Consolidare la presenza nei Paesi già serviti e, al contempo, diversificare i mercati di sbocco. Per più di sei aziende su dieci del Veneto orientale (63,4%), otto su dieci tra quelle a media intensità di export, è questa la strategia chiave da adottare nel prossimo biennio, alla luce di incertezza e dazi che colpiscono fiducia ed export. Uno scenario già complesso, aggravato dal conflitto in Medio Oriente, che oltre agli effetti su costo dell’energia (in risalita) e svalutazione del dollaro, che sommata a dazi Usa al 30% porterebbe la barriera totale all’export sopra il 40%, rende incerto il boom di vendite made in Veneto in aree emergenti come il Golfo. È quanto rileva un’analisi di Confindustria Veneto Est che mostra una fotografia aggiornata del commercio estero delle imprese del Veneto orientale. Pur mantenendo un solido ancoraggio al mercato Ue a 27 (60,2% del totale) e agli Stati Uniti, primo sbocco di riferimento extra-Ue che assorbe circa il 9% dell’export (3,3 miliardi, con un surplus di 2,2), nel 2024, tra i primi mercati per crescita percentuale delle esportazioni, vi sono Emirati Arabi Uniti (+33,2%), Arabia Saudita (+20,1%), Israele (+11,4%), Brasile (+12%), Messico (+6,8%), Algeria (+9,8%), Libia (+22,8%). Se poi si allarga l’orizzonte temporale agli ultimi cinque anni, la propensione alla diversificazione appare ancora più accentuata: dal 2019 al 2024 le esportazioni del Veneto orientale sono cresciute in valore a doppia cifra, o quasi, verso nuovi mercati ad alto potenziale, come Turchia (+93,8% a 637 milioni di euro), Cina (+2,7% a 618 milioni), Emirati Arabi Uniti (+83,5% a 488 milioni), Messico (+83,7% a 394 milioni), Australia (+13,5% a 338 milioni), Arabia Saudita (+90,7% a 325 milioni), Brasile (+10,4% a 214 milioni), Tunisia (+71% a 191 milioni di euro). Nel primo trimestre 2025, l’export negli Emirati ha accelerato ancora (+63,3%). La crescita in tutta l’area mediorientale è stata del +6,0%, a fronte del -2% dell’export totale. Ha aiutato a compensare, ma solo in parte, i cali in Germania (-2,1%), Francia (-5,8%), Cina (-21,6%) e la tenuta degli Stati Uniti (+0,7%), che da soli valgono due volte le esportazioni nel Medio Oriente.
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