Agenzia Giornalistica
direttore Paolo Pagliaro

Al Vittoriano la storia dell’istituto Luce

Mostre
Le grandi mostre in programma in Italia e quelle che hanno l'Italia, attraverso i suoi grandi artisti, come protagonista nel mondo. Lo "Speciale mostre" è un viaggio tra capolavori, opere d'avanguardia e sperimentali, pittura e scultura, memoria e identità, storia e filosofia, un tributo all'arte e ai suoi protagonisti e un modo per scoprire quanto di buono fanno le istituzioni nazionali e locali per il nostro patrimonio culturale e di creatività.

Al Vittoriano la storia dell’istituto Luce

AL VITTORIANO LA STORIA DELL’ISTITUTO LUCE

Quando 90 anni fa fu fondato l’Istituto Luce, l’Italia era un paese molto diverso da oggi. La maggior parte degli italiani viveva e lavorava in campagna, non esistevano autostrade né periferie cementificate, si parlavano decine di dialetti diversi, non c’era ancorala radio né la televisione. C’erano però il cinema e la fotografia, che divennero per molti la principale forma di conoscenza del mondo e della stessa Italia. Fu proprio il Luce a mostrare al paese, unificato da appena sessant’anni, la geografia e la politica, la scienza e la natura, e i miracoli della modernità. Con le fotografie, stampate sui rotocalchi illustrati, e i cinegiornali e i documentari Luce, proiettati nei “cinematografi”, nelle piazze e nelle scuole, gli italiani hanno costruito il proprio immaginario. Hanno visto per la prima volta “dal vero” l’Africa e l’India, e anche Roma o Venezia, per molti terre misteriose non esistendo ancora il turismo di massa; hanno osservato i “microbi” attraverso il microscopio e vissuto la magia del volo dal punto di vista del pilota. E hanno conosciuto la politica, che proprio allora, e per prima volta, impara a mostrarsi e a cercare il consenso attraverso gli occhi più che le parole. La mostra sui novant’anni del Luce - al Vittoriano di Roma fino al 21 settembre - è quindi un viaggio nell’immaginario dei nostri padri, che è anche il nostro. Migliaia di ore di film e milioni di fotografie permettono di rivivere un mondo lontano ma in cui ognuno può riconoscere la propria storia, collettiva e anche personale: un luogo, un viaggio, una situazione. Quella del Luce infatti è la storia degli italiani, fatta di errori e di successi, e di silenziosi eroismi quotidiani; saranno i loro sguardi a raccontarcela attraverso le immagini.

(red)

 

L’EROS DI UGO ATTARDI

La Ulisse Gallery Contemporary Art inaugura la nuova sede a Roma con la mostra Ugo Attardi – Eros, visitabile fino al 27 settembre, che presenta una cinquantina di opere tra dipinti, sculture e disegni,  tutte facenti parte dell’Archivio Storico Ugo Attardi di Roma. Si tratta di un affascinante percorso antologico attraverso uno dei temi in cui meglio si è manifestata la potente e “perturbante” vena espressiva del grande artista di origini siciliane: il tema dell’erotismo. In esposizione, fra l’altro, alcuni capolavori storici come i dipinti Gli amanti di via Flaminia (1955) o Rosea nella vaga luce (1955), o le monumentali sculture lignee La vuelta de Cristobál Colón (1980) (con l’omologo, splendido dipinto La vuelta del ’79) e La Donna Cantante (1984), qui di nuovo visibile dopo molti anni di assenza dalla scena delle mostre. Una posizione da protagonista assumerà anche la dimensione intima e raffinata del disegno, che mette in luce nei dettagli la tecnica personalissima di Attardi, insieme istintiva e profondamente concettuale. Presente anche una serie di disegni di argomento erotico assolutamente inediti, di grande impatto emotivo e forza provocatoria, realizzati da Attardi, scomparso nel 2006, nell’ultimo periodo della sua vita. In occasione della mostra, la Ulisse Gallery e la Comunità di Sant’Egidio, supportate dalle società sportive A.S. Roma e la S.S. Lazio, hanno organizzato un evento benefico, i cui proventi saranno devoluti a favore dell’attività di assistenza svolta dalla stessa Comunità di Sant’Egidio.

(red)

 

IL “BELLO” ROMANO DEL CEMENTO ARMATO 

Un equilibrio dinamico tra continuità e innovazione: è così che Roma ha trasformato in familiari, alcune strutture innovative dei più famosi ingegneri del ’900, assorbendole nel suo processo millenario di stratificazione. Edifici simbolo e punti di riferimento della città come la Stazione Termini di Eugenio Montuori, il Palazzetto dello Sport e l’Aula delle udienze pontificie di Pierluigi Nervi, il Ponte sull’Appia Antica, i nuovi mercati generali sulla via Prenestina e i lavori di riadattamento della Basilica di Massenzio di Sergio Musmeci, sono solo alcuni dei lavori scelti –nella mostra “Strutture romane. Montuori Musumeci Nervi”, al Museo MAXXI di Roma fino al 5 ottobre - per mostrare come anche il cemento armato, quando plasmato da grandi interpreti, ha contribuito al fascino della città e retto il confronto con la sua bellezza eterna. Inoltre, fino al 21 settembre, si tengono,  a cura di Achille Bonito Oliva, le mostre “Tra/Between arte e architettura. Roma Interrotta” - riedizione della mostra tenutasi nel 1978 ai Mercati Traianei di Roma – e “Piero Sartogo e gli artisti”, che mette in dialogo opere di arte e architettura e ripercorre anche l’attività di Incontri Internazionali d’Arte.

(red)

NAVI A VENEZIA, LE FOTO-DENUNCIA DI BERENGO GARDIN

Milano, 14 ago - Il Fondo Ambiente Italiano, in collaborazione con Fondazione Forma per la Fotografia e Contrasto, mette in mostra fino al 28 settembre, negli ambienti del piano terra diVilla Necchi Campiglio, bene del FAI nel cuore di Milano, sotto il titolo di “Mostri a Venezia”, 27 fotografie di Gianni Berengo Gardin scattate tra il 2012 e il 2014, che ritraggono il quotidiano usurpante passaggio di mastodontiche navi da crociera nel Canale della Giudecca di Venezia. Una mostra di grande impatto che intende far riflettere su questi mostri che quotidianamente minacciano Venezia, che con i loro “inchini” fanno tremare più volte al giorno i suoi preziosi monumenti, che con i loro volumi producono onde e correnti sottomarine che logorano le delicate fondamenta della città, e che con i loro motori inquinano l’aria. Le fotografie costituiscono un reportage duro, severo, rigoroso: un lavoro di testimonianza, ma soprattutto di denuncia da parte di uno dei più grandi fotografi italiani, Gianni Berengo Gardin che ha vissuto a lungo a Venezia, città di suo padre. Un lavoro che equivale a una presa di posizione netta, che il fotografo sente come un dovere civile.

(red)

 

A LONDRA ANTOLOGICA SU GIULIO PAOLINI

Londra, 14 ago - La Whitechapel Gallery di Londra presenta fino al 14 settembre la prima antologica di Giulio Paolini nel Regno Unito dal 1980, dal titolo “To Be or Not to Be”, organizzata in collaborazione con il Macro di Roma, dove è stata esposta  lo scorso  inverno.  Nell’esposizione di Londra, estesa rispetto a quella romana, il 74enne artista genovese, esponente dell’Arte Concettuale, presenta 21 opere che vanno dagli anni Sessanta a oggi. La scelta dei lavori propone per la prima volta un percorso monografico dedicato a un tema di particolare rilievo nella poetica di Giulio Paolini: l’autore e il suo ruolo (o non ruolo) rispetto alla concezione dell'opera e al suo manifestarsi. Per Paolini l’autore non è un demiurgo - non ha nulla da dichiarare né da mettere al mondo - ma un mero spettatore, che attende l’alzata del sipario, l’inizio della rappresentazione, l’artificio di una visione. Laddove compare in prima persona, l'artista veste il ruolo dello spettatore oppure è calato nella ricerca e nell’attesa del possibile divenire di un’opera. In altri casi è rappresentato attraverso la dimensione dello studio d'artista. La presenza diretta o indiretta dell'autore si inscrive sempre nel cammino imperscrutabile che conduce all’eventuale nascita dell’opera, di cui egli non si considera il creatore, bensì l'ospite. L’intimo legame con la storia dell’arte trova espressione nell’uso di calchi in gesso di sculture classiche e di riproduzioni di maestri antichi quali Chardin, Lotto e Velázquez. Basando la propria indagine sulla natura delle immagini, sulla concezione e la fruizione dell’opera, nonché sul ruolo dell’artista, Paolini sostiene che “un’opera, per essere autentica, deve dimenticare il suo autore”.

(red)

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