KANDINSKY, 100 OPERE DAL CENTRE POMPIDOU
Una grande retrospettiva monografica che presenta un centinaio di opere dalla collezione del Museo Centre Pompidou di Parigi. La mostra allestita a Palazzo Reale di Milano, fino al 4 aprile, illustra l'opera di Vassily Kandinsky approfondendo, attraverso la vita, i viaggi e i rapporti con gli artisti a lui contemporanei, la profonda rivoluzione artistica e spirituale che lo ha reso famoso. Dalle prime esperienze in Russia, caratterizzate da ritratti e soggetti tradizionali, alla progressiva semplificazione e stilizzazione delle forme; dall'esperienza al Bauhaus di Weimar, su invito di Walter Gropius, fino agli anni 30 in cui inizia ad ottenere un riconoscimento per il suo lavoro, Kandinsky sviluppò una propria teoria per combinare le varie forme del lavoro creativo (pittura, musica, arti popolari, disegni di bambini) colmando le tradizionali divisioni artistiche di periodi o scuole di pensiero diverse. Prodotta da Comune di Milano, Palazzo Reale, Centre Pompidou di Parigi, 24 Ore Cultura e Arthemisia Group, l’esposizione, a cura di Angela Lampe - storica dell’arte nonché curatrice e conservatrice del Centre Pompidou di Parigi -, è una grande retrospettiva monografica che presenta oltre 80 opere fondamentali dell’arte di Kandinsky in ordine cronologico: da Vecchia città del 1902 a Blu di cielo del 1940 passando attraverso Mulini a vento (1904), Nel grigio (1919), Giallo, rosso e blu (1925) Accento in rosa (1926), Insieme multicolore (1938). Folgorato dalla mostra degli Impressionisti a Mosca del 1896, Kandinsky lascia la carriera universitaria per diventare pittore. Segue il classico cursus degli studi sotto la guida di grandi maestri come Anton Azbé e Franz von Stuck a Monaco e soggiorna dal 1906 al 1907 a Sèvre, vicino a Parigi. Sviluppa così il suo pensiero artistico, che abbraccia numerosi campi, la pittura, la musica, il teatro nei quali cerca e difende lo spirituale nell’arte, titolo di un suo saggio fondamentale. (red)
A VENEZIA I PROGETTI DI “ENIWAY”
Venezia, 21 mar - Nel 1952 Enrico Mattei affida all'architetto Mario Bacciocchi l'incarico per lo studio di un prototipo avveniristico di stazione di servizio da realizzare in tutta Italia. Si inaugura così quella straordinaria stagione di progetti e realizzazioni che contribuirà alla trasformazione del territorio italiano ripercorsa dalla mostra “Eniway” che si tiene fino al 3 aprile al Cotonificio Santa Marta di Venezia con l’esposizione delle opere più significative elaborate per l'Eni, dall’era Mattei fino ai concorsi del ‘68, esponendo disegni originali e riproduzioni di Mario Bacciocchi, Marco Bacigalupo e Ugo Ratti, Costantino Dardi, Ignazio Gardella, Edoardo Gellner, Marcello Nizzoli e Mario Oliveri, Mario Ridolfi. (red)
A MILANO SI ENTRA NEL CERVELLO
Direttamente dall’American Museum of Natural History di New York e unica tappa italiana, una grande esposizione di carattere internazionale che, con l’aiuto delle neuroscienze, aiuterà a rivelare, anche a un pubblico non specialistico, i meccanismi che regolano le nostre percezioni, emozioni, opinioni e sentimenti. Allestita nel Museo Civico di Storia Naturale, fino al 13 aprile, la mostra Brain”, prodotta dall’assessorato alla Cultura del Comune di Milano, 24 Ore Cultura e Codice. Idee per la cultura, è a cura di Rob DeSalle, condirettore dei Molecular Systematics Laboratories e curatore della Divisione di Zoologia Invertebrati dell’AMNH; Joy Hirsch, direttore del Program for Imaging & Cognitive Sciences e professore presso la Columbia University; Margaret Zellner, neuroscienziata comportamentale e psicoanalista, professore associato presso The Rockefeller University. Il visitatore è accompagnato alla scoperta dello stupefacente strumento che è il cervello e delle immense potenzialità e capacità che esso ci offre, da un coinvolgente allestimento sensoriale con exhibit, installazioni, giochi e filmati: un omuncolo di quasi due metri mostra quanta parte del cervello sia dedicato al senso del tatto; un’opera video multimediale in cui un cervello in resina chiara mostra le aree funzionali che si accendono nella mente di una ragazza che sostiene un provino di ballo; uno schermo dei movimenti neuronali che evidenzia le modalità di connessione e comunicazione delle cellule cerebrali tra di loro; un modello dell’area sottocorticale del cervello – la regione che include le parti più “antiche” del cervello – che illustra la modalità attraverso cui il cervello elabora il linguaggio, la memoria e il processo decisionale; e, per la prima vola in un museo, un impianto di stimolazione cerebrale profonda.
(red)
A MILANO OMAGGIO A MARIO SCHIFANO
All’inizio degli anni ‘70 Mario Schifano ha una crisi nei confronti della pittura, crisi che coincide con un generale ripensamento sulla tradizione pittorica, innescato dal successo delle neoavanguardie concettuali. L’artista allora elabora un immaginario completamente nuovo, basato sulle immagini mediali che scorrono ininterrotte sugli schermi televisivi sempre accesi in casa e nel suo studio. Con la sua particolare sensibilità multimediale Schifano fotografa immagini di ogni tipo trasmesse dalla televisione, preleva e rifonda l’immagine con un’operazione che compenetra fotografia e pittura. Lavora, come sempre, con immediatezza e velocità. La foto passa attraverso la sua manualità pittorica e viene fermata nel tempo. Si perfeziona e si chiarisce quel concetto di “flusso di immagini” di cui è costituita la vita e l’arte di Schifano: la realtà costantemente mediata da un filtro, che la trasforma in immagine. A questo percorso creativo del celebre artista, scomparso nel 1998 all’età di 64 anni, dedica una mostra la galleria Photology di Milano, fino al 4 aprile. Il processo era iniziato da subito, con i Monocromi dei primi anni sessanta, dove il bordo spesso arrotondato che delimita il campo dell’immagine ricordava la forma del fotogramma o della diapositiva. Negli anni Settanta, il concetto si cristallizza nei Paesaggi Tv, che costituiscono la vera novità della sua produzione in questo decennio (anche se i primissimi esperimenti in tal senso risalgono al 1969). Le immagini, fotografate direttamente dallo schermo televisivo, sono incastonate nella cornice curvilinea del tubo catodico, fermate in una specie d’indifferenza di significato, e la pittura quasi si ritrae limitandosi a qualche macchia di smalto trasparente. Inizialmente sono le fotografie eseguite negli Stati Uniti ad essere oggetto di rielaborazione (opere come Pentagono, Medal of Honor, Era Nucleare, la Nasa, Alamo Gordo dall’Archivio di Los Alamos), poi il patrimonio di immagini che quotidianamente e incessantemente trasmettono le stazioni televisive. (red)
QUANDO SECCHIAROLI FOTOGRAFO’ LA LOREN SULLA PIAZZA ROSSA
Grazie alla collaborazione tra l’Associazione Italia Russia e l’Archivio Tazio Secchiaroli fino al 4 aprile, nel nuovo spazio dell’Associazione Italia Russia a Milano, la mostra “I Girasoli di Tazio Secchiaroli - Urss 1969”. Dal grande archivio del fotografo personale di Sophia Loren, scomparso nel 1998, sono state selezionate le immagini più significative scattate durante il soggiorno in Urss, nell’estate del 1969, per le riprese del film “I Girasoli”. Una produzione italo-franco-sovietica, protagonisti Sophia Loren, Marcello Mastroianni e la star russa Ljudmila Sevaljeva diretti da Vittorio De Sica, che permette al fotografo una grande libertà di movimento sul set e soprattutto nel mondo sovietico, all’epoca quasi inaccessibile. La curiosità di Tazio Secchiaroli, alla sua terza visita oltrecortina, lo porta a cercare i momenti migliori per fotografare non solo il set e il backstage, ma la realtà che gli è intorno. Complici nel suo reportage Sophia Loren e Marcello Mastroianni, che si prestano ad essere fotografati come illustri turisti nei luoghi più noti di Mosca: il Cremlino, il Museo Pushkin, la Piazza Rossa. Questo permette a Tazio Secchiaroli di includere nelle sue inquadrature la vita reale che scorre nelle vie della città cogliendo gli sguardi curiosi dei moscoviti, non abituati a fotografi e stelle del cinema a spasso per Mosca, e a noi di soffermarci ora, a distanza di oltre 40 anni, su un mondo e una società scomparsi. (red)
NEW YORK RICORDA FRANK STELLA
Si tiene fino al 5 aprile al Flash Art NY Desk di New York, la collettiva “Omaggio a Frank Stella” di 11 autori dedicata all’artista italo-americano 78enne Frank Stella, oggi tra i decani della pittura e scultura minimalista oltreoceano. Le opere in mostra celebrano in particolare la serie di dipinti "Indian Birds" di Stella che risalgono alla fine degli anni ‘70, grandi pannelli irregolari che si sovrappongono in un intreccio stratificato di curve, rendendo l'assimilazione visiva dei dipinti un'"impresa", un tentativo di risolvere la dialettica tra le varie parti che costituiscono l'insieme e livellare la mobilità dello spazio pittorico. La mostra riunisce opere d'arte contemporanea che potrebbero essere visivamente correlate a "frammenti" di "Indian Birds", al fine di indagare il processo compositivo multiforme di Stella. Tra gli artisti in mostra anche un italiano, Lupo Borgonovo, 28enne artista milanese. (red)
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