“Allarmismo” è la parola che Vincenzo Divella, amministratore delegato del pastificio omonimo fondato nel 1905, usa più spesso, accompagnandola con l'aggettivo "ingiustificato”, in una intervista a Repubblica, in merito al glifosato: “È lo stesso allarmismo che è stato fatto sull'olio di palma nei prodotti da forno. Ora si usa l'olio di girasole, che ha però qualità e caratteristiche diverse, non sempre migliori per i consumatori”. E precisa: “Il ministero della Salute ha stabilito che i livelli di glifosato riscontrati nei grani di importazione sono ben al di sotto di quelli stabiliti dalle nostre leggi, che sono severissime. E i controlli della sanità marittima sono rigidi, non sbarca nulla se non analizzato. Si fa soltanto allarmismo, anche dall'estero, dove esportiamo tanto, ci chiedono conto di una cosa di cui prima non si preoccupavano”. L’uso del glifosato come fertilizzante, poi, “è vero soltanto per il grano canadese. Per quanto ci riguarda, da un anno non ne usiamo più e importiamo da Arizona e Australia”. E l’import, spiega, è necessario perché “il grano italiano non basta, anche noi che abbiamo una produzione di filiera controllata per il 70 per cento dobbiamo poi miscelare con un 10 per cento da Paesi extraeuropei e un 20 per cento dalla Francia”, “quella del grano tutto italiano è un'illusione creata ad arte di recente, già nel 1948 importavamo la materia prima dalla Russia e andate a vedere la storia della Agnesi, che faceva arrivare bastimenti carichi di grano dall'Est al porto di Genova”. E ad importare non si risparmia: “Siamo nell'ordine di pochi centesimi, un pacco di pasta da un chilo con solo grano italiano costerebbe al massimo 20 centesimi in più. Come si può vedere, se vogliamo parlare di speculazioni c'è chi fa prezzi molto più alti fregiandosi della filiera”. (29 nov - red)
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