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E’ facile dire
“rimpatriamoli”

E’ facile dire <br> “rimpatriamoli”

di Piero Innocenti

13 gennaio 2017) In questi giorni si continua a (stra)parlare di rimpatri degli stranieri irregolari e di una loro "intensificazione" ritenendo con ciò di dare alla collettività un segnale di particolare attenzione al fenomeno migratorio che è sempre particolarmente cruciale e generatore di ansie diffuse. In effetti, i rimpatri con voli charter "dedicati" (organizzati dalla Direzione Centrale per l'Immigrazione e la Polizia delle Frontiere del Dipartimento della Pubblica Sicurezza) hanno avuto inizio da oltre quindici anni, a partire dal 2000, con i primi cinque voli che, nel corso dell'anno, riaccompagnarono, complessivamente, 433 stranieri nel loro paese di origine. L'anno dopo i voli salirono a tredici per il rimpatrio di 1.700 persone e, nel 2002, si arrivò a 26 charter per un totale di 2.297 stranieri rimpatriati. Negli anni seguenti il picco dei rimpatri con voli charter, navi o voli di linea si è avuto nel 2011 con il rimpatrio di oltre 8mila stranieri di cui 4.120 tunisini, 2.012 egiziani, 1.049 marocchini, 1.230 di varie nazionalità e 41 nigeriani. Negli ultimi due anni la situazione si è livellata con 93 voli charter effettuati nel 2015 ed il rimpatrio di 1.700 stranieri (in gran parte tunisini ed egiziani) e nel 2016 con 62 voli charter ed il rimpatrio di 1.793 stranieri (in maggioranza ancora tunisini ed egiziani ma anche 151 nigeriani e 40 sudanesi).

Ci sono stati, poi, 46 stranieri rimpatriati nel 2016 per motivi di sicurezza dello Stato o perché contigui ad organizzazioni terroristiche che vanno ad aggiungersi ai 52 del 2015, agli 11 del 2014 e ai 13 del 2013 (fonte, Ministero dell'Interno). Il ricorso a voli charter, più costosi dei voli di linea, si spiega con il particolare che le compagnie aeree non sono particolarmente collaborative e non "gradiscono" immigrati da rimpatriare sui loro velivoli. Il costo di ogni volo, si aggira, mediamente, su circa sessantamila euro, considerati gli itinerari usuali che si fanno, verso Tunisi, Egitto, Nigeria, il carburante, le tasse, la missione internazionale per il personale di polizia di scorta, medici della polizia e personale paramedico. Insomma, uno sforzo considerevole tanto più che nella stragrande maggioranza dei casi si tratta di rimpatri scortati (Depa, deported accompanied) e pochi quelli senza scorta (Depu, deported unaccompanied).

L'impiego della scorta internazionale è disposto dalla competente articolazione della Direzione Centrale dell'Immigrazione e della Polizia delle Frontiere, direttamente o su richiesta della Questura interessata. Sui voli il rapporto da garantire nella scorta è di due agenti di polizia per ciascuna persona da rimpatriare e, nell'ambito del dispositivo di scorta, va previsto sempre l'impiego di un operatore di polizia dello stesso sesso della persona da rimpatriare. Il personale di polizia a bordo del charter indossa abiti civili e segni distintivi che evidenziano l’ appartenenza alla Polizia di Stato per una immediata identificazione. Eventuali profili di pericolosità evidenziati dei rimpatriandi possono comportare un'aliquota superiore di personale di polizia. Personale che, spesso, occorre "rastrellare" da più questure (i cui organici sono carenti) ed uffici di frontiera in quanto abilitati a svolgere tale tipologia di servizio dopo la frequenza di appositi corsi di formazione. Eccezionalmente il servizio di scorta può essere integrato da poliziotti non abilitati allo specifico servizio ma, in questa caso, l'autorizzazione è riservata alla articolazione competente della Direzione Centrale dell'Immigrazione e della Polizia delle Frontiere. Tale ultima eccezione non trova applicazione nei casi di rimpatri effettuati con voli charter congiunti, a bordo dei quali vengono rimpatriati stranieri della stessa nazionalità espulsi da più paesi membri dell'UE. A tali operazioni ( nel 2016, dei 62 voli charter sopraindicati, 6 sono stati congiunti e organizzati dall'Italia), è sempre prevista la presenza obbligatoria di un responsabile della polizia che abbia frequentato lo specifico corso Frontex "Joint Return Standardized Training for escort leaders".
L'organizzazione del servizio di rimpatrio con scorta prevede la segnalazione attraverso un apposito modulo da inoltrare al Servizio Immigrazione almeno due giorni prima della data prevista per il volo o cinque giorni nella eventualità si rendano necessari accertamenti sanitari nei confronti della persona da rimpatriare. Altre minuziose disposizioni sono formulate nelle linee guida dell'articolato documento redatto dalla Direzione Centrale sopra indicata anche nei servizi di scorta su voli di linea e sulle misure coercitive che possono essere adottate dagli agenti di polizia e che, "..in ogni caso devono essere proporzionate e non eccedere l'uso ragionevole della forza preservando la dignità e, nella misura massima possibile, l'incolumità fisica degli scortati..". Insomma, servizi molto delicati e complessi ( non sbrigativi come qualcuno potrebbe immaginare) per i quali sono richieste doti non comuni di attenzione e di sensibilità non disgiunte da una particolare capacità di analisi e di intervento dei singoli operatori di polizia.

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