di Paolo Pagliaro
(24 febbraio 2017) Il 22 maggio 1978 fu approvata la legge 194, che sottraeva la tragedia dell’aborto alla clandestinità. In questi quasi 40 anni alla legge si è opposta una legittima obiezione di coscienza, che col tempo si è ampliata e ora rischia di rendere inapplicabile la 194, impedendo così l’esercizio da parte delle donne di un diritto meritevole anch’esso – come la coscienza dei medici - di essere tutelato. La decisione della direzione sanitaria dell’ospedale romano S. Camillo di bandire un concorso per l’assunzione di due ginecologi non obiettori, che tante polemiche sta suscitando, si spiega con i numeri che il ministero della Salute ha recentemente reso noti.
Eccone alcuni. Nel Molise è obiettore di coscienza il 93,3% dei ginecologi, in provincia di Bolzano il 92,9%, il 90,2% in Basilicata, l’87,6% in Sicilia, l’86% in Puglia, l’82% in Campania, quasi l’81 nel Lazio e in Abruzzo. In tutte le altre regioni, esclusa la valle d’Aosta, i ginecologi obiettori sono la maggioranza, Lombardia compresa dove sono il 63%. Il rifiuto di praticare aborti per ragioni di coscienza prevale, in molte regioni, anche tra gli anestesisti con un massimo dei 79% in Sicilia, 77% in Calabria, 76% in Molise e quasi 72% nel Lazio. Sintetizzando, si può dire che in Italia l’obiezione di coscienza riguarda il 70% dei medici, oltre che il 50% delle ostetriche.
Il risultato è che in quattro strutture sanitarie su dieci la legge 194 non viene applicata. E che sono tornati gli aborti clandestini, a cui ricorrono migliaia di donne meno esperte, le più fragili, le più giovani, le straniere.