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direttore Paolo Pagliaro

A Milano in esposizione
“La Celestina” di Picasso

Mostre
Le grandi mostre in programma in Italia e quelle che hanno l'Italia, attraverso i suoi grandi artisti, come protagonista nel mondo. Lo "Speciale mostre" è un viaggio tra capolavori, opere d'avanguardia e sperimentali, pittura e scultura, memoria e identità, storia e filosofia, un tributo all'arte e ai suoi protagonisti e un modo per scoprire quanto di buono fanno le istituzioni nazionali e locali per il nostro patrimonio culturale e di creatività.

A Milano in esposizione <br>“La Celestina” di Picasso

A MILANO LA CELESTINA DI PICASSO
Fino all’8 marzo la Galleria Bellinzona di Milano espone la suite di incisioni eseguita da Pablo Picasso nel 1968 per illustrare “La Celestina” di Fernando de Rojas, una delle più importanti opere della letteratura spagnola che ne ha segnato la transizione dal Medioevo al Rinascimento. La mostra si svolgerà parzialmente in contemporanea con la rappresentazione della “Celestina”, in programma al Piccolo Teatro Strehler dal 30 gennaio all’1 marzo. Quello che, di questa vicenda, interessava a Picasso erano gli incontri amorosi tra Calisto e Melibea che si svolgevano in presenza della mezzana Celestina, protagonista e poi vittima della storia per la sua corruzione e cupidigia, come anche i due amanti. L’artista, nel 1903, aveva dipinto un ritratto realistico, persino crudele, di Celestina. Le incisioni eseguite per La Célestine sono parte della famosa serie “347”. Nel 1968 Picasso lavorò alla lastre quasi tutti i giorni, usando varie tecniche (a volte sulla stessa lastra). Era impaziente di vedere la stampa non appena tirata da Aldo e Piero Crommelynck che avevano installato il loro atelier a Mougins. Per illustrare La Célestine Picasso usò soprattutto il procedimento dell’acquatinta. Per il libro esposto a Milano sono state scelte 66 incisioni, di piccolo formato, datate dall’11 aprile al 18 agosto. Le incisioni rappresentano i due amanti clandestini spesso in compagnia dell’intermediaria, dipinta come una vecchia: fa la sua prima apparizione il 14 maggio in immagini erotiche con lei che guarda e in scene di rapimenti notturni. Picasso non voleva che si stampasse il testo sul retro delle pagine con l’incisione, per questa ragione il libro è composto in modo particolare: pagine doppie non tagliate con un’incisione ed una pagina con il testo si alternano a pagine singole con due pagine di testo. (red)

ANDY WARHOL NELLA COLLEZIONE BRANT
La mostra “Andy Warhol”, fino al 9 marzo a Milano, a Palazzo Reale, è un'occasione rarissima per vedere uno dei gruppi di opere più importanti del padre della Pop Art, raccolto non da un semplice collezionista, ma da un personaggio, Peter Brant, intimo amico dell’artista americano, con il quale ha condiviso gli anni culturalmente più vivaci della New York degli anni ’60 e ’70. Ancora ventenne, nel 1967 Peter Brant acquistò la sua prima opera di Warhol, un disegno della famosa Campbell’s Soup, iniziando quella che sarebbe diventata una delle più importanti collezioni di arte contemporanea del mondo. La mostra, curata dallo stesso Peter Brant con Francesco Bonami, presenta oltre 150 opere, tele, fotografie, sculture che fanno parte della Brant Foundation e raccontano una storia intensa e uno scambio culturale unico fra il giovane collezionista e l’artista. Un incontro dal quale nascerà un sodalizio unico dal quale sfocerà la mitica e rivoluzionaria rivista Interview, fondata da Warhol stesso nel 1969 e che Brant acquisterà con la sua casa editrice subito dopo la morte dell’artista nel 1987. La mostra parte dai primi disegni del Warhol illustratore per finire con le spettacolari “Ultime Cene” e gli autoritratti, passando attraverso le opere più iconiche come le “Electric Chairs”, il grande ritratto di Mao, i fiori e uno dei più famosi capolavori di Warhol, “Blue Shot Marilyn”, il ritratto della famosa attrice Americana con in mezzo agli occhi il segno restaurato di un dei colpi di pistola esploso da un’amica dell’artista nel 1964, che Brant avrebbe poi acquistato per 5.000 dollari nel 1967 con i proventi di un piccolo investimento. (red)

FERDINANDO SCIANNA E I SICILIANI
Nell’ambito delle attività del percorso partecipato del “Cantiere del Seme d’arancia/Visioni contemporanee”, è allestita presso la ex stazione ferroviaria di Barcellona Pozzo di Gotto (Messina), fino al 9 marzo, la mostra fotografica di Ferdinando Scianna, uno dei grandi protagonisti della fotografia contemporanea, dal titolo “Emilio e altri siciliani”. La rassegna è la prima esposizione del progetto “Passaggi di testimone”, che prevede un’intensa attività espositiva a cura di Marco Bazzini e che prende il via dal cantiere di restauro del Seme d’Arancia di Emilio Isgrò. Si tratta di una trentina di ritratti di suoi conterranei selezionati per l’importanza del rapporto di amicizia, ammirazione e stima avuto da Scianna con loro. Volti di gente comune ma anche dei grandi intellettuali come Leonardo Sciascia, Vincenzo Consolo, Sebastiano Addamo ed Emilio Isgrò, a cui invece è dedicato un nucleo più ampio a testimonianza di un rapporto duraturo nel tempo. Una mostra di affetti, come del resto i libri o le numerose altre esposizioni da lui realizzate, ma che in questa occasione acquista anche il sapore di una testimonianza del meglio che questa terra ha saputo e sa esprimere, perché “ci sono fuochi di talento – scrive Scianna – che nascono come bei fiori in un giardino, che una volta appassiti non lasciano stirpe. Ci sono invece semine sistematiche che regolarmente producono rigogli e frutti. É questa la cultura”. (red)

LA STORIA DELL’ANTICA CAULONIA
Fino al 9 marzo il Museo Archeologico Nazionale di Firenze ospita una mostra sull’antica Caulonia, oggi Monasterace Marina (Reggio Calabria), i cui scavi sono da qualche tempo affidati in concessione alle Università toscane di Firenze e Pisa. La vita della colonia greca sulle coste del Mar Ionio, ricordata dalle fonti per essere stata fondata da Klete, la nutrice di Pentesilea, regina delle Amazzoni, viene raccontata attraverso la storia di un quartiere abitativo (San Marco nord-est), che ebbe una vita molto lunga e densa di trasformazioni (dall’VIII secolo a.C. all’epoca romana imperiale) e il cui svolgimento si può seguire grazie ai reperti esposti nella mostra. (red)

LA RADIOGRAFIA DEL “QUARTO STATO”
Fino al 7 marzo il Museo del Novecento di Milano ospita la mostra “Giuseppe Pellizza da Volpedo e il Quarto Stato” che mette a fuoco la complessità dei valori e dei significati di un quadro-simbolo del XX secolo che, dopo una lunga permanenza alla Galleria d’arte moderna di Milano, è oggi esposto al Museo del Novecento ad aprirne il percorso museale. Nell’atrio del Museo è esposta la radiografia a grandezza naturale del Quarto Stato, scelta che vuole essere punto di partenza per riflettere su una possibile ricollocazione dello stesso. Così come fu per l’acquisto dell'opera - nel 1920 tramite una pubblica sottoscrizione - il Museo chiederà ai cittadini e ai visitatori di esprimere il loro parere in merito a un eventuale spostamento del capolavoro di Pellizza, trasformando così l’atrio in sala museale. I primi bozzetti dello studio che avrebbe portato alla realizzazione del Quarto Stato furono sviluppati nel 1892 (l’opera fu completata quattro anni dopo). In un nuovo bozzetto, eseguito nel 1895, Pellizza eliminò il punto di vista dall’alto per una presa diretta frontale dei suoi protagonisti: numerose figure di artigiani e contadini che avanzano guidati dai due capi affiancati ora da una donna con un bimbo in braccio. Lo stesso anno, l’artista sviluppò il soggetto su una tela di più grandi dimensioni, a cui poi diede il titolo di Fiumana, allusivo all’ingrossarsi della schiera dei lavoratori, paragonabile ad un fiume in piena, puntando sulla diffusione del messaggio idealmente rivolto a tutti i lavoratori e sull’adesione di massa ad esso. La volontà di dare un significato “ideale” e simbolico al quadro si vede nella cura dell’impianto delle figure della schiera retrostante che si allungano, ricordando raffinatezze della pittura quattrocentesca, a sottolineare non solo la forza e la dignità dei lavoratori, ma anche la loro bellezza. (red)

LE “MELE D’ORO” DELLA FONDAZIONE BELLISARIO
Dopo la tappa romana, arriva a Palazzo Reale di Milano la mostra “Donne ad alta quota”. L’esposizione, aperta gratuitamente fino al 9 marzo, celebra i 25 anni di attività della Fondazione Marisa Bellisario, uno dei più autorevoli laboratori e osservatori sul lavoro e sulle carriere femminili. La mostra, sotto l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica e in collaborazione con 24 Ore Cultura, è curata da Lella Golfo, ospita foto, immagini, riconoscimenti, materiali d’archivio che raccontano l’impegno di una Fondazione che ha contribuito al cambiamento della società italiana, spesso anticipando anche le Istituzioni. Un racconto per immagini, suoni e parole attraverso le oltre 400 Mele d’Oro: imprenditrici, manager, professioniste ma anche grandi figure della politica premiate dalla Fondazione, simboli di coraggio, intraprendenza, intelligenza creativa, determinazione per una vera e propria esposizione del talento e delle virtù femminile. La Fondazione è nata nel 1989 da una idea di Lella Golfo ed è stata riconosciuta giuridicamente nel 1996. Oltre al Premio Marisa Bellisario, essa si impegna “nello studio e nella progettazione di azioni rivolte al mondo del lavoro, dell’imprenditoria femminile e del management, con interesse prevalente verso le nuove tecnologie. Lo scopo principale è quello di valorizzare le professionalità femminili che operano nel pubblico e nel privato e promuovere una cultura di genere attenta alla parità in un dialogo aperto alle diverse istanze della nostra società”. (PO / red)

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