), Lee Miller si sposta a Parigi alla fine degli anni Venti con la determinazione di diventare una fotografa, tanto da convincere Man Ray ad accoglierla come assistente nel suo studio. Da questo momento inizia la sua vera e propria carriera, e continua una vita fatta di incontri e scelte eccezionali: si avvicina al mondo surrealista, diventando amica e musa ispiratrice di Pablo Picasso, Max Ernst, Paul Éluard, stringe rapporti con artiste del calibro di Eileen Agar, Leonora Carrington, Dorothea Tanning e realizza alcune delle immagini più significative della storia della fotografia surrealista, contribuendo anche alla scoperta della solarizzazione, una tecnica che lei e Man Ray sfrutteranno al meglio. Intorno a metà anni Trenta si sposa e si trasferisce per qualche anno in Egitto, dove realizza immagini di paesaggio dal sapore enigmatico, per poi tornare in Europa alla vigilia del conflitto mondiale. Collaboratrice di “Vogue”, realizza per la più celebre rivista di moda non solo i classici servizi dedicati al mondo della haute couture, ma anche - in coincidenza con l’esplosione della Seconda Guerra Mondiale - inattese immagini che uniscono stile e vita quotidiana nella Londra ferita dai bombardamenti tedeschi. È al termine della guerra che Lee Miller realizza i suoi servizi più noti, le tragiche immagini dei campi di concentramento e quelle del disfacimento della Germania nazista, con gli ufficiali suicidi, le fiamme che divorano la dimora estiva di Hitler e le città distrutte. Una serie di immagini ancora pubblicate su “Vogue” e che segnano in maniera indelebile anche la vita di Lee Miller, che dal dopoguerra infatti si ritira insieme al nuovo marito Roland Penrose nella campagna del Sussex, accogliendo lì gli amici artisti, mettendo da parte il suo impegno fotografico fino ad abbandonarlo: ma anche in queste immagini apparentemente solo familiari si legge ancora il genio sovversivo e ironico di una delle più grandi fotografe del XX secolo. Il percorso artistico, professionale e biografico dell’autrice è dunque raccontato da questa nuova mostra, che sarà arricchita da un catalogo edito da Dario Cimorelli Editore e da un programma di iniziative di educazione all’immagine, condivisione e partecipazione rivolte a pubblici diversi per età e formazione. (gci)

NELLA FOTO. Giovanni Gastel, 4 colori almeno! copertina per rivista Donna marzo 1982. Archivio Giovanni Gastel

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